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Documenti, 17/2025, 01/10/2025, pag. 497

La speranza di un rinnovamento ecclesiale

Discorso all'Assemblea della diocesi di Roma

Leone XIV

«Attraverso il processo sinodale, lo Spirito ha suscitato la speranza di un rinnovamento ecclesiale in grado di rivitalizzare le comunità, così che crescano nello stile evangelico, nella vicinanza a Dio e nella presenza di servizio e testimonianza nel mondo. Il frutto del cammino sinodale, dopo un lungo periodo di ascolto e di confronto, è stato anzitutto l’impulso a valorizzare ministeri e carismi, attingendo alla vocazione battesimale, mettendo al centro la relazione con Cristo e l’accoglienza dei fratelli, a partire dai più poveri, condividendone le gioie e i dolori, le speranze e le fatiche». Il 19 settembre papa Leone XIV ha partecipato, in quanto vescovo di Roma come egli stesso sottolinea, all’Assemblea della diocesi di Roma.

Nell’occasione ha sviluppato la propria interpretazione del significato della sinodalità, processo di riforma (per Leone «rinnovamento») ecclesiale ricevuto in eredità dal predecessore Francesco, abbracciandolo in pieno e riconducendolo al primato dell’evangelizzazione.

Insieme ha affidato alla diocesi tre compiti: la cura del rapporto tra iniziazione cristiana ed evangelizzazione, il coinvolgimento dei giovani e delle famiglie, «su cui oggi incontriamo diverse difficoltà», e la formazione a tutti i livelli.

Stampa (19.9.2025) dal sito web www.vatican.va. Titolazione redazionale.

 

Carissimi fratelli e sorelle,

 

     è per me una gioia trovarmi con voi nella cattedrale di Roma: il papa è tale in quanto vescovo di Roma, e io sono vescovo per voi. Ringrazio il cardinale vicario per le parole con cui ha introdotto questo incontro, che vivo come un grande abbraccio del vescovo con il suo popolo. Saluto i membri del consiglio episcopale, i parroci, tutti i presbiteri, i diaconi, le religiose e i religiosi e tutti voi che siete qui in rappresentanza delle parrocchie. Vi ringrazio per la gioia del vostro discepolato, per il lavoro pastorale, per i pesi che portate e per quelli che sollevate dalle spalle dei tanti che bussano alle porte delle vostre comunità.

     La parola rivolta da Gesù alla Samaritana, che abbiamo ascoltato dal Vangelo, in questo tempo storico difficile, è ora diretta a noi Chiesa di Roma: «Se tu conoscessi il dono di Dio!» (Gv 4,10). A quella donna affaticata, che giunge presso il pozzo nell’ora più calda della giornata, Gesù rivela che c’è un’acqua viva che disseta per sempre, una sorgente zampillante che non si esaurisce mai: è la vita stessa di Dio donata all’umanità. Questo dono è lo Spirito Santo, che estingue le nostre arsure e irriga le nostre aridità, facendosi luce sul nostro cammino. Anche san Luca, negli Atti degli apostoli, utilizza la parola «dono» per indicare lo Spirito Santo, lo Spirito creatore capace di rinnovare tutte le cose.

     Attraverso il processo sinodale, lo Spirito ha suscitato la speranza di un rinnovamento ecclesiale in grado di rivitalizzare le comunità, così che crescano nello stile evangelico, nella vicinanza a Dio e nella presenza di servizio e testimonianza nel mondo. Il frutto del cammino sinodale, dopo un lungo periodo di ascolto e di confronto, è stato anzitutto l’impulso a valorizzare ministeri e carismi, attingendo alla vocazione battesimale, mettendo al centro la relazione con Cristo e l’accoglienza dei fratelli, a partire dai più poveri, condividendone le gioie e i dolori, le speranze e le fatiche. 

     In questo modo, viene messo in luce il carattere sacramentale della Chiesa che, come segno dell’amore di Dio per l’umanità, è chiamata a essere canale privilegiato perché l’acqua viva dello Spirito possa giungere a tutti. Ciò richiede l’esemplarità del popolo santo di Dio. Come sappiamo, sacramentalità ed esemplarità sono due concetti-chiave dell’ecclesiologia del concilio Vaticano II e dell’ermeneutica di papa Francesco.

