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Documenti, 15/2018, 01/09/2018, pag. 467

Dagli scandali al rinnovamento

Viaggio apostolico in Irlanda per l’Incontro mondiale delle famiglie a Dublino

Francesco

«Non posso che riconoscere il grave scandalo causato in Irlanda dagli abusi su minori da parte di membri della Chiesa incaricati di proteggerli ed educarli… recentemente, in una Lettera al popolo di Dio, ho ribadito l’impegno, anzi, un maggiore impegno, per eliminare questo flagello nella Chiesa; a qualsiasi costo, morale e di sofferenza». Il viaggio apostolico di papa Francesco in Irlanda il 25 e 26 agosto aveva come occasione il IX Incontro mondiale delle famiglie, che si è tenuto a Dublino dal 21 al 26 agosto, ma a porre nuovamente al centro dell’attenzione la crisi delle violenze sessuali di membri del clero su minori e della copertura da parte di vescovi hanno concorso sia la meta – un paese dove pochi anni fa la Chiesa cattolica è stata travolta dallo scandalo –, sia il momento – a pochi giorni dalle rivelazioni del Rapporto del Gran giurì della Pennsylvania (cf. a p. 461) e dalla Lettera a tutto il popolo di Dio resa nota dal papa il 20 agosto (cf. qui a p. 457). Tra le difficoltà del viaggio e delle circostanze che la Chiesa cattolica sta vivendo, Francesco ha concluso la visita con un atto penitenziale e un messaggio di speranza: «Gli sconvolgimenti degli ultimi anni hanno messo alla prova la fede tradizionalmente forte del popolo irlandese. Tuttavia hanno anche offerto l’opportunità di un rinnovamento interiore della Chiesa in questo paese e indicato nuovi modi per immaginare la sua vita e la sua missione».

 

La lezione
dagli scandali
Con le autorità e il corpo diplomatico

Taoiseach (primo ministro), membri del governo e del corpo diplomatico, signori e signore,

     all’inizio della mia visita in Irlanda, sono grato per l’invito a rivolgermi a questa distinta assemblea, che rappresenta la vita civile, culturale e religiosa del paese, insieme al corpo diplomatico e ai convitati. Ringrazio per l’accoglienza amichevole che ho ricevuto dal presidente d’Irlanda e che riflette la tradizione di cordiale ospitalità per la quale gli irlandesi sono noti in tutto il mondo. Apprezzo altresì la presenza di una delegazione dell’Irlanda del Nord. Ringrazio il signor primo ministro per le sue parole.

     Come sapete, la ragione della mia visita è prendere parte all’Incontro mondiale delle famiglie, che si tiene quest’anno a Dublino. La Chiesa è, effettivamente, una famiglia di famiglie, e sente la necessità di sostenere le famiglie nei loro sforzi per rispondere fedelmente e gioiosamente alla vocazione data loro da Dio nella società. Per le famiglie, questo incontro è un’opportunità non soltanto per riaffermare il loro impegno all’amorevole fedeltà, al mutuo aiuto e al sacro rispetto per il dono divino della vita in tutte le sue forme, ma anche per testimoniare il ruolo unico svolto dalla famiglia nell’educazione dei suoi membri e nello sviluppo di un sano e fiorente tessuto sociale.

     Mi piace vedere l’Incontro mondiale delle famiglie come una testimonianza profetica del ricco patrimonio di valori etici e spirituali, che è compito di ogni generazione custodire e proteggere. Non occorre essere profeti per accorgersi delle difficoltà che le famiglie affrontano nella società odierna in rapida evoluzione o per preoccuparsi degli effetti che il dissesto del matrimonio e della vita familiare inevitabilmente comporteranno, a ogni livello, per il futuro delle nostre comunità. La famiglia è il collante della società; il suo bene non può essere dato per scontato, ma va promosso e tutelato con ogni mezzo appropriato.

