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Documenti, 21/2020, 01/12/2020, pag. 644

COMECE: ritrovare la speranza e la solidarietà

Presidenti delle Conferenze episcopali dell’Unione Europea

Il 18 novembre i presidenti delle Conferenze episcopali dell’Unione Europea hanno indirizzato un Messaggio alle istituzioni europee e agli stati membri sull’incerto e doloroso momento storico segnato dalla pandemia di COVID-19 (www.comece.eu).

La Chiesa cattolica nell’Unione Europea, rappresentata dai presidenti delle conferenze episcopali degli stati membri, desidera rivolgere un messaggio di speranza e un appello alla solidarietà alle istituzioni europee e ai paesi membri in questa crisi che ci ha travolto. Un messaggio in cui riaffermiamo il nostro impegno per la costruzione dell’Europa, che ha portato pace e prosperità al nostro continente, e ai suoi valori fondanti di solidarietà, libertà, inviolabilità della dignità umana, democrazia, stato di diritto, uguaglianza, e difesa e promozione dei diritti umani. I padri fondatori dell’UE erano convinti che l’Europa sarebbe stata forgiata dalle sue crisi. Nella nostra fede cristiana nel Signore risorto abbiamo la speranza che Dio possa volgere al bene tutto ciò che accade, anche ciò che non comprendiamo e che può sembrare cattivo, ed è questa fede il fondamento ultimo della nostra speranza e della fraternità universale

        Come Chiesa cattolica nell’UE, insieme alle altre Chiese e comunità ecclesiali sorelle, annunciamo e diamo testimonianza di questa fede e insieme ai membri di altre tradizioni religiose e persone di buona volontà ci sforziamo di costruire una fraternità universale che non lasci fuori nessuno. La fede ci chiama a uscire da noi stessi e vedere nell’altro, specialmente in chi soffre e sta ai margini delle nostre strade, un fratello e una sorella e a essere disposti anche a dare la vita per loro.

       La pandemia che ci ha afflitto in questi ultimi mesi ha scosso molte delle nostre sicurezze, e ha rivelato la nostra vulnerabilità e la nostra interdipendenza. Gli anziani e i poveri in tutto il mondo hanno sofferto il peggio. A questa crisi che ci ha sorpresi e colti impreparati, i paesi europei hanno reagito inizialmente con paura, chiudendo i confini interni e le frontiere esterne, alcuni anche rifiutando di condividere tra i paesi le forniture mediche di cui c’era più bisogno. Molti di noi erano preoccupati che persino la stessa UE, in quanto progetto economico, politico, sociale e culturale, fosse a rischio. Ci siamo resi conto allora, come ha detto papa Francesco, di essere nella stessa barca e di poterci salvare solo restando insieme. Con rinnovata determinazione l’UE ha cominciato a rispondere in modo unitario a questa drammatica situazione. Ha dimostrato la sua capacità di riscoprire lo spirito dei padri fondatori. Ci auguriamo che lo strumento per la ripresa dal COVID-19 e il bilancio rafforzato dell’UE per il 2021- 2027, concordati nell’incontro del Consiglio europeo di luglio, e attualmente negoziati tra il Parlamento europeo e il Consiglio, possano riflettere questo spirito.

       Il futuro dell’UE non dipende solo dall’economia e dalle finanze, ma anche da uno spirito comune e da una nuova mentalità. Questa crisi è un’opportunità spirituale di conversione. Non dobbiamo semplicemente dedicare tutti i nostri sforzi al ritorno alla «vecchia normalità», ma approfittare di questa crisi per realizzare un cambiamento radicale in meglio. Questo momento ci costringe a ripensare e a ristrutturare l’attuale modello di globalizzazione, per garantire il rispetto dell’ambiente, l’apertura alla vita, l’attenzione alla famiglia, l’uguaglianza sociale, la dignità dei lavoratori e i diritti delle generazioni future. Papa Francesco con l’enciclica Laudato si’ ha fornito un orientamento per dare forma a una nuova civiltà. Nella sua nuova enciclica Fratelli tutti, firmata poche settimane fa sulla tomba di san Francesco di Assisi, egli chiama l’intera umanità alla fraternità universale e all’amicizia sociale, non dimenticando chi è ai margini, ferito e sofferente. I principi della dottrina sociale cattolica, tra i quali la dignità umana, la solidarietà, come anche l’opzione preferenziale per i poveri e la sostenibilità, possono essere una guida per costruire un modello differente di economia e società dopo la pandemia.