     Ricorderete quanto caro gli fosse il tema patristico del mysterium lunae, cioè della Chiesa vista nel riverbero della luce di Cristo, della relazione a lui, sole di giustizia e luce delle genti. Papa Francesco, nella nota di accompagnamento del Documento finale della XVI Assemblea sinodale (24.11.2024), scriveva che esso «contiene indicazioni che, alla luce dei suoi orientamenti di fondo, già ora possono essere recepite nelle Chiese locali e nei raggruppamenti di Chiese, tenendo conto dei diversi contesti, di quello che già si è fatto e di quello che resta da fare per apprendere e sviluppare sempre meglio lo stile proprio della Chiesa sinodale missionaria» (cf. Regno-doc. 21,2024,679).

Una città che ha bisogno di profezia

    Ebbene, ora tocca a noi metterci all’opera affinché la Chiesa che vive a Roma diventi laboratorio di sinodalità, capace – con la grazia di Dio – di realizzare «fatti di Vangelo», in un contesto ecclesiale dove non mancano le fatiche, specialmente in ordine alla trasmissione della fede, e in una città che ha bisogno di profezia, segnata com’è da numerose e crescenti povertà economiche ed esistenziali, con i giovani spesso disorientati e le famiglie spesso appesantite. Una Chiesa sinodale in missione ha bisogno di abilitarsi a uno stile che valorizzi i doni di ciascuno e che comprenda la funzione di guida come un esercizio pacificante e armonioso, affinché, nella comunione suscitata dallo Spirito, il dialogo e la relazione ci aiutino a vincere le numerose spinte alla contrapposizione o all’isolamento difensivo.

     Il dinamismo sinodale va dunque alimentato nei contesti reali di ogni Chiesa locale. Che cosa significa questo concretamente?

     Si tratta anzitutto di lavorare per la partecipazione attiva di tutti alla vita della Chiesa. A questo proposito, uno strumento per incrementare la visione di Chiesa sinodale e missionaria è quello degli organismi di partecipazione. Essi aiutano il popolo di Dio a esercitare pienamente la sua identità battesimale, rafforzano il legame tra i ministri ordinati e la comunità e guidano il processo che va dal discernimento comunitario alle decisioni pastorali.

     Per questo motivo vi invito a rafforzare la formazione degli organismi di partecipazione e, a livello parrocchiale, a verificare i passi fatti fino a ora o, laddove tali organismi mancassero, di comprendere quali sono le resistenze, per poterle superarle. Allo stesso modo vorrei spendere una parola sulle prefetture, sugli altri organismi che connettono ambiti diversi della vita pastorale, così come sugli stessi settori diocesani, pensati per collegare meglio parrocchie vicine in un determinato territorio con il centro della diocesi. Il rischio è che queste realtà perdano la loro funzione di strumenti di comunione e si riducano a qualche riunione dove si discute insieme di qualche tema per poi tornare, però, a pensare e a vivere la pastorale in modo isolato, nel proprio recinto parrocchiale e nei propri schemi. Oggi, come sappiamo, in un mondo diventato più complesso e in una città che corre a gran velocità e dove le persone vivono una permanente mobilità, abbiamo bisogno di pensare e progettare insieme, uscendo dai confini prestabiliti e sperimentando iniziative pastorali comuni. Perciò vi esorto a fare di questi organismi dei veri e propri spazi di vita comunitaria dove esercitare la comunione, luoghi di confronto in cui attuare il discernimento comunitario e la corresponsabilità battesimale e pastorale.