     È nella famiglia che ciascuno di noi ha mosso i primi passi nella vita. Lì abbiamo imparato a convivere in armonia, a controllare i nostri istinti egoistici, a riconciliare le diversità e soprattutto a discernere e ricercare quei valori che danno autentico significato e pienezza alla vita. Se parliamo del mondo intero come di un’unica famiglia, è perché giustamente riconosciamo i legami della nostra comune umanità e intuiamo la chiamata all’unità e alla solidarietà, specialmente nei riguardi dei fratelli e delle sorelle più deboli. Troppo spesso, tuttavia, ci sentiamo impotenti di fronte ai mali persistenti dell’odio razziale ed etnico, a conflitti e violenze inestricabili, al disprezzo per la dignità umana e i diritti umani fondamentali e al crescente divario tra ricchi e poveri. Quanto bisogno abbiamo di recuperare, in ogni ambito della vita politica e sociale, il senso di essere una vera famiglia di popoli! E di non perdere mai la speranza e il coraggio di perseverare nell’imperativo morale di essere operatori di pace, riconciliatori e custodi l’uno dell’altro.

Pace nella famiglia irlandese

     Qui in Irlanda tale sfida ha una risonanza particolare, considerato il lungo conflitto che ha separato fratelli e sorelle di un’unica famiglia. Vent’anni fa, la comunità internazionale seguì attentamente gli eventi in Irlanda del Nord, che portarono alla firma dell’Accordo del Venerdì santo. Il Governo irlandese, in unione con i capi politici, religiosi e civili dell’Irlanda del Nord e del Governo britannico e col sostegno di altri leader mondiali, diede vita a un contesto dinamico volto alla pacifica composizione di un conflitto che aveva causato enormi sofferenze da ambo le parti. Possiamo rendere grazie per i due decenni di pace che sono seguiti a questo storico Accordo, mentre esprimiamo la ferma speranza che il processo di pace superi ogni rimanente ostacolo e favorisca la nascita di un futuro di concordia, riconciliazione e mutua fiducia.

     Il Vangelo ci ricorda che la vera pace è in definitiva dono di Dio; sgorga da cuori risanati e riconciliati e si estende fino ad abbracciare il mondo intero. Ma richiede anche, da parte nostra, una costante conversione, fonte di quelle risorse spirituali necessarie a costruire una società veramente solidale, giusta e al servizio del bene comune. Senza questo fondamento spirituale, l’ideale di una famiglia globale di nazioni rischia di diventa-re nient’altro che un vuoto luogo comune. Possiamo dire che l’obiettivo di generare prosperità economica, o finanziaria, porta da sé a un ordine sociale più giusto ed equo? Non potrebbe invece essere che la crescita di una «cultura dello scarto» materialistica ci ha di fatto resi sempre più indifferenti ai poveri e ai membri più indifesi della famiglia umana, compresi i non nati, privati dello stesso diritto alla vita? Forse la sfida che più provoca le nostre coscienze in questi tempi è la massiccia crisi migratoria, che non è destinata a scomparire e la cui soluzione esige saggezza, ampiezza di vedute e una preoccupazione umanitaria che vada ben al di là di decisioni politiche a breve termine.

     Sono ben consapevole della condizione dei nostri fratelli e sorelle più vulnerabili – penso specialmente alle donne, e ai bambini, che nel passato hanno patito situazioni di particolare difficol-tà; e agli orfani di allora –. Considerando la realtà dei più vulnerabili, non posso che riconoscere il grave scandalo causato in Irlanda dagli abusi su minori da parte di membri della Chiesa incaricati di proteggerli ed educarli. Risuonano ancora nel mio cuore le parole dettemi all’aeroporto dalla signora ministro per l’infanzia. Grazie. Ringrazio per quelle parole. Il fallimento delle autorità ecclesiastiche – vescovi, superiori religiosi, sacerdoti e altri – nell’affrontare adeguatamente questi crimini ripugnanti ha giustamente suscitato indignazione e rimane causa di sofferenza e di vergogna per la comunità cattolica. Io stesso condivido questi sentimenti. Il mio predecessore, papa Benedetto, non risparmiò parole per riconoscere la gravità della situazione e domandare che fossero prese misure «veramente evangeliche, giuste ed efficaci» in risposta a questo tradimento di fiducia (cf. Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda, n. 10). Il suo intervento franco e deciso continua a servire da incentivo agli sforzi delle autorità ecclesiali per rimediare agli errori passati e adottare norme stringenti volte ad assicurare che non accadano di nuovo. Più recentemente, in una Lettera al popolo di Dio, ho ribadito l’impegno, anzi, un maggiore impegno, per eliminare questo flagello nella Chiesa; a qualsiasi costo, morale e di sofferenza.

