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Documenti, 7/2017

Se l’Europa ritrova speranza

Ai capi di stato e di governo dell’Unione Europea nel 60° della firma dei Trattati di Roma

Francesco

«Il 25 marzo 1957 fu una giornata carica di attese e di speranze, di entusiasmo e di trepidazione, e solo un evento eccezionale, per la portata e le conseguenze storiche, poteva renderla unica nella storia. La memoria di quel giorno si unisce alle speranze dell’oggi e alle attese dei popoli europei, che domandano di discernere il presente per proseguire con rinnovato slancio e fiducia il cammino iniziato». Il Vertice dei capi di stato e di governo dell’Unione Europea, che si è tenuto il 25 marzo a Roma per celebrare il 60° anniversario dei due omonimi Trattati, firmati il 25 marzo 1957, è stato anticipato il 24 marzo dall’udienza con papa Francesco, individuato come un riferimento simbolico e spirituale nell’attuale stato di crisi profonda in cui versano le istituzioni europee. Il papa argentino ha richiamato – usando le parole dei padri fondatori dell’UE – i pilastri su cui essa è costruita: «La centralità dell’uomo, una solidarietà fattiva, l’apertura al mondo, il perseguimento della pace e dello sviluppo, l’apertura al futuro». Invitando poi i governanti a «discernere le strade della speranza, identificare i percorsi concreti per far sì che i passi significativi fin qui compiuti non abbiano a disperdersi».

Dichiarazione di Roma

Leader dei 27 stati membri dell'Unione Europea

I leader dei 27 stati membri dell’Unione Europea, insieme ai rappresentanti delle istituzioni UE (Consiglio, Parlamento e Commissione europea) si sono incontrati il 25 marzo a Roma per celebrare il 60° anniversario dei due Trattati di Roma, i documenti fondativi che hanno istituito la Comunità economica europea (CEE) e la Comunità europea dell’energia atomica (CEEA o Euratom), che vennero firmati il 25 marzo 1957 ed entrarono in vigore il 1° gennaio 1958. Al termine delle celebrazioni, durante le quali sono stati ricevuti in udienza dal papa, hanno adottato e firmato la Dichiarazione di Roma, in cui si definisce una visione comune per gli anni a venire (www.consilium.europa.eu).

Accogliere e integrare gli immigrati

Ai partecipanti al VI Forum internazionale «Migrazioni e pace»

Francesco

«L’inizio di questo terzo millennio è fortemente caratterizzato da movimenti migratoriDavanti a questo complesso scenario, sento di dover esprimere una particolare preoccupazione per la natura forzosa dei molti flussi migratori contemporanei, che aumenta le sfide poste alla comunità politica, alla società civile e alla Chiesa». Il 21 febbraio scorso Francesco ha ricevuto in udienza i partecipanti alla sesta edizione del Forum internazionale «Migrazioni e pace», sul tema «Integrazione e sviluppo: dalla reazione all’azione». Il papa ha sottolineato come il fenomeno delle migrazioni, che caratterizza da sempre la storia umana, abbia ormai assunto una dimensione tale da interessare praticamente ogni parte della terra. Di fronte a questo scenario perciò occorre articolare una risposta comune che ruoti attorno a quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. «Credo che coniugare questi quattro verbi, in prima persona singolare e in prima persona plurale, rappresenti oggi un dovere, un dovere nei confronti di fratelli e sorelle che, per ragioni diverse, sono forzati a lasciare il proprio luogo di origine: un dovere di giustizia, di civiltà e di solidarietà».

