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Battesimo del Signore

Is 40,1-5.9-11; Sal 104 (103); Tt 2,11-14; 3,4-7; Lc 3,15-16.21-22

Gesù stava in preghiera

«Ed ecco tutto il popolo veniva battezzato» (Lc 3,21); espressione enfatica, se presa alla lettera, ma qualificante se volta ad affermare una solidarietà, dentro la quale si manifestò la peculiarità di una missione: «E Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera» (Lc 3,21). L’apertura del cielo, la discesa dello Spirito Santo in forma di colomba, la voce che proclama una figliolanza unica hanno come presupposto da un lato la condivisione e dall’altro la preghiera.

Al Giordano è la prima volta in cui Luca presenta in modo esplicito il pregare di Gesù. La preghiera è un’apertura, è la creazione di uno spazio vuoto, il solo che è nelle condizioni di ricevere. Dove c’è pieno non c’è posto per altro. Questo tipo di preghiera è personale, ma non individualistica. Nel fiume avviene in mezzo al popolo, ma non è di tutto il popolo.

In Luca la preghiera di Gesù è frequente, prolungata e solitaria: «Ma egli si ritirava il luoghi deserti a pregare» (Lc 5,16). Gesù pregava in posti isolati per prepararsi a compiere la scelta dei Dodici (cf. Lc 6,12-16); per introdurre la professione di fede di Pietro (cf. Lc 9,18); per creare la situazione nella quale fossero i discepoli a chiedergli di apprendere a loro volta a pregare (cf. Lc 11 1). Di tutte queste preghiere ci sono ignote le parole; è come se la creazione di uno spazio accogliente esigesse di non essere riempita neppure di parole. Conosciamo solo quanto detto da Gesù nelle sue ultime preghiere, quando la sua vita volgeva ormai al termine: sono le parole pronunciate sul monte degli Ulivi (cf. Lc 22,39-46) e sulla croce (cf. Lc 23,34.44-46).

La preghiera avvenuta subito dopo il battesimo e immediatamente prima della discesa dello Spirito Santo trova la sua corrispondenza più prossima nell’episodio della Trasfigurazione, che è una specie di secondo battesimo ricevuto prima di iniziare il cammino che avrebbe portato Gesù a patire e a morire in Gerusalemme (cf. Lc 9, 51). Dopo aver preso con sé Pietro, Giovanni e Giacomo, Gesù: «salì sul monte a pregare. Mentre pregava il suo volto cambiò d’aspetto e la veste divenne candida e sfolgorante (...) E dalla nube uscì una voce dal cielo che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’eletto, ascoltatelo”» (Lc 9,28-35). Al Giordano la voce venne dal cielo, sul monte uscì dalla nube che coprì i quattro con la sua ombra; al Tabor il cielo si è abbassato verso la terra, il coinvolgimento reciproco è divenuto più stretto.

Al Giordano la voce proclama: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento [o, secondo una variante ben attestata, “io oggi ti ho generato”» (Lc 3,22; cf. Sal 2,7)]. È l’inizio di tutta la missione di Gesù. La preghiera non è una richiesta, è pura disponibilità ad accogliere la discesa dello Spirito Santo e ad ascoltare la voce del Padre.
Nell’altra opera lucana, gli Atti degli apostoli, Pietro, nel suo discorso a casa di Cornelio, avrebbe affermato che «dopo il battesimo di Giovanni (...) Dio consacrò [alla lettera “unse”] in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret» (At 10,38) per predisporlo alla sua missione. A «ungerlo» non è stato il battesimo di Giovanni, non è stata neppure la preghiera, è stato lo Spirito Santo; tuttavia, se non ci fossero state la solidarietà nel battesimo e l’apertura nella preghiera, lo Spirito non sarebbe sceso o, almeno, non l’avrebbe fatto in quel modo.

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