     Ogni bambino è infatti un dono prezioso di Dio da custodire, incoraggiare perché sviluppi i suoi doni e condurre alla maturità spirituale e alla pienezza umana. La Chiesa in Irlanda ha svolto, nel passato e nel presente, un ruolo di promozione del bene dei bambini che non può essere oscurato. È mio auspicio che la gravità degli scandali degli abusi, che hanno fatto emergere le mancanze di tanti, serva a sottolineare l’importanza della protezione di minori e adulti vulnerabili da parte dell’intera società. In questo senso, siamo tutti consapevoli dell’urgente necessità di offrire ai giovani un saggio accompagnamento e valori sani per il loro cammino di crescita.

Un passato cristiano

     Cari amici,

     quasi novant’anni fa la Santa Sede fu tra le prime istituzioni internazionali a riconoscere il libero stato d’Irlanda. Quell’iniziativa segnò l’inizio di molti anni di armonia e collaborazione dinamica, con una sola nube passeggera all’orizzonte. Recentemente, sforzi intensi e buona volontà da entrambe le parti hanno contribuito in modo significativo a un promettente ripristino di quelle amichevoli relazioni a vantaggio reciproco di tutti.

     I fili di quella storia riportano a più di 1500 anni fa, quando il messaggio cristiano, predicato da Palladio e Patrizio, trovò dimora in Irlanda e divenne parte integrante della vita e della cultura irlandese. Molti «santi e studiosi» si sentirono ispirati a lasciare questi lidi e portare la nuova fede in altre terre. Ancora oggi i nomi di Columba, Colombano, Brigida, Gallo, Killian, Brendan e molti altri sono onorati in Europa e non solo. In quest’isola il monachesimo, fonte di civiltà e di creatività artistica, scrisse una splendida pagina nella storia d’Irlanda e del mondo.

     Oggi come in passato, uomini e donne che abitano questo paese si sforzano di arricchire la vita della nazione con la sapienza nata dalla fede. Anche nelle ore più buie dell’Irlanda, essi hanno trovato nella fede la sorgente di quel coraggio e di quell’impegno che sono indispensabili per forgiare un avvenire di libertà e dignità, giustizia e solidarietà. Il messaggio cristiano è stato parte integrante di tale esperienza e ha dato forma al linguaggio, al pensiero e alla cultura della gente di quest’isola.

     Prego affinché l’Irlanda, mentre ascolta la polifonia della contemporanea discussione politico-sociale, non dimentichi le vibranti melodie del messaggio cristiano, che l’hanno sostenuta nel passato e possono continuare a farlo nel futuro.

     Con questi pensieri, cordialmente invoco su di voi e su tutto l’amato popolo irlandese divine benedizioni di saggezza, gioia e pace. Grazie.

 

      Castello di Dublino, 25 agosto 2018.

 

Prossimità
Incontro con i vescovi

Cari fratelli vescovi,

     mentre la mia visita in Irlanda sta per concludersi, sono grato per questa opportunità di trascorrere alcuni momenti con voi. Ringrazio l’arcivescovo Eamon Martin per le sue cortesi parole di introduzione e vi saluto tutti con affetto nel Signore.

