I migranti nella rotta spagnola
Al largo delle coste africane orientali, le isole Canarie sono diventate un’altra frontiera dell’immigrazione in Europa e un altro vicolo cieco per i migranti, come una nuova Lampedusa, e la pandemia ha reso la situazione ancora più difficile sia per loro sia per la popolazione dell’arcipelago spagnolo. Un’altra nuova rotta dell’immigrazione riguarda l’enclave spagnola di Ceuta e Melilla.
Per questo nelle ultime settimane si sono fatte sentire le voci delle Chiese spagnole. In aprile la diocesi di Tenerife ha emesso un comunicato congiunto del Tavolo diocesano delle migrazioni intitolato Chiamati a costruire ponti e non muri, al quale ha aderito il Dipartimento per le migrazioni della Conferenza episcopale spagnola, per denunciare la politica della detenzione dei migranti, che genera paura e insicurezza sia in loro, sia nella popolazione. E il 18 maggio i vescovi spagnoli, attraverso un Comunicato sulla situazione a Ceuta e Melilla del Dipartimento per le migrazioni, hanno criticato la gestione del problema migratorio nell’enclave da parte delle autorità spagnole e marocchine: facendo appello al valore supremo della vita e della dignità umana, il comunicato ricorda che «la disperazione e l’impoverimento di molte famiglie e minori non possono e non devono essere usati da nessuno stato per sfruttare le legittime aspirazioni di queste persone a fini politici».
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