       La solidarietà è un principio fondamentale della dottrina sociale della Chiesa ed è al centro del processo d’integrazione europea. Ben oltre i trasferimenti interni di risorse per le politiche di coesione, la solidarietà va intesa come «fare insieme» e come «essere aperti a integrare tutti», specialmente chi è ai margini. In questo contesto va segnalato che il vaccino per il COVID-19, una volta disponibile, dev’essere accessibile a tutti, soprattutto ai più poveri. Robert Schuman ha spiegato che le nazioni, lungi dall’essere autosufficienti, dovrebbero sostenersi a vicenda e che la solidarietà è la convinzione che il vero interesse di ciascuno è riconoscere e accettare in pratica l’interdipendenza di tutti. Per lui, un’Europa unita prefigura la solidarietà universale di tutto il mondo senza distinzione o esclusione. Per questo motivo la Dichiarazione Schuman ha sottolineato la particolare responsabilità dell’Europa per lo sviluppo dell’Africa. In linea con questi intenti, chiediamo più aiuti umanitari e di cooperazione allo sviluppo, e il riorientamento delle spese militari verso i servizi sanitari e sociali.

       La solidarietà europea dovrebbe estendersi con urgenza ai rifugiati che vivono in condizioni disumane nei campi di accoglienza e sono seriamente minacciati dal virus. Solidarietà verso i rifugiati non significa solo finanziamenti, ma anche apertura dei confini dell’Unione Europea in maniera proporzionale, da parte di ciascuno stato membro. Il patto Europeo sulla migrazione e l’asilo presentato dalla Commissione Europea può essere considerato come un passo, da valutare attentamente, per stabilire una politica europea comune e giusta in materia di migrazione e asilo. La Chiesa si è già pronunciata sull’accoglienza, distinguendo tra diversi tipi di migrazione (sia essa regolare o irregolare), tra coloro che fuggono da guerre e persecuzioni e chi emigra per motivi economici o ambientali, e sulla necessità di tenere presenti le questioni legate alla sicurezza. Riteniamo, però, che vi siano alcuni principi, valori e obblighi legali internazionali da rispettare sempre, indipendentemente dalle condizioni delle persone coinvolte. Tali principi di azione e valori sono alla base dell’identità dell’Europa e hanno la loro origine nelle sue radici cristiane. Raccomandiamo, inoltre, che siano facilitati percorsi sicuri e legali per i migranti e corridoi umanitari per i rifugiati, che permettano loro di raggiungere l’Europa in sicurezza e di essere accolti, protetti, sostenuti e integrati. In questo senso, è opportuno collaborare con istituzioni della Chiesa e associazioni private che già operano in tale campo. L’Europa non può e non deve voltare le spalle a coloro che provengono da zone di guerra o da luoghi in cui subiscono discriminazione o non possono condurre una vita dignitosa.

       Un elemento cruciale per la Chiesa in tanti stati membri durante la pandemia è quello del rispetto per la libertà di religione dei credenti, in particolare la libertà di riunirsi per esercitare la propria libertà di culto, nel pieno rispetto delle esigenze sanitarie. Ciò risulta ancora più evidente se si considera che le opere caritative nascono e sono radicate anche in una fede vissuta. Dichiariamo la nostra buona volontà di mantenere il dialogo tra le autorità statali ed ecclesiastiche per trovare il miglior modo per conciliare il rispetto di misure necessarie e la libertà di religione e di culto.

       Si è detto frequentemente che il mondo sarà diverso dopo questa crisi. Dipende tuttavia da noi se il mondo sarà migliore o peggiore, se usciremo da questa crisi rafforzati nella solidarietà o meno.

       Durante questi mesi di pandemia siamo stati testimoni di tanti segni che ci aprono alla speranza, dal lavoro del personale sanitario, a quello degli addetti alla cura degli anziani, ai gesti di compassione e creatività posti in atto dalle parrocchie e dalle comunità ecclesiali. Molti, in questi difficili mesi, hanno dovuto compiere considerevoli sacrifici, rinunciando a incontrare i propri cari e a essere accanto a loro nei momenti di solitudine e sofferenza e a volte anche di morte. Nel suo messaggio Urbi et orbi della domenica di Pasqua, papa Francesco si è rivolto in particolare all’Europa, ricordando che «dopo la II guerra mondiale il continente è riuscito a risorgere e a superare le rivalità del passato grazie a un progetto concreto di solidarietà». Per il papa è urgente più che mai che «tali rivalità non riprendano vigore, ma che tutti si riconoscano parte di un’unica famiglia e si sostengano a vicenda. Oggi l’UE ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero».

       Assicuriamo a tutti coloro che guidano le istituzioni europee e gli stati membri e contribuiscono al loro lavoro, che la Chiesa è al vostro fianco nel nostro impegno comune per costruire un futuro migliore per il nostro continente e per il mondo. Tutte le iniziative che promuovono i valori autentici dell’Europa saranno da noi sostenute. Ci auguriamo che potremo uscire da questa crisi più forti, più saggi, più uniti, più solidali, più attenti alla nostra casa comune, per essere un continente che spinge tutto il mondo verso una maggiore fraternità, giustizia, pace e uguaglianza. Offriamo le nostre preghiere per tutti voi e vi diamo di cuore la nostra benedizione. Che il Signore ci accompagni nel nostro pellegrinaggio verso un mondo migliore!

 

Seguono le firme

Tipo Documento
Tema Pastorale - Liturgia - Catechesi
Area EUROPA
Nazioni