     Il nostro incontro questa sera riprende la fraterna discussione avuta a Roma lo scorso anno durante la vostra visita ad limina apostolorum. In questi brevi spunti, vorrei riassumere la nostra precedente conversazione, nello spirito dell’Incontro mondiale delle famiglie che abbiamo appena celebrato. Tutti noi, come vescovi, siamo consapevoli della nostra responsabilità di essere padri per il santo popolo fedele di Dio. Come buoni padri, intendiamo incoraggiare e ispirare, riconciliare e unire, e soprattutto preservare tutto il bene tramandato di generazione in generazione in questa grande famiglia che è la Chiesa in Irlanda. È vero, la Chiesa in Irlanda rimane forte, è vero.

     Perciò questa sera la mia parola per voi è quella dell’incoraggiamento – in continuità con l’omelia – per i vostri sforzi, in questi momenti di sfida, per perseverare nel vostro ministero di araldi del Vangelo e di pastori del gregge di Cristo. In modo particolare, sono grato per la sollecitudine che mostrate verso i poveri, gli esclusi e i bisognosi di aiuto, come ha testimoniato recentemente la vostra lettera pastorale sui senzatetto e sulle dipendenze. Sono grato anche per l’aiuto che offrite ai vostri sacerdoti, la cui pena e il cui scoraggiamento a causa dei recenti scandali sono spesso ignorati. Siate vicini ai sacerdoti! Sono il prossimo più prossimo che avete, come vescovi.

     Un tema ricorrente della mia visita, naturalmente, è stato quello della necessità per la Chiesa di riconoscere e rimediare con onestà evangelica e coraggio agli errori passati – peccati gravi – circa la protezione dei bambini e degli adulti vulnerabili. Fra questi, le donne maltrattate. Negli anni recenti voi, come corpo episcopale, avete risolutamente proceduto non solo a intraprendere percorsi di purificazione e riconciliazione con le vittime, le vittime e i sopravvissuti degli abusi, ma anche, con l’aiuto del National Board per la tutela dei bambini nella Chiesa in Irlanda, avete proceduto a fissare un insieme rigoroso di norme volto a garantire la sicurezza dei giovani. In questi anni tutti noi abbiamo dovuto aprire gli occhi – è doloroso – sulla gravità e l’estensione dell’abuso di potere, di coscienza e sessuale in diversi contesti sociali. In Irlanda, come altrove, l’onestà e l’integrità con cui la Chiesa decide di affrontare questo capitolo doloroso della sua storia può offrire un esempio e un richiamo all’intera società. Continuate così. Le umiliazioni sono dolorose, ma siamo stati salvati dall’umiliazione del Figlio di Dio, e questo ci dà coraggio. Le piaghe di Cristo ci danno coraggio. Vi chiedo, per favore, vicinanza – questa è la parola, vicinanza – al Signore e al popolo di Dio. Prossimità. Non ripetere atteggiamenti di lontananza e clericalismo che alcune volte, nella vostra storia, hanno dato l’immagine reale di una Chiesa autoritaria, dura e autocratica.

     Come abbiamo menzionato nella nostra conversazione a Roma, la trasmissione della fede nella sua integrità e bellezza rappresenta una sfida significativa nel contesto della rapida evoluzione della società. L’Incontro mondiale delle famiglie ci ha dato grande speranza e incoraggiamento circa il fatto che le famiglie stanno diventando sempre più consapevoli del loro insostituibile ruolo nel trasmettere la fede.

     La trasmissione della fede, fondamentalmente, si fa in famiglia; la fede va trasmessa «in dialetto», il dialetto della famiglia. Nel medesimo tempo, le scuole cattoliche e i programmi di istruzione religiosa continuano a svolgere una funzione indispensabile nel creare una cultura di fede e un senso di discepolato missionario. So che questo è motivo di cura pastorale per tutti voi. La genuina formazione religiosa richiede insegnanti fedeli e gioiosi, capaci di formare non solo le menti ma anche i cuori all’amore di Cristo e alla pratica della preghiera.

