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Documenti, 17/2018

Disponibile per tutti

Una Chiesa cattolica unita in Cina

Messaggio ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale

Francesco

Con l’Accordo provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica popolare cinese sulla nomina dei vescovi firmato a Pechino il 22 settembre (cf. in questo numero a p. 526), che è «frutto del lungo e complesso dialogo istituzionale della Santa Sede con le autorità governative cinesi, inaugurato già da san Giovanni Paolo II e proseguito da papa Benedetto XVI», la Santa Sede «altro non aveva – e non ha – in animo se non di realizzare le finalità spirituali e pastorali proprie della Chiesa, e cioè sostenere e promuovere l’annuncio del Vangelo, e raggiungere e conservare la piena e visibile unità della comunità cattolica in Cina». Questo è il significato dell’Accordo provvisorio, che papa Francesco ha spiegato in un Messaggio ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale inviato a pochi giorni di distanza, il 26 settembre. Ai cattolici cinesi delle due comunità, quella cosiddetta «ufficiale» e quella cosiddetta «clandestina», che adesso possono riunirsi nel comune riconoscimento della «piena comunione con la Chiesa universale e con il Successore di Pietro», Francesco chiede ora di «farsi artefici di riconciliazione»; e ai cattolici di tutto il mondo di «riconoscere tra i segni dei nostri tempi quanto sta accadendo oggi nella vita della Chiesa in Cina».

Accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi

Santa Sede – Repubblica popolare cinese

L’Accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi, firmato il 22 settembre 2018 a Pechino da mons. Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli stati, e Wang Chao, viceministro degli Affari esteri della Repubblica popolare cinese, «viene stipulato dopo un lungo percorso di ponderata trattativa e prevede valutazioni periodiche circa la sua attuazione». Insieme al Comunicato circa la firma di un Accordo provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica popolare cinese sulla nomina dei vescovi pubblichiamo anche: la Nota informativa sulla Chiesa cattolica in Cina, uscita lo stesso giorno, che riammette «nella piena comunione ecclesiale i rimanenti vescovi “ufficiali” ordinati senza mandato pontificio»; il comunicato della Sala stampa vaticana sull’Erezione della Diocesi di Chengde (da attribuire probabilmente al neo-riconosciuto vescovo Guo Jincai, che non aveva una diocesi); e la Dichiarazione ufficiale del segretario di stato vaticano, card. Pietro Parolin. «L’obiettivo della Santa Sede è un obiettivo pastorale, cioè aiutare le Chiese locali affinché godano condizioni di maggiore libertà, autonomia e organizzazione, in modo tale che possano dedicarsi alla missione di annunciare il Vangelo e di contribuire allo sviluppo integrale della persona e della società… Per la prima volta dopo tanti decenni, oggi tutti i vescovi in Cina sono in comunione con il vescovo di Roma» (card. Parolin).

Episcopalis communio

Costituzione apostolica sul Sinodo dei vescovi

Francesco

Con la costituzione apostolica di papa Francesco Episcopalis communio sul Sinodo dei vescovi, pubblicata il 18 settembre 2018, si rafforza ulteriormente l’impronta sinodale impressa dall’attuale pontificato alla Chiesa cattolica, con modifiche che rappresentano «una vera e propria rifondazione dell’organismo sinodale» (card. Lorenzo Baldisseri, conferenza stampa di presentazione del testo). E questo sulla base della convinzione di Francesco che, benché sia un organismo costituito di vescovi, «il Sinodo non vive… separato dal resto dei fedeli. Esso, al contrario, è uno strumento adatto a dare voce all’intero popolo di Dio proprio per mezzo dei vescovi». Tra le principali novità: da ora «se approvato espressamente dal romano pontefice, il documento finale partecipa del magistero ordinario del successore di Pietro»; la fase preparatoria, con la consultazione del popolo di Dio che abbiamo visto per la prima volta con il Sinodo del 2014, e la fase attuativa diventano parte integrante del Sinodo; viene introdotta la possibilità di Sinodi condotti in più fasi. Si preannuncia la pubblicazione di un’istruzione sulla celebrazione delle assemblee sinodali e sull’attività della Segreteria generale, e di un Regolamento per lo svolgimento di ogni assemblea.

Ai mafiosi dico: convertitevi al vero Dio!

Visita pastorale alle diocesi di Piazza Armerina e di Palermo nel 25° della morte di don Pino Puglisi

Francesco

La visita pastorale di papa Francesco alle diocesi di Piazza Armerina e di Palermo il 15 settembre ha avuto come occasione il 25° anniversario della morte di don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993. Un’altra tappa del pellegrinaggio tra i testimoni della Chiesa italiana (come don Lorenzo Milani, don Primo Mazzolari, p. Pio da Pietrelcina, don Zeno Saltini). Al centro della visita a Piazza Armerina le piaghe della Chiesa e della società («sottosviluppo sociale e culturale; sfruttamento dei lavoratori e mancanza di dignitosa occupazione per i giovani; migrazione di interi nuclei familiari; usura; alcolismo e altre dipendenze; gioco d’azzardo; sfilacciamento dei legami familiari»), a Palermo la piaga della mafia. Se il 21 giugno 2014 aveva affermato che i mafiosi sono scomunicati, in questo viaggio a Palermo – pur ribadendo che «chi è mafioso non vive da cristiano» e «bestemmia con la vita il nome di Dio amore» – ha posto l’accento sul tema della conversione: «Ai mafiosi dico: cambiate, fratelli e sorelle! Smettete di pensare a voi stessi e ai vostri soldi… Convertitevi al vero Dio di Gesù Cristo, cari fratelli e sorelle! Io dico a voi, mafiosi: se non fate questo la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte».

