b
Blog

Roma. Il mondo in UNA stanza

A Roma oltre al Conclave che ha eletto Leone XIV si sono riunite le Superiori Generali di tutto il mondo. Considerare insieme le due assemblee offre l’immagine di una Chiesa poliedrica, in ricerca di modelli non hard, in un tempo complesso. Come ha detto suor Simona Brambilla: «la notte non è solo oscurità. È anche lo spazio della creatività, dell’intuizione, della nascita».

 

Nei giorni scorsi, a Roma, tutto il mondo era riunito in una stanza: si sono tenute assemblee, discussioni, incontri informali tra persone giunte da tutti i continenti che hanno imparato a conoscersi, ascoltarsi, prendere decisioni e assumersi enormi responsabilità per il futuro. Il colpo d’occhio dei tavoli di discussione era davvero impressionante: più di 900 donne, responsabili di comunità religiose femminili provenienti da 75 paesi, riunite per la Plenaria dell’UISG attorno al tema: “La vita consacrata: una speranza che trasforma”.

In quegli stessi giorni, a Roma, un numero molto più ristretto di uomini si è riunito in un’altra stanza, affrescata da Michelangelo, per assumere una decisione di enorme responsabilità; anche in quella stanza, il mondo intero e tutti i continenti sono stati rappresentati.

L’attenzione mediatica sulle due stanze è stata evidentemente sbilanciata a favore della seconda, e l’opinione pubblica è portata a pensare che quella sia l’unica stanza che conta.

La realtà della chiesa è invece molto più complessa: un poliedro dove il tutto sta nella parte, dove l’universale è pienamente presente nel particolare in comunione con Cristo, l’unico Pastore. Una stanza non potrebbe fare a meno dell’altra: anche chi “per noi” assume il ruolo di Pontefice, costruttore di ponti a servizio dell’unità, “con noi” è cristiano, discepolo che ascolta la voce dell’unico Pastore e lo segue.

Tra hard power e soft power: cercare forme

Negli stessi primi giorni di maggio, è venuto a mancare il teorico del soft power Joseph Nye spesso evocato in questi ultimi tempi bui, in cui sembra che tutto il mondo stia regredendo verso un modello di hard power, da esercitarsi con gli strumenti della guerra di conquista, delle sanzioni economiche e della repressione di ogni contestazione politica. In questo tempo che sembra conoscere solo il linguaggio della forza, dalle due stanze romane arriva un messaggio diverso: “La pace sia con tutti voi! Fratelli e sorelle carissimi, questo è il primo saluto di Cristo Risorto, il buon Pastore, che ha dato la sua vita per il gregge di Dio”: così si presenta Papa Leone XIV, che inizia il suo ministero nella domenica del bel Pastore, quarta del tempo pasquale, e ha scelto il motto agostiniano “In illo uno unum”: Cristo è la nostra pace, Cristo è l’unico Pastore, e tutti e tutte noi lo seguiamo. “Non lui un individuo singolo e noi una moltitudine, ma noi, moltitudine, divenuti uno in lui che è uno”, dice S. Agostino.

Il modello di potere che scaturisce da questa comprensione della comunione non è né monarchico, né democratico; il metodo di governo non può essere né “hard”, né “soft”. La via della sinodalità, indicata da papa Francesco e praticata dalla chiesa tutta, è irreversibile perché corrisponde alla relazione tra Cristo Risorto e il suo popolo. L’elezione di papa Prevost ha messo in difficoltà chi stava seguendo una partita tra conservatori e progressisti; Leone si presenta con una biografia complessa: è al tempo stesso nordamericano e sudamericano, canonista e pastore, missionario e uomo di curia. Come ogni essere umano, contiene moltitudini, ma quel che conta non è la sua persona, ma che la chiesa continui a camminare sinodalmente dietro al Risorto: una comunità di discepole e discepoli, dove si fa strada una forma di potere e di corresponsabilità che non può essere imbrigliata nelle categorie geopolitiche e ideologiche imperanti.

Le parole di suor Simona Brambilla

Nemmeno la realtà bella e carismatica della vita religiosa è esente da possibili derive autoritarie o da divisioni settarie. Le Superiore generali hanno lavorato su un modello di potere cooperativo, o più precisamente sul potere trasformativo della collaborazione, come declinazione istituzionale e organizzativa dell’unità nella diversità. “Il nostro tempo è come una notte. Ma è nella notte che la luna brilla”. Così si è espressa suor Simona Brambilla, Prefetta del Dicastero per la vita consacrata, nella sua relazione alla Plenaria dell’UISG: “La luna non sovrasta, non acceca, sta in compagnia delle stelle, abita il cielo della comunione, e proprio per questo diventa immagine della Chiesa di oggi: riflette una luce che non è sua. […] la notte non è solo oscurità. È anche lo spazio della creatività, dell’intuizione, della nascita. Come nella notte di Pasqua, è tempo di travaglio per una vita nuova, piccola, fragile, ma piena di speranza. In un mondo che teme la notte, la vita consacrata ricorda che è proprio lì che Dio parla, che la speranza germoglia, che la profezia prende forma.

Il potere trasformativo e generativo non teme di sparire, non mette al primo posto chi ne è investito. Papa Leone lo ha ricordato innanzitutto a se stesso e a “chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità: sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato (cfr Gv 3,30), spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo.

Le due stanze romane, in un mondo intristito dalle guerre e dalla brutalità del potere, hanno diffuso immagini di speranza, di superamento delle contrapposizioni, di trasformazione creativa. Sono stanze imperfette, hanno ancora tanto da imparare dal Pastore: forse lo Spirito un giorno si divertirà a mescolarle, e non avremo più una stanza tutta femminile e un’altra tutta maschile. Ma già da ora, le due stanze sono “una”.

Lascia un commento

{{resultMessage}}