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Documenti, 5/2021

Un mondo unito dalla pandemia

Discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede

Francesco

Il mondo nel 2021 è unito dalla pandemia, e ciò avviene nel segno della crisi, che assume – acutizzandole – forme diverse: crisi sanitaria, ambientale, economica e sociale, politica e antropologica.

Il tradizionale discorso d’inizio anno di papa Francesco ai membri del corpo diplomatico accreditati presso la Santa Sede, tenutosi l’8 febbraio dopo essere stato rimandato per un’indisposizione del papa, si sofferma «su alcune delle crisi provocate o evidenziate dalla pandemia, guardando al contempo alle opportunità che da esse derivano per edificare un mondo più umano, giusto, solidale e pacifico».

Gli stati che attualmente intrattengono relazioni diplomatiche con la Santa Sede sono 183, ai quali vanno aggiunti l’Unione Europea e il Sovrano militare ordine di Malta. Le cancellerie di ambasciata con sede a Roma sono 88, più gli uffici della Lega degli stati arabi, dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni e dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.

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Avviare un Sinodo italiano

Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dall’Ufficio catechistico nazionale della Conferenza episcopale italiana

Francesco

«Dopo cinque anni, la Chiesa italiana deve tornare al Convegno di Firenze, e deve incominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità per comunità, diocesi per diocesi: anche questo processo sarà una catechesi. Nel Convegno di Firenze c’è proprio l’intuizione della strada da fare in questo Sinodo. Adesso, riprenderlo: è il momento. E incominciare a camminare». È l’invito che papa Francesco ha rivolto alla Chiesa italiana il 30 gennaio, incontrando l’Ufficio catechistico nazionale della Conferenza episcopale italiana.

In precedenza il papa aveva lanciato il suggerimento al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, nel 2015, immaginandolo come processo di approfondimento della Evangelii gaudium, «per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni». E più recentemente il 20 maggio 2019, quando Francesco è tornato sull’argomento aprendo l’Assemblea della CEI, parlando di «probabile Sinodo per la Chiesa italiana».

Cosa pensiamo delle persone LGBT+

Conferenza episcopale polacca

Quando incontra persone che si identificano come LGBT+, papa Francesco «tende loro benevolmente la mano, esprime comprensione per le inclinazioni, ma allo stesso tempo espone chiaramente il magistero della Chiesa sull’ideologia gender e sulle pratiche contrarie alla natura e alla dignità umana, contenuto nei suoi documenti ufficiali e sinteticamente esposto nel Catechismo della Chiesa cattolica» (n. 3). È a questo secondo compito che si dedica prevalentemente la Posizione della Conferenza episcopale polacca sulla questione LGBT+, approvata durante l’Assemblea plenaria dell’episcopato del 28 agosto 2020 (cf. ampiamente Regno-att. 22,2020,677-678). Il testo, che va letto nel contesto della discussione sorta nell’ambito della campagna elettorale per le presidenziali (giugno-luglio 2020), è articolato in 4 capitoli: «I. Sessualità dell’uomo e della donna nella visione cristiana dell’essere umano», «II. I movimenti LGBT+ nella società democratica», «III. Le persone LGBT+ nella Chiesa cattolica» e «IV. La Chiesa di fronte alla posizione delle persone LGBT+ circa l’educazione sessuale dei bambini e dei giovani». Il più ampio e dettagliato è il terzo capitolo, che intende precisare «la questione dell’identità religiosa, dell’atteggiamento morale e dell’appartenenza alla Chiesa» e in particolare della partecipazione alla vita sacramentale «di persone che s’identificano o sostengono questi movimenti».

 

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Il vescovo e l'unità dei cristiani

Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani

«L’impegno ecumenico del vescovo non è una dimensione opzionale del suo ministero, bensì un dovere e un obbligo». Il 4 dicembre 2020 è stato presentato il documento Il vescovo e l’unità dei cristiani. Vademecum ecumenico, opera del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani. Il card. Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio, nel presentare il testo insieme ai cardd. Marc Ouellet, Luis Antonio Tagle e Leonardo Sandri, lo ha definito «una bussola» per indirizzare i vescovi nel cammino ecumenico. Il Vademecum ripercorre le tappe fondamentali del percorso ecumenico: dalla Unitatis redintegratio del Vaticano II all’enciclica Ut unum sint pubblicata nel 1995, fino ai due documenti del Pontificio consiglio, il Direttorio ecumenico e La dimensione ecumenica nella formazione di chi si dedica al ministero pastorale. Il testo, frutto di tre anni di lavoro, si suddivide in due parti principali, dedicate rispettivamente alla promozione dell’ecumenismo nella Chiesa cattolica e alle relazioni con gli altri cristiani. Ogni sottosezione è arricchita da alcune «Raccomandazioni pratiche».

 

Servire un mondo ferito

Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso – Consiglio ecumenico delle Chiese

«Questo documento intende offrire un fondamento cristiano per una solidarietà interreligiosa che può ispirare e confermare, in cristiani di tutte le Chiese, l’impulso a servire un mondo ferito non solo dalla pandemia di COVID-19, ma anche da molte altre piaghe». Il Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC) e il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso hanno pubblicato il 27 agosto scorso un documento congiunto sulla pandemia provocata dal coronavirus. S’intitola La solidarietà interreligiosa al servizio di un mondo sofferente: un appello alla riflessione e all’azione dei cristiani durante e post-COVID-19 e ha lo scopo di stimolare le Chiese e le organizzazioni cristiane a riflettere sull’importanza della solidarietà interreligiosa in un mondo colpito dalla pandemia del COVID-19. «La sfida mondiale di rispondere a questa pandemia ci chiama ad accrescere una consapevole cooperazione ecumenica e interreligiosa».

Il CEC, fondato nel 1948 e con sede a Ginevra, collega più di 550 milioni di cristiani di 350 Chiese protestanti, anglicane, ortodosse e vecchiocattoliche, e s’impegna a mettere in rete le Chiese membri su progetti caritativi, sociali e di sviluppo.

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La nostra responsabilità nazionale

Discorso al Senato della Repubblica

Mario Draghi, presidente del Consiglio dei ministri

«Il primo pensiero che vorrei condividere, nel chiedere la vostra fiducia, riguarda la nostra responsabilità nazionale. Il principale dovere cui siamo chiamati, tutti, io per primo come presidente del Consiglio, è di combattere con ogni mezzo la pandemia e di salvaguardare le vite dei nostri concittadini. Una trincea dove combattiamo tutti insieme. Il virus è nemico di tutti. Ed è nel commosso ricordo di chi non c’è più che cresce il nostro impegno». Con queste parole il 17 febbraio il presidente del Consiglio Mario Draghi ha aperto il proprio discorso programmatico di Governo, rivolgendosi al Senato della Repubblica per chiedere la fiducia dell’aula (che ha ottenuto, con 262 voti a favore).

Il nuovo presidente del Consiglio, già presidente della Banca centrale europea dal 2011 al 2019, ha fissato come principi fondamentali del suo governo l’europeismo e l’atlantismo. Mentre l’orizzonte temporale del progetto di ricostruzione nazionale dopo la pandemia, qui impostato, si estende ad almeno sei anni, la durata cioè del Programma nazionale di ripresa e resilienza: «Oggi noi abbiamo, come accadde ai governi dell’immediato dopoguerra, la possibilità, o meglio la responsabilità, di avviare una nuova ricostruzione».