Un abbraccio di popolo

Visita pastorale all’arcidiocesi di Milano

Francesco

«Al ritorno dalla mia visita pastorale a Milano, durante la quale ho vissuto momenti di grande comunione con codesta comunità diocesana, sperimentando l’entusiasmo della fede e il calore dell’accoglienza dei milanesi desidero esprimere a lei, ai sacerdoti e alle persone consacrate e all’intera comunità diocesana il mio cordiale apprezzamento». Così ha scritto il 31 marzo papa Francesco al card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano, dopo la visita del 25 marzo alla diocesi ambrosiana. Una visita che ha fatto sosta nelle periferie (il quartiere delle «Case bianche», il carcere di San Vittore), e le ha collegate con il cuore della città (il duomo, nel quale Francesco ha tenuto un lungo dialogo con i sacerdoti e i consacrati, che qui pubblichiamo); e una visita che ha manifestato grande partecipazione e affetto soprattutto nella messa a Monza, di cui pubblichiamo l’omelia. «A proposito di Milano – ha detto inoltre il papa il 26 marzo dopo la recita dell’Angelus in piazza San Pietro – vorrei ringraziare il cardinale arcivescovo e tutto il popolo milanese per la calorosa accoglienza di ieri, veramente, veramente mi sono sentito a casa, e questo con tutti, credenti e non credenti, vi ringrazio tanto cari milanesi e vi dirò una cosa, ho constatato che è vero quello che si dice: “A Milan si riceve col coeur in man”, grazie».

La centralità del lavoro e la comunicazione

Comunicato finale del Consiglio permanente della CEI

Conferenza episcopale italiana

Nella sessione primaverile del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana (Roma, 20-22.3.2017), i 32 vescovi che compongono l’organismo hanno preparato la prossima Assemblea generale, che si svolgerà in Vaticano, nell’aula del Sinodo, dal 22 al 25 maggio: sarà il papa ad aprire le assise il 22, poi dialogherà con i vescovi, e dal giorno dopo inizieranno le votazioni per la terna, da cui Francesco nominerà il presidente per il prossimo quinquennio. Sarà la prima nomina con il nuovo Statuto della CEI, approvato nel 2014. Il tema generale dell’Assemblea è «Giovani, per un incontro di fede». Uno dei fuochi principali dell’attenzione dei vescovi è stato il lavoro, che sarà il tema della 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani, della quale il Consiglio permanente ha approvato le Linee di preparazione (cf. in questo numero a p. 218). E l’altro fuoco è stata – a partire dalla situazione di difficoltà che interessa il settore delle comunicazioni sociali – la consegna di elaborare «un progetto editoriale coordinato, unitario, capace d’integrare e valorizzare i media diocesani» per «poter disporre, in un contesto di pluralismo ideologico e religioso, di strumenti con cui assicurare voce e chiavi di lettura autorevoli, al fine di contribuire alla formazione dell’opinione pubblica».

Linee guida per la recezione dell’Amoris laetitia

Conferenza episcopale campana

Accompagnare le Chiese della Campania nel discernimento e nell’integrazione delle fragilità della vita matrimoniale, come raccomandato dall’esortazione tapostolica postsinodale Amoris laetitia scritta da papa Francesco al termine del processo sinodale del 2014-2015 sulla famiglia; ed evitare alcuni possibili rischi, come da un lato quello di «procedere in ordine sparso o in modo frammentario, con l’inevitabile conseguenza di mettere in atto pratiche difformi che inducano a separare sacerdoti, dividendoli in cosiddetti “lassisti” e “rigoristi”, creando disorientamento tra i fedeli», e quello d’intendere le indicazioni offerte dall’Amoris laetitia sui divorziati risposati come «un semplice accesso “allargato” ai sacramenti, o come se qualsiasi situazione giustificasse questo accesso». Con queste finalità i vescovi della Conferenza episcopale campana, la prima in Italia a produrre un documento di questo tipo, hanno approvato il 30 gennaio 2017, e pubblicato l’8 marzo, delle Linee guida per la recezione dell’Amoris laetitia, che «non intendono essere una sorta di “prontuario”, che mortificherebbe la ricchezza del documento, bensì degli orientamenti a sostegno dei sacerdoti e degli operatori della pastorale familiare, ferma restando la facoltà di ciascun vescovo di dare suoi orientamenti». L’itinerario di discernimento per le persone in situazioni cosiddette «irregolari» prevedrà l’accompagnamento di un sacerdote, un apposito servizio diocesano e delle coppie-guida.

