b
Blog

Prendere posizione

Ascensione

At 1,1-11; Sal 47 (46); Ef 4,1-13; Mc 16,15-20

«Si ritiene generalmente che Mc 16,1-8 sia l’effettiva conclusione del Vangelo nella sua forma originaria, come ci attestano non solo gli autorevoli unciali Vaticano e Sinaitico, ma anche testimonianze indirette di alcuni padri, di molte versioni, nonché altri indizi significativi di quella che K. Aland ha chiamato efficacemente la “tenacia della tradizione”» (Vignolo): fin qui la critica testuale.

          Se si accetta questa conclusione reticente (sempre secondo Vignolo, ma che si potrebbe anche dire brusca e certamente imprevista), siamo di fronte a un finale aperto. Le donne, impaurite, non fanno nulla di quel che Gesù ha chiesto e un tal finale tronco ha fatto sì che la tradizione si sia preoccupata di integrarlo con un eventuale altro finale. Noi leggiamo oggi una di queste integrazioni che è considerata canonica, benché non originale, e si presenta antologica nei temi e nel linguaggio.

          Abbiamo così una serie di brevi apparizioni (vv. 9-13), i cui testimoni non vengono creduti dagli Undici.

          Nell’ultima Gesù li rimprovera aspramente per la loro incredulità (v. 14), e tuttavia affida loro la proclamazione del Vangelo a tutta la creazione (pase te ktisei). Segue un breve racconto dell’assunzione, incastonato tra il mandato agli apostoli, il criterio distintivo di chi sarà salvato (v. 16) e i segni (semeia, vv. 17-18) che accompagnano coloro che credono, con la successiva partenza degli apostoli.

          Colui che si era rivelato nel tempo con gesti e parole, mediante l’incarnazione si è manifestato anche in uno spazio definito: il corpo del Figlio. Ora con il mistero dell’ascensione il Figlio viene elevato in cielo e intronizzato. Dunque accanto a Dio c’è un corpo con i segni eternati della passione. Esso però continua a manifestarsi nel tempo e nello spazio umani grazie a un corpo plurale, gli apostoli appunto, cui seguiranno coloro che credono – che, in verità, non hanno mai dato, finché Gesù era tra loro, gran prova di sé –. A dire che, alla fine, Dio si affida a persone che non danno troppe garanzie.

          Eppure devono andare (poreuthentes, v. 15, cf. Mt 28,19) e proclamare/annunciare (keruxate, v. 15).

          I cinque segni elencati ai vv. 17-18 seguono da vicino (parakolouthein) quelli che credono, sono l’esito della loro fede (Moulton-Milligan). Il verbo, che ha valore di «accompagnare» in Mt 21,9 e Gv 6,2, indica il «seguire» (come un discepolo) in Mc 1,18 e 2,14. Come già i segni operati da Gesù, questi non hanno lo scopo di suscitare la fede precedendola, ma semmai di avvalorarla venendo dopo di lei.

          Da Gesù sono estesi a tutti i credenti e, come si può ben vedere, sono cinque. Di questi il secondo ha un corrispondente in At 2,6ss; il terzo ha un’affinità con quanto accade a Paolo in At 28,3-6 (cf. anche Lc10,19) e il fatto di non esser danneggiati dai veleni ingeriti pare una sua estensione, ma non ha paralleli scritturistici; l’ultimo, come il primo, ha svariati paralleli nel Nuovo Testamento già nell’opera di Gesù. Tutto questo rende un po’ l’idea del carattere composito del testo, in cui s’intrecciano elementi marciani e non, specialmente lucani. Il che mette ancora più in discussione l’originalità del testo.

          Il corpo plurale di cui si è detto fa dunque costante memoria del corpo di Cristo, ora intronizzato, in tutte le sue manifestazioni – parole e opere – ed è chiamato a condividerle.

          Il finale originario (16,8), in quanto finale aperto, pone il lettore di fronte al dilemma fondamentale se credere o non credere, testimoniare o meno, condividere la sorte di Gesù o no – dilemma che, in buona sostanza, è sempre attuale –.

          Questo finale interpella in maniera seria e severa, e in forma diretta, perché nessuno che venga a contatto con l’annuncio si dovrebbe sottrarre a una presa di posizione e alle sue conseguenze, che non vengono esplicitate, ma sono comunque note.

          Il racconto dell’ascensione invece, che secondo Marco pare ambientato a Gerusalemme, si risolve nel solo v. 19 e non si danno dettagli. Esso si spalanca sulla partenza degli apostoli, quasi fosse coraggiosamente immediata, in chiaro contrasto col racconto degli altri evangelisti e di Atti.

Lascia un commento

{{resultMessage}}