«Voi, che siete rimasti fedeli al carisma del vostro fondatore, non avete mai disprezzato la politica. Anzi. Non vi siete rinchiusi nelle sacrestie nelle quali avrebbero voluto confinarvi, ma vi siete sempre “sporcati le mani”. Declinando nella realtà quella “scelta religiosa” alla quale mezzo secolo fa altri volevano ridurre il mondo cattolico italiano, e che san Giovanni Paolo II ha ribaltato, quando ha descritto la coerenza, nella distinzione degli ambiti, tra fede, cultura e impegno politico». Il 23 agosto la presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni è intervenuta al Meeting organizzato annualmente a Rimini da Comunione e liberazione. Il tema di quest’anno era «Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi».
Nel suo ampio discorso Giorgia Meloni ha rivendicato i successi dei primi tre anni del suo Governo, sia in politica estera che nella politica interna, quindi si è rivolta all’uditorio acclamante affermando: «Non sono qui a cercare consenso, sono qui a chiedervi una mano, perché senza luoghi di società viva la politica non ce la può fare». Al tentativo di avvicinamento politico al movimento cattolico ha reagito il 30 agosto Rosy Bindi con una lettera al quotidiano Avvenire, in cui ha chiesto alla presidente «di non coltivare il seme della divisione» all’interno del movimento cattolico italiano, rispettando il pluralismo che lo caratterizza (in questo numero a p. 555).
«Il primo pensiero che vorrei condividere, nel chiedere la vostra fiducia, riguarda la nostra responsabilità nazionale. Il principale dovere cui siamo chiamati, tutti, io per primo come presidente del Consiglio, è di combattere con ogni mezzo la pandemia e di salvaguardare le vite dei nostri concittadini. Una trincea dove combattiamo tutti insieme. Il virus è nemico di tutti. Ed è nel commosso ricordo di chi non c’è più che cresce il nostro impegno». Con queste parole il 17 febbraio il presidente del Consiglio Mario Draghi ha aperto il proprio discorso programmatico di Governo, rivolgendosi al Senato della Repubblica per chiedere la fiducia dell’aula (che ha ottenuto, con 262 voti a favore).
Il nuovo presidente del Consiglio, già presidente della Banca centrale europea dal 2011 al 2019, ha fissato come principi fondamentali del suo governo l’europeismo e l’atlantismo. Mentre l’orizzonte temporale del progetto di ricostruzione nazionale dopo la pandemia, qui impostato, si estende ad almeno sei anni, la durata cioè del Programma nazionale di ripresa e resilienza: «Oggi noi abbiamo, come accadde ai governi dell’immediato dopoguerra, la possibilità, o meglio la responsabilità, di avviare una nuova ricostruzione».
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