Tre obiettivi per la diocesi

     E su cosa siamo chiamati a discernere oggi? Quanto si è fatto in questi anni è prezioso, ma vi sono alcuni obiettivi da perseguire con stile sinodale sui quali vorrei soffermarmi. Il primo che vi suggerisco è la cura del rapporto tra iniziazione cristiana ed evangelizzazione, tenendo presente che la richiesta dei sacramenti sta diventando un’opzione sempre meno praticata. Iniziare alla vita cristiana è un processo che deve integrare l’esistenza nei suoi vari aspetti, abilitare gradualmente alla relazione con il Signore Gesù, rendere le persone confidenti nell’ascolto della Parola, desiderose di vivere la preghiera e di operare nella carità. Occorre sperimentare, se necessario, strumenti e linguaggi nuovi, coinvolgendo nel cammino le famiglie e cercando di superare un’impostazione scolastica della catechesi. In questa prospettiva, occorre curare con delicatezza e attenzione coloro che esprimono il desiderio del battesimo in età adolescenziale e adulta. Gli uffici del Vicariato a ciò preposti devono lavorare con le parrocchie, avendo particolare cura della formazione continua dei catechisti.

     Un secondo obiettivo è il coinvolgimento dei giovani e delle famiglie, su cui oggi incontriamo diverse difficoltà. Mi pare urgente impostare una pastorale solidale, empatica, discreta, non giudicante, che sa accogliere tutti, e proporre percorsi il più possibile personalizzati, adatti alle diverse situazioni di vita dei destinatari. Poiché poi le famiglie faticano a trasmettere la fede e potrebbero essere tentate di sottrarsi a tale compito, dobbiamo cercare di affiancarci senza sostituirci a esse, facendoci compagni di cammino e offrendo strumenti per la ricerca di Dio. Si tratta – dobbiamo dirlo onestamente – di una pastorale che non ripete le cose di sempre, ma offre un nuovo apprendistato; una pastorale che diventa come una scuola capace d’introdurre alla vita cristiana, di accompagnare le fasi della vita, di tessere relazioni umane significative e, così, d’incidere anche nel tessuto sociale specialmente a servizio dei più poveri e dei più deboli.

     Infine – un terzo obiettivo – vorrei raccomandarvi la formazione a tutti i livelli. Viviamo un’emergenza formativa e non dobbiamo illuderci che basti portare avanti qualche attività tradizionale per mantenere vitali le nostre comunità cristiane. Esse devono diventare generative: essere grembo che inizia alla fede e cuore che cerca coloro che l’hanno abbandonata. Nelle parrocchie c’è bisogno di formazione e, laddove non ci fossero, sarebbe importante inserire percorsi biblici e liturgici, senza tralasciare le questioni che intercettano le passioni delle nuove generazioni ma che interessano tutti noi: la giustizia sociale, la pace, il complesso fenomeno migratorio, la cura del creato, il buon esercizio della cittadinanza, il rispetto nella vita di coppia, la sofferenza mentale e le dipendenze, e tante altre sfide.

     Non possiamo di certo essere specialisti in tutto, ma dobbiamo riflettere su questi temi, magari mettendoci in ascolto delle tante competenze che la nostra città può offrire. Tutto questo, mi raccomando, dev’essere pensato e fatto insieme, in modo sinodale, come popolo di Dio che non smette, con la guida dei pastori, di attendere e sperare che al banchetto preparato dal Signore, secondo la visione del profeta Isaia (cf. 25,6-10), possano, un giorno, sedersi veramente tutti.

     Il brano evangelico della Samaritana si chiude con un crescendo missionario: lei va dai suoi concittadini, racconta ciò che le è accaduto ed essi si recano da Gesù e giungono alla professione di fede. Sono certo che anche nella nostra diocesi il cammino avviato e accompagnato negli ultimi anni ci porterà a maturare nella sinodalità, nella comunione, nella corresponsabilità e nella missione.

     Rinnoveremo in noi il gusto di annunciare il Vangelo a ogni uomo e a ogni donna del nostro tempo; correremo verso di loro come la donna samaritana, lasciando la nostra brocca e portando, invece, l’acqua che disseta in eterno. E avremo la gioia di sentire tante sorelle e fratelli che, come i samaritani, ci diranno: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il Salvatore del mondo» (Gv 4,42). La Vergine della fiducia e della speranza, Salus populi romani, ci accompagni e custodisca il nostro cammino.

 

     19 settembre 2025.

Leone XIV

Tipo Documento
Tema Leone XIV Sinodo dei vescovi
Area EUROPA
Nazioni

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