     A volte pensiamo che formare nella fede significhi dare concetti religiosi, e non pensiamo a formare il cuore, a formare gli atteggiamenti. Ieri il presidente della nazione mi diceva che aveva scritto un poema su Descartes e diceva così, più o meno: «La freddezza del pensiero ha ucciso la musica del cuore». Formare la mente, sì, ma anche il cuore. E insegnare a pregare: insegnare a pregare ai bambini; dall’inizio, la preghiera. La preparazione di tali insegnanti e la diffusione di programmi per la formazione permanente sono essenziali per il futuro della comunità cristiana, nella quale un laicato impegnato sarà maggiormente chiamato a portare la saggezza e i valori della sua fede all’interno dell’impegno nei diversi settori della vita sociale, culturale e politica del paese.

L’opportunità
per un rinnovamento interiore

     Gli sconvolgimenti degli ultimi anni hanno messo alla prova la fede tradizionalmente forte del popolo irlandese. Tuttavia hanno anche offerto l’opportunità di un rinnovamento interiore della Chiesa in questo paese e indicato nuovi modi per immaginare la sua vita e la sua missione. «Dio è sempre novità» e «ci spinge continuamente a ripartire e a cambiare posto per andare oltre il conosciuto» (esort. ap. Gaudete et exsultate, n. 135). Con umiltà e fiducia nella sua grazia, possiate discernere e intraprendere nuove strade per questi nuovi tempi. Siate coraggiosi e creativi. Cer-tamente, il forte senso missionario radicato nell’anima del vostro popolo vi ispirerà le vie creative per dare testimonianza alla verità del Vangelo e far crescere la comunità dei credenti nell’amore di Cristo e nello zelo per la crescita del suo Regno.

     Nei vostri sforzi quotidiani per essere padri e pastori della famiglia di Dio in questo paese – padri, per favore, non patrigni –, possiate sempre essere sostenuti dalla speranza che si fonda sulla verità delle parole di Cristo e sulla certezza delle sue promesse. In ogni tempo e luogo, quella verità rende liberi (cf. Gv 8,32); essa ha un suo intrinseco potere per convincere le menti e condurre i cuori a sé. Ogni volta che voi e il vostro popolo sentite di essere un piccolo gregge esposto a sfide e difficoltà, non scoraggiatevi. Come san Giovanni della Croce ci insegna, è nella notte oscura che la luce della fede brilla più pura nei nostri cuori. E quella luce mostrerà la via per il rinnovamento della vita cristiana in Irlanda negli anni a venire.

     Infine, nello spirito della comunione ecclesiale, vi chiedo di continuare a promuovere unità e fraternità tra di voi, è molto importante; e anche, insieme con i leader di altre comunità cristiane, di lavorare e pregare con fervore per la riconciliazione e la pace tra tutti i membri della famiglia irlandese. Oggi a pranzo c’ero io, poi [le autorità di] Dublino, dell’Irlanda del Nord… Uniti, tutti. E una cosa che sempre dico, ma si deve ripetere: qual è il primo compito del vescovo? Lo dico a tutti: la preghiera. Quando i cristiani ellenistici sono andati a lamentarsi perché non ci si prendeva cura delle loro vedove [cf. At 6,1], Pietro e gli apostoli inventarono i diaconi. Poi, quando Pietro spiega come dovrà essere la cosa, finisce così: «E a noi [apostoli], spetterà la preghiera e l’annuncio della parola». Io butto lì una domanda, ognuno risponde a casa propria: quante ore al giorno prega ognuno di voi?

     Con questi pensieri, cari fratelli, vi assicuro le mie preghiere per le vostre intenzioni, e vi chiedo di ricordarvi di me nelle vostre. A tutti voi e ai fedeli affidati alla vostra cura pastorale imparto la mia benedizione, pegno di gioia e di forza nel Signore Gesù Cristo.

     Vi sono vicino: andate avanti, coraggio! Il Signore è tanto buono. E la Madonna ci custodisce. E quando le cose sono un po’ difficili, pregare Sub tuum praesidium, perché dicevano i mistici russi che nei momenti di turbolenza spirituale, dobbiamo andare sotto il manto della santa Madre di Dio, sub tuum praesidium. Grazie tante! E adesso vi darò la benedizione.

