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Seduta ai piedi di Gesù

XVI domenica del tempo ordinario

Gen 18,1-10; Sal 15 (14); Col 1,24-28; Lc 10,38-42

Marta e Maria: due nomi celebri, due figure femminili diventate nella tradizione cristiana simboli della vita attiva e di quella contemplativa, ripresa dell’antica coppia formata dalle due spose di Giacobbe: Lia e Rachele.

Tuttavia, come suggerito anche dalla prima lettura di oggi, il tema di partenza di questo episodio è legato piuttosto all’ospitalità. A differenza di quella della Genesi (18,1-10), qui però siamo di fronte a una scena di ospitalità tutta femminile. Gesù è in cammino e una donna di nome Marta lo ospita (cf. Lc 10,38). Non esiste alcun padrone di casa. In tutto l’episodio i discepoli sono assenti. Il confronto è solo tra Gesù e due donne.

Nella pericope immediatamente precedente, il samaritano aveva aiutato l’uomo ferito e l’aveva affidato all’albergatore (cf. Lc 10,29-37): un soccorso reale, ma anche una forma di ospitalità indiretta priva di dialogo. Le cose stanno diversamente nella casa delle due sorelle.

Marta offre la diaconia dell’ospitalità (la casa è qualificata solo sua e non già della sorella); e Maria? Non basta qualificarla come simbolo della via contemplativa, non è sufficiente neppure affermare (fatto peraltro del tutto vero) che ella sta esercitando l’ospitalità dell’ascolto, la più preziosa nei confronti di colui che ha un messaggio da comunicare. Occorre essere più radicali. Maria «seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola» (Lc 10,39). Non si tratta semplicemente di contrapporre lo sfaccendare di Marta alla postura statica della sorella. Stare presso i piedi di un maestro, come ricorda Paolo nel libro degli Atti (At 22,3 «para tous podas»; la CEI traduce liberamente «formato alla scuola»), è la classica espressione giudaica per indicare la condizione del discepolo.

I Dodici sono discepoli a motivo della loro itineranza, Maria invece lo diviene nel chiuso di una casa in ragione del suo ascolto. Con quel gesto la sorella di Marta costituisce se stessa discepola, ed è esattamente questa «la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc 10,42). Ella va al di là della diaconia (simboleggiata da Marta) ed entra nella sfera del discepolato, da cui era dapprima esclusa. I Vangeli non riportano mai in modo esplicito scene di chiamate di donne da parte di Gesù. Sappiamo però che c’erano discepole che seguivano il Maestro; Luca ricorda qualche nome: Maria Maddalena, Giovanna moglie di Cuza, Susanna «e molte altre che lo servivano con i loro beni» (Lc 8,1-3). Per nessuna di esse è raccontata la scena iniziale del loro aggregarsi al gruppo dei discepoli. L’unica «iniziazione» al discepolato femminile narrata dai Vangeli è quella di Maria che ascoltava ai piedi di Gesù.

Così in Luca. Un dramma della Chiesa cattolica attuale è che l’atto delle donne di emanciparsi dalla diaconia per entrare nella dimensione piena del discepolato è obbligata, troppo spesso, ad assumere l’aspetto della rivendicazione. La situazione sembra paragonabile a un’ipotetica risposta in cui Gesù avesse detto a Maria: «Tua sorella ha ragione, va’ a darle una mano a servire, perché, come sai, la casa che ci ospita, simbolo della Chiesa, è in se stessa tutta femminile. Non c’è bisogno che tu diventi discepola/apostola, per questo ci sono già i dodici maschi da me scelti». Gesù non rispose così. Egli non chiamò Maria, fu quest’ultima a decidere di stare ai suoi piedi e perciò a scegliere «la parte migliore». Fu lei a farsi discepola per fornire al Maestro, che non l’aveva chiamata, il più alto dei servizi. Come avvenne in altre occasioni (si pensi soprattutto alla donna siro-fenicia, Mc 7,24-30), pure qui una donna sembra insegnare qualcosa a Gesù. Maria dimostra che anche una donna può essere pienamente discepola, per quanto sia vero che il modello da lei assunto non è quello itinerante riservato ai discepoli chiamati ad annunciare il Regno.

La Chiesa non è Gesù, pure lei però dovrebbe rallegrarsi che le donne siano simboleggiate da Maria e non solo da Marta. Per fare ciò bisogna che ci sia il lieto coraggio di uscire dagli schemi consolidati – quello dell’ospitalità diaconale – per rendere accessibili alle donne ruoli a loro finora preclusi.

Commenti

  • 21/07/2019 Maurizio Di Paolo

    Grazie per il commento illuminato e illuminante! Fr. Maurizio Di Paolo ofmconv. Roma

  • 21/07/2019 Nello Nocera

    È questa l'ora per affermare l'unicità del genere umano e l'eguaglianza della dignità di figli e figlie di Dio. Altrimenti la Chiesa cattolica mente a se stessa e non è credibile. Si deve scegliere se rimanere legati alla lettera della tradizione oppure abbracciare lo Spirito della tradizione. La Madre di Dio sia da guida ed esempio.

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