Il lavoro che vogliamo

Linee di preparazione per la 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani (Cagliari, 26-29 ottobre 2017)

Comitato scientifico e organizzatore delle settimana sociali dei cattolici italiani

La Chiesa italiana si concentra sul lavoro. Dopo la Lettera d’invito, diffusa lo scorso 22 novembre, prende avvio con la pubblicazione delle Linee di preparazione, il 24 marzo, il percorso della 48a Settimana sociale dei cattolici italiani, dedicata a «Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo, solidale» (titolo che cita l’Evangelii gaudium di papa Francesco). Nel mezzo di una lunga e difficile transizione, che ha cambiato profondamente la realtà lavorativa nel paese, «la 48ª Settimana sociale non si accontenta di organizzare una bella riflessione sul lavoro, ma vuole trasformarsi nel volano di uno sforzo corale che coltiva l’ambizione di arrivare a essere propositivo, stimolando ai vari livelli la capacità della co-munità di alleviare i gravi problemi che la affliggono». Caratterizzato da un metodo partecipativo che raccoglie le esperienze «dal basso», il progetto guidato da mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali, vuole «formulare proposte capaci d’incidere sui contesti giuridici, istituzionali e organizzativi», avendo come obiettivo non solo la Settimana sociale, ma la formazione di una rete di persone competenti rispetto al tema del lavoro «prima, ma soprattutto dopo l’appuntamento di Cagliari».

I vescovi: ai giovani del Sud

Conferenze episcopali di Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna

Tra le tappe verso l’appuntamento della 48a Settimana sociale, a Cagliari in ottobre, si è tenuto l’8 e il 9 febbraio a Napoli un convegno dal titolo «Chiesa e lavoro. Quale futuro per i giovani nel Sud?», che ha visto coinvolte le Conferenze episcopali di Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, e che si è concluso con il Messaggio dei vescovi ai giovani del Sud, diffuso il 10 febbraio e di cui pubblichiamo ampi stralci (www.conferenzaepiscopalecampana.it).

Disponibile per tutti

Contro le mafie: memoria e impegno

Sergio Mattarella, Luigi Ciotti

«C’è bisogno di uscire dall’io per riorganizzare il noi. Ci vuole un impegno collettivo. Non rassegniamoci! Alla corruzione, alle mafie, alla povertà, alle disuguaglianze… Non basta indignarci, dobbiamo impegnarci tutti!» (don Ciotti). A partire dal 2017 lo stato italiano ha istituito, con la Legge n. 20 dell’8.3.2017, la «Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie», fissandola al 21 marzo e ufficializzando così una manifestazione organizzata ogni anno dalle associazioni «Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie» e «Avviso pubblico. Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie» (giunta quest’anno alla 22a edizione). L’evento si è svolto a Locri, in Calabria, dal 19 al 21 marzo, e ha visto tra gli interventi più significativi quello del presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, a sua volta familiare di una vittima della mafia (il fratello Piersanti era presidente della Regione Sicilia nel 1980, quando venne ucciso); e quello di don Luigi Ciotti, presidente di Libera. «Accanto agli strumenti della prevenzione e della repressione, bisogna perfezionare quelli per prosciugare le paludi dell’inefficienza, dell’arbitrio, del clientelismo, del favoritismo, della corruzione, della mancanza di stato, che sono l’ambiente naturale in cui le mafie vivono e prosperano» (Mattarella).