Modifica al Catechismo: la pena di morte è «inammissibile»

Congregazione per la dottrina della fede

Per «raccogliere meglio lo sviluppo della dottrina avvenuto su questo punto negli ultimi tempi», papa Francesco aveva chiesto che fosse riformulato l’insegnamento sulla pena di morte (cf. Regno-doc. 19,2017,577). Così la Congregazione per la dottrina della fede, con il Rescriptum ex audientia ss.mi del 2 agosto sulla nuova redazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa cattolica sulla pena di morte – accompagnato da una Lettera ai vescovi circa la nuova redazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa cattolica sulla pena di morte – ha modificato il testo del Catechismo. Laddove prima si affermava che «l’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani», ora nel testo che compendia l’insegnamento della Chiesa cattolica si leggerà che «la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che “la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona”, e s’impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo».

Il capitolo 8 dell’Amoris laetitia

Mons. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna; vescovi dell’Emilia Romagna

Nelle Chiese locali italiane prosegue la recezione dell’esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia (2016), che ha raccolto i frutti delle Assemblee sinodali del 2014 e 2015 sulla famiglia. Molte diocesi e alcune conferenze episcopali regionali (Campania, Regno-doc. 7,2017,2014; Piemonte, Regno-doc. 5,2018,175; Emilia Romagna; Lombardia; Sicilia) in questi due anni hanno elaborato delle applicazioni del documento, e il 26 luglio sono state emanate le Indicazioni per la recezione del c. VIII di Amoris laetitia. Accompagnare, discernere, integrare dell’arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi. Esse contengono in appendice le linee guida della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna (che portano lo stesso titolo; qui a p. 551) e i Criteri fondamentali per l’applicazione del c. VIII di Amoris laetitia dei vescovi della Regione pastorale di Buenos Aires, insieme alla lettera di risposta di papa Francesco (Regno-doc. 21,2016,676s). Secondo l’arcivescovo di Bologna «si tratta di realizzare una vera conversione pastorale e missionaria per accogliere tanti che si sono allontanati in questi ultimi anni e aiutare a scoprire o a riscoprire la gioia di seguire il Vangelo… Questo non significa affatto confondere o adattare la verità, quanto piuttosto non scinderla mai dall’amore. Affermare la verità senza amore ne snatura l’essenza stessa e ha contribuito ad allontanare tanti, credendo sufficiente una prassi di condanna e, all’opposto, specularmente un’accondiscendenza senza alcun itinerario e consapevolezza».

Custodi della casa comune

Consiglio episcopale latinoamericano

La protagonista è la casa comune, con le creature che vi abitano e i beni che contiene e che siamo chiamati a custodire e amministrare. L’antagonista è l’estrattivismo: la «tendenza sfrenata del sistema economico a convertire i beni della natura in capitale» (n. 11), che si vede all’opera principalmente nell’attività mineraria ma che, a ben vedere, sta all’origine dell’intero «circuito consumista» (ivi). La trama è quella della Laudato si’, l’enciclica di papa Francesco incentrata sul concetto di ecologia integrale e sulla certezza che «tutto è in relazione». In tal modo il Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM), con questa lettera pastorale Discepoli missionari custodi della casa comune. Discernimento alla luce della Laudato si’, datata 25 gennaio 2018, ha inteso tanto esercitare intorno al proprio continente il discernimento che la Laudato si’ raccomanda, quanto indicare al prossimo Sinodo sull’Amazzonia (ottobre 2019) una precisa linea di riflessione. Essa muove dalle tappe percorse dalla Chiesa nell’approccio alle attività estrattive, per poi esporre i dettagli interni a tale realtà e la riflessione su di essa alla luce della fede e a partire dalla dottrina sociale e, infine, approdare alla proposta di alcune linee di azione coerenti con l’identità cattolica (cf. n. 13).

Per una democrazia cristiana illiberale in Europa

Viktor Orbán, primo ministro ungherese

«Dobbiamo affrontare il fatto che i leader europei sono inadeguati e che non sono stati in grado di difendere l’Europa dall’immigrazione. L’élite europea ha fallito e la Commissione europea è il simbolo di questo fallimento. Questa è la brutta notizia. La buona notizia è che i giorni della Commissione europea sono contati». Il 29 luglio il primo ministro ungherese Viktor Orbán, capofila delle posizioni nazionaliste e sovraniste in Europa, ha partecipato alla 29a edizione di un evento chiamato Bálványos Summer Open University and Student Camp, nella cittadina termale romena di Baile Tusnad in Romania. Il suo discorso, che pubblichiamo, è stata una sorta di chiamata alle armi: agli ungheresi, che gli hanno appena garantito un terzo mandato consecutivo per forgiare «un nuovo ordine costituzionale, fondato su basi nazionali e cristiane»; ai paesi dell’Europa centrale, per costituire un’«alleanza di nazioni libere» che contrasti le politiche dell’Europa occidentale; e ai cittadini dell’Europa centro-orientale, per rovesciare le sorti dell’Unione alle elezioni europee del 2019 ricostruendo una «democrazia cristiana illiberale» che sostituisca l’intera «élite del ’68» con una «generazione anticomunista».