b
Blog

Lo Spirito e la responsabilità liberante

Pentecoste

At 2,1-11; Sal 103 (104); 1Cor 12,3b-7.12-13; Gv 20,19-23

Nel Vangelo di Giovanni il dono dello Spirito è strettamente legato al perdono dei peccati: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». È chiaro che tale invito è rivolto a tutti coloro che erano riuniti «nello stesso luogo» e, secondo il racconto degli Atti (At 1,14), tra questi «tutti» vi erano anche Maria e alcune donne. Un dono quindi, quello dello Spirito, e un invito, quello del perdono, rivolti a tutta la comunità, uomini e donne insieme. Ma che cosa ha a che fare lo Spirito con la possibilità di perdonare o meno?

L’atto di perdonare è forse uno dei più grandi gesti che esprimono la libertà umana, proprio quando tale libertà sembra ferita, umiliata, negata dalla violenza e dal male ricevuto. Solo, infatti, chi è vittima del male fatto è in grado di poter perdonare il «mal-fattore», è in grado, denunciando il male in quanto tale, di liberare colui che lo ha commesso da quel legame di morte che lo lega a quello stesso male.

Il perdono non è una spugna che cancella l’azione di male commessa o i suoi effetti, ma è, nella denuncia e manifestazione di quel male ricevuto, dono di liberazione che solo la vittima può fare verso il suo «mal-fattore». È il donare all’altro la possibilità di comprendere che quanto ha commesso è male e di rimettere in gioco, a sua volta, la propria libertà: la libertà di accogliere o rifiutare tale «dono» e di agire conseguentemente, ovvero di riparare, là dove è possibile, al male commesso.

Nel perdono colui/colei che è vittima ha la possibilità di slegarsi da quel vincolo di male che lo/la lega al «mal-fattore», e allo stesso tempo di offrire a quest’ultimo la possibilità, a sua volta, di sciogliere quel legame di male, riconoscendolo e agendo, per quanto sia possibile, in riparazione a esso. 

Se torniamo alle parole del Vangelo appare così più chiaramente come l’affermazione – «a coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» – sia una questione di libertà che solo chi è in potere di esercitare, ovvero la vittima, può attuare.

Il perdono dunque è un percorso di consapevolezza prima di tutto dei legami di male che l’essere stata vittima di quel male ha prodotto; il passaggio successivo, conseguente al primo, è l’oggettivazione del male e la possibilità, così, di disgiungere quel male da chi l’ha commesso. A questo punto è possibile l’offerta del «perdono», che, se da una parte manifesta e dichiara il male ricevuto, dall’altra libera da quel legame di male anche colui che lo ha commesso, nella misura in cui costui, a sua volta, sia disposto, nell’esercizio della sua libertà, prima di tutto a riconoscere tale male e conseguentemente ad accogliere il perdono offerto.

Ma c’è un elemento fondamentale che precede tutto questo e che, in qualche modo, proprio l’annuncio evangelico esplicita: ciò che apre il cuore al perdono è l’esperienza del perdono stesso, la consapevolezza dell’essere stati, per primi, perdonati.

Gesù si manifesta «in mezzo» ai suoi discepoli e discepole con il dono dello Shalom («pace a voi»), il dono della pienezza, della vita, della pace, della gioia. Tale dono può manifestarsi in tutta la sua pienezza attraverso l’accoglienza dello Spirito: «Ricevete lo Spirito Santo».

Ed è lo Spirito che apre il cuore dei discepoli alla consapevolezza del perdono, un perdono prima di tutto ricevuto e che può essere, pertanto, ridonato.

Lo Spirito poi conduce alla grande responsabilità verso gli altri: «A coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». In questo senso lo Spirito manifesta la grande libertà che è in colui/colei che lo riceve, una libertà che appella alla responsabilità verso gli altri, all’esercizio di quel «potere» di sciogliere i legami di male, di offrire la possibilità di liberazione da quelle catene che opprimono «vittime» e «malfattori», di diffondere quella forza di bene che è lo Shalom di Dio: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9).

Lascia un commento

{{resultMessage}}