     Preghiamo insieme l’Ave Maria.

     May God bless you all, the Father, the Son and the Holy Spirit.

     Thank you very much.

 

     Convento delle suore domenicane, Dublino, 26 agosto 2018.

 

Chiediamo perdono
Atto penitenziale

     Ieri mi sono incontrato con otto persone sopravvissute di abusi di potere, di coscienza e sessuali. Raccogliendo quello che mi hanno detto, vorrei porre davanti alla misericordia del Signore questi crimini e chiederne perdono.

     Chiediamo perdono per gli abusi in Irlanda, abusi di potere e di coscienza, abusi sessuali da parte di membri qualificati della Chiesa. In modo speciale chiediamo perdono per tutti gli abusi commessi in diversi tipi di istituzioni dirette da religiosi e da religiose e da altri membri della Chiesa. E chiediamo perdono per i casi di sfruttamento lavorativo a cui sono stati sottoposti tanti minori.

     Chiediamo perdono per le volte in cui come Chiesa non abbiamo offerto ai sopravvissuti di qualsiasi tipo di abuso compassione, ricerca di giustizia e di verità, con azioni concrete. Chiediamo perdono.

     Chiediamo perdono per alcuni membri della gerarchia che non si sono fatti carico di queste situazioni dolorose e che sono rimasti in silenzio. Chiediamo perdono.

     Chiediamo perdono per i bambini che sono stati tolti alle loro mamme, e per tutte quelle volte in cui si diceva a tante ragazze-madri che provavano a cercare i loro figli dai quali erano state separate, o ai figli, che cercavano le loro mamme, si diceva che era peccato mortale: questo non è peccato mortale, è il quarto comandamento. Chiediamo perdono.

     Il Signore mantenga e faccia crescere questo stato di vergogna e di pentimento, e ci dia la forza per impegnarci affinché mai più accadano queste cose e perché si faccia giustizia. Amen.

 

      Phoenix Park di Dublino, 26 agosto 2018.

 

Francesco

Tipo Documento
Tema Francesco Minori Pastorale - Liturgia - Catechesi
Area EUROPA
Nazioni

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La risposta di papa Francesco è stata apprezzata dagli estensori della lettera (cf. L’Osservatore romano 3.2.2024, 1), prima che una nuova crisi tra la Santa Sede e il Governo israeliano si producesse l’8 febbraio (cf. Regno-att. 4,2024,76).

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«Solo questo amore che diventa servizio gratuito, solo questo amore che Gesù ha proclamato e vissuto avvicinerà i cristiani separati gli uni agli altri. Sì, solo questo amore, che non torna sul passato per prendere le distanze o puntare il dito, solo questo amore che in nome di Dio antepone il fratello alla ferrea difesa del proprio sistema religioso, solo questo amore ci unirà. Prima il fratello, dopo il sistema». Il 25 gennaio, nella basilica di San Paolo fuori le Mura, papa Francesco ha presieduto la celebrazione dei secondi vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della 57a Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani sul tema: «Ama il Signore Dio tuo... e ama il prossimo tuo come te stesso» (cf. Lc 10,27).

Erano presenti anche alcuni vescovi delle tradizioni anglicana e cattolica, presenti a Roma per «Growing together» (Crescere insieme), un vertice d’incontro e pellegrinaggio ecumenico organizzato dalla Commissione internazionale anglicana - cattolica romana per l’unità e la missione (IARCCUM) a Roma e a Canterbury tra il 22 e il 29 gennaio. Come nel 2016, i vescovi erano presenti a coppie, anglicani e cattolici, in rappresentanza di 27 paesi, e nel corso dei secondi vespri sono stati inviati per essere testimoni di unità congiuntamente da papa Francesco e dall’arcivescovo Justin Welby (cf. riquadro a p. 67).