Monreale: mai più «padrini» mafiosi

Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale

Il 15 marzo l’arcivescovo di Monreale, mons. Michele Pennisi, ha stabilito per decreto che chi è coinvolto in associazioni mafiose o anche solo connivente non possa d’ora in avanti fare da padrino o madrina per un battesimo o una cresima. All’inizio di febbraio vi erano state molte polemiche al diffondersi della notizia che Giuseppe Salvatore Riina, figlio del boss di Cosa nostra e a sua volta condannato per mafia, era tornato a fine dicembre a Corleone, per fare da padrino di battesimo alla nipotina. Il 19 marzo anche il Comunicato finale della Sessione primaverile della Conferenza episcopale siciliana ribadisce che «tutti coloro che, in qualsiasi modo deliberatamente, fanno parte della mafia o ad essa aderiscono o pongono atti di connivenza con essa, debbono sapere di essere e di vivere in insanabile opposizione al Vangelo di Gesù Cristo e, per conseguenza, alla sua Chiesa». Segue il decreto dell’arcidiocesi di Monreale (www.monreale.chiesacattolica.it).

Amoris laetitia: dottrina e pastorale immutate

Arcidiocesi di Philadelphia (USA)

Diversamente rispetto ai numerosi vescovi ed episcopati che hanno pubblicato orientamenti per l’applicazione dell’esortazione pastorale Amoris laetitia, con cui nell’aprile 2016 papa Francesco raccoglieva i risultati dei Sinodi del 2014 e 2015 sulla famiglia, le Linee guida pastorali per l’applicazione dell’Amoris laetitia dell’arcidiocesi statunitense di Philadelphia ribadiscono che «l’impegno a vivere come fratello e sorella è necessario ai divorziati risposati civilmente per ricevere la riconciliazione nel sacramento della confessione, che potrebbe poi aprire la strada all’eucaristia». In sostanza, secondo l’arcivescovo Charles J. Chaput, il percorso di discernimento da compiersi con un sacerdote – introdotto nel c. VIII del documento post-sinodale – deve servire a rendere i divorziati risposati consapevoli della loro situazione di peccato. I divorziati risposati civilmente inoltre non possono assumere incarichi di responsabilità in una parrocchia, né svolgere funzioni o ministeri. Allo stesso modo «quanti sentono un’attrazione predominante per persone del proprio sesso sono quindi chiamati a sforzarsi di vivere castamente per il regno di Dio».

Una voce grida nel deserto

Messaggio pastorale

Vescovi cattolici del Sud Sudan

I vescovi cattolici del Sud Sudan chiedono l’aiuto della comunità internazionale per salvare la vita di 5 milioni di persone, minacciate dalla siccità che sta colpendo l’Africa orientale. «Il nostro paese è in preda a una crisi umanitaria: fame, insicurezza e difficoltà economiche. La nostra gente sta lottando per riuscire a sopravvivere. Sebbene ci siano state piogge scarse in molte parti del paese, non vi è dubbio che questa carestia sia opera dell’uomo, legata all’insicurezza e a una cattiva gestione economica». In una lettera pastorale pubblicata il 23 febbraio, intitolata «Una voce grida nel deserto». Messaggio pastorale dei vescovi cattolici del Sud Sudan ai fedeli e al popolo del Sud Sudan, i vescovi denunciano il governo e le forze ribelli per gli attacchi sulla popolazione civile, con l’attuazione di una politica della «terra bruciata» che viola ogni regola del diritto internazionale. Confermando un accenno contenuto nella lettera – «desideriamo informarvi che il santo padre Francesco spera di visitare il Sud Sudan nei prossimi mesi di quest’anno… Richiamerebbe l’attenzione del mondo sulla situazione qui» –, il 26 febbraio il papa ha poi annunciato che si recherà in visita nel paese, mentre il 22 nell’udienza generale aveva esortato a fornire al paese aiuti concreti.

