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Documenti, 9/2003, 01/05/2003, pag. 314

Non c'è patria senza virtù

J. Ortega y Alamino
«Molti nostri fratelli si rivolgono alla Chiesa chiedendo una parola sul futuro, poiché nel popolo cubano esiste un timore diffuso e generalizzato riguardo all’avvenire: che accadrà nella nostra nazione?». Convinto del ruolo centrale per la storia di Cuba della matrice cristiana, «nella quale fiorì la nostra nazione e si sviluppò la nostra cultura», l’arcivescovo de L’Avana, card. Jaime Ortega Y Alamino, ha rivolto «ai sacerdoti e diaconi, ai religiosi e religiose, ai fedeli dell’arcidiocesi de L’Avana e a tutti i cubani di buona volontà» una lettera pastorale in occasione del 150° anniversario della morte di p. Félix Varela, sacerdote indipendentista del XIX secolo e uomo di cultura. Il riferimento a Varela, particolarmente al suo appello – che dà il titolo No hay patria sin virtud alla lettera – a rapportare la costruzione della nazione alla virtù e alla religione, guida il card. Ortega y Alamino nell’articolazione di un giudizio severo sull’attuale situazione del paese, in particolare in riferimento alla libertà della Chiesa e più in generale alla situazione delle famiglie, della scuola e dell’educazione. Molto ferma la denuncia della povertà: essa spinge all’emigrazione, la quale a sua volta indebolisce le famiglie stesse (cf. Regno-att. 8,2003,270).

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