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Documenti, 37/2015, 04/12/2015, pag. 34

Per noi uomini e per la nostra salvezza

Introduzione al XXIV Congresso internazionale dell'Associazione teologica italiana

Roberto Repole
Per il cristianesimo affermare la centralità del tema soteriologico – la riflessione sulla salvezza offerta da e in Cristo a ogni uomo – non significa sottrarlo a una sua problematicità. «È, infatti, evidente che (...) gli umani cui Cristo si offre, anche in ragione della novità dei contesti culturali e religiosi in cui sono immersi, avvertono e formulano in maniera diversa la domanda salvifica; che essi possono riconoscere o misconoscere Cristo come salvatore». Lo scorso 31 agosto, il presidente dell’Associazione teologica italiana (ATI), don Roberto Repole, è intervenuto ad Assisi in apertura del XXIV Congresso nazionale dell’Associazione, dal titolo: «“Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!” (Lc 3,6). Sulla soteriologia cristiana». Nel suo intervento introduttivo ai lavori, Repole ha mostrato, attraverso una sintetica panoramica sulle idee di salvezza che contrassegnano la cultura odierna, le ragioni per cui è apparso urgente ai teologi l’impegno di ripensare la questione soteriologica: «Non solo perché è divenuto ormai normale, in un mondo globalizzato, convivere con persone e gruppi che professano altre fedi; ma anche e (forse) soprattutto perché la crisi delle ideologie rende quanto mai attuale (...) la questione del “se” della salvezza cristiana».

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All’inizio del suo ministero episcopale nell’arcidiocesi di Torino, il neo-vescovo e teologo Roberto Repole aveva invitato le diocesi di Torino e Susa a riflettere sulla «questione essenziale, per la nostra Chiesa, di ripensare il nostro modo di essere presenti ed esistere come comunità cristiana sul territorio» e sulla «necessità anche urgente di ridisegnare il nostro modo di esistere, come Chiesa, sul territorio, al fine di continuare qui e ora a essere ciò che dobbiamo essere e a offrire il Vangelo alle donne e agli uomini che incontriamo e lo desiderano» (cf. Regno-doc. 13,2022,415).

A un anno di distanza, il 16 luglio, è stata pubblicata la Lettera pastorale sul futuro delle Chiese di Torino e di Susa, che annuncia «qualche passo concreto di cambiamento della nostra presenza sul territorio»: a livello parrocchiale, dove s’introdurranno delle équipe-guida di comunità; a livello di curia diocesana, che sarà ridisegnata; a livello di ministeri laicali e clericali.

«Ciò che stiamo vivendo e che ci viene chiesto è qualcosa di bello e avvincente. L’obiettivo è uno solo: essere una Chiesa fatta di comunità vive, nelle quali non solo si parla, ma si sperimenta davvero il regno di Dio, di cui la Chiesa è come un germe».

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Benché né il lemma né il concetto di sinodalità si ritrovino espressamente nell’insegnamento del Vaticano, il tema della sinodalità ha però riacquisito indubbia centralità – nel più ampio dibattito ecclesiale come nella più ristretta riflessione ecclesiologica – con il papato di Francesco, specie a motivo dei suoi reiterati inviti ad avviare nuovi processi decisionali nella Chiesa e a seguito dell’ormai storico e denso discorso tenuto in occasione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi (17 ottobre 2015). A questo proposito può essere utile una disamina di alcune della recenti opere che trattano della sinodalità (delle quali, alcune hanno preceduto e in qualche modo preparato il rilancio del tema nel magistero di Francesco, altre sono state stimolate da esso).