Per uscire dallo stato di crisi

Messaggio di Natale 2016

Conferenza episcopale del Ciad

«Non possiamo più tacere quello che vediamo e udiamo e passare sotto silenzio le sofferenze e lo stato di disperazione delle nostre popolazioni». La vasta crisi che sta affliggendo il Ciad, hanno scritto i vescovi del paese dell’Africa centrale in un Messaggio di Natale 2016 particolarmente esteso, intitolato Alzatevi! Viene il Signore! e pubblicato il 18 dicembre 2016, nasce dallo squilibrio provocato dalla scoperta del petrolio, che non è stato adeguatamente affrontato dai responsabili politici. «Tuttavia il nostro messaggio di Natale di quest’anno vuole essere soprattutto un messaggio di speranza e un appello a fare di tutto per sollevare il nostro paese dallo stato di crisi attuale, che minaccia gravemente la pace sociale e compromette seriamente il suo avvenire». All’analisi della situazione sotto il profilo politico, sociale ed economico seguono le proposte, che mirano a un ampio e approfondito dialogo sociale e a un rafforzamento delle istituzioni democratiche.

Chiediamo perdono

Nella chiusura dell'Anno santo straordinario della misericordia

Conferenza episcopale del Ruanda

È «totale» la «condanna del crimine di genocidio perpetrato contro i tutsi nel 1994» e di «tutte le azioni e ideologie legate alla discriminazione su base etnica», che hanno espresso i vescovi ruandesi nella lettera in kinyarwanda letta in tutte le parrocchie il 20 novembre scorso. Il Comunicato dei vescovi cattolici del Ruanda in occasione della chiusura dell’anno del Giubileo straordinario della misericordia, di cui Il Regno pubblica la prima traduzione, ha creato scalpore in Ruanda per via della polemica aperta dal governo del presidente Paul Kagame, che ha lamentato la mancanza di una richiesta di perdono da parte del Vaticano. «Benché la Chiesa non abbia dato mandato a nessuno di cedere al male, noi, vescovi cattolici del Ruanda, chiediamo perdono ancora una volta, in modo particolare, per tutti suoi figli… coinvolti nel genocidio», afferma la lettera. Una svolta inattesa si è avuta grazie alla visita di Kagame a papa Francesco il 20 marzo. «Durante i cordiali colloqui… – ha ribadito il comunicato ufficiale della Santa Sede – il papa ha manifestato il profondo dolore suo, della Santa Sede e della Chiesa per il genocidio contro i tutsi… ha rinnovato l’implorazione di perdono a Dio per i peccati e le mancanze della Chiesa e dei suoi membri… che hanno ceduto all’odio e alla violenza, tradendo la propria missione evangelica».

Le «eresie» pastorali secondo Evangelii gaudium

Mons. Marcello Semeraro

Quando parla della Chiesa di oggi, papa Francesco la descrive spesso come esposta a «tentazioni». Ovvero, secondo un’antica tradizione spirituale, quel «tempo difficile» nel quale la verità si prova e la fedeltà si rinnova. Cogliendo nell’intreccio tra immagini, simboli, figure e nozioni che caratterizza il discorso ecclesiologico di Jorge Mario Bergoglio la ricchezza dei riferimenti teologici e spirituali, mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano e segretario del Consiglio di nove cardinali istituito dal papa per consigliarlo sul governo della Chiesa, si sofferma in questa relazione – tenuta il 30 settembre 2016 a Palermo al Convegno ecclesiale diocesano – su come il papa intenda le tentazioni dello «gnosticismo» e del «pelagianesimo»Spesso, specie nei testi successivi all’elezione al pontificato e in particolare nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, le troviamo abbinate «in una sorta di polarità». Vi è infatti un risultato comune a entrambi gli atteggiamenti, che il papa, con de Lubac, definisce – sin dal discorso pronunciato alle Congregazioni generali nel periodo della sede vacante – «mondanità spirituale: quel vivere per darsi gloria gli uni con gli altri». Cosicché, conclude il teologo Semeraro indagando il magistero di Francesco e i suoi riferimenti nel cristianesimo antico e moderno, «l’unica realtà in grado di liberarci dalla seduzione di aderire alle verità astratte (gnostiche)... e dell’autoreferenzialità vanitosa che isola e rende sterili è la carne di Cristo», che nel linguaggio di Francesco indica «non soltanto l’eucaristia, ma anche (e molte volte) il povero».