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Simone e i «malfattori»

Domenica delle palme - Passione del Signore

Is 50,4-7; Sal 21 (22); Fil 2,6-11; Mc 14,1-15,47

In questa Domenica delle palme il testo evangelico che la liturgia propone è la narrazione della passione di Gesù secondo Marco. I temi che si potrebbero trattare sarebbero tanti e tutti decisamente importanti, ma questa volta vorrei soffermarmi su due «dettagli minori», che credo ci possano aiutare a vivere la «memoria» di questo evento che ogni anno si fa presente alla nostra storia, alla nostra realtà e alle nostre particolari vite. 

Il primo dettaglio riguarda un personaggio che Marco descrive in questo modo: «Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo» (Mc 15,21). Nell’uso romano della crocifissione i pali venivano piantati in precedenza e i condannati dovevano portare con sé la traversa a cui sarebbero stati inchiodati per essere poi «innalzati» sul palo. È evidente che Gesù, che aveva appena subito una flagellazione, faceva fatica a trasportare questa traversa che avrebbe fatto parte della sua croce, così, forse non tanto per pietà ma per accelerare i tempi, i soldati costrinsero un «tale che passava» a prendere questo palo e a portarlo per l’ultimo tratto fino al luogo stabilito. 

La cosa strana è proprio il modo dettagliato con cui Marco presenta questa persona, fornendo una serie di informazioni precise: chi era, da dove veniva, e addirittura chi erano i suoi figli. Inoltre questo personaggio, come rapidamente appare, rapidamente sparisce dalla scena e di lui non si sa più nulla. Marco non è il solo a parlare di questo Simone, anche Matteo e Luca ne riportano la notizia, ma non così in dettaglio, mentre in Giovanni non compare affatto. 

Chi era questo Simone? Probabilmente un ebreo proveniente da Cirene – situata nel Nord Africa, nell’attuale Libia –, dove al tempo esisteva una numerosa comunità ebraica, forse di carnagione scura, che si era trasferito a Gerusalemme; il fatto poi che Marco riporta anche i nomi dei suoi figli potrebbe significare che in seguito costoro si siano uniti alla comunità dei seguaci di Gesù. Altri indizi in merito possono ricavarsi dalla menzione, che Paolo fa nella Lettera ai Romani, di un certo Rufo, che potrebbe essere proprio il «Rufo» figlio di Simone, di cui lo stesso Paolo afferma di conoscere anche la madre: «Salutate Rufo, prescelto nel Signore, e sua madre, che è una madre anche per me» (Rm 16,13). O forse i figli di questo Simone potrebbero aver fatto parte di quel gruppo proveniente da «Cipro e Cirene» di cui si parla in Atti 11,19-20, che successivamente alla lapidazione di Stefano si erano recati ad Antiochia. 

Ciò che comunque fa riflettere è proprio l’esperienza che quest’uomo si ritrova a vivere, costretto suo malgrado ad accompagnare Gesù nei suoi ultimi istanti di vita verso la morte.

Il secondo dettaglio è la descrizione della presenza di altre due persone che accanto a Gesù vengono crocifisse: «Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra» (Mc 15,27). La prima cosa da notare, se si prende in mano la Bibbia, è che a questo versetto «27» segue il versetto «29», cioè il versetto 28 non c’è. 

In realtà ci sono alcuni manoscritti antichi che lo riportano, ma la critica testuale ritiene che tale versetto sia un’aggiunta successiva operata per mano dei copisti in «sintonia» con il testo di Lc 22,37; il versetto, così come risulta da questi manoscritti, sarebbe: «E si adempì la Scrittura che dice: e fu annoverato tra i malfattori», un chiaro riferimento a un passo di Isaia: «Ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli» (Is 53,12). 

Al di là delle questioni filologiche, la scena è questa: Gesù, come riportato anche da Luca, Matteo e Giovanni, è in mezzo ad altri due «malfattori», uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra. Il fatto che siano alla destra e alla sinistra non è un dettaglio da poco, se si ricorda che anche Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, volevano ritrovarsi accanto a lui, proprio alla sua destra e alla sua sinistra. Il fatto di trovarsi alla destra o alla sinistra, nella tradizione biblica e successivamente anche rabbinica, indica una posizione di vicinanza e di onore rispetto a chi sta al centro. Così Gesù riceve il suo onore e, allo stesso tempo, rende onore a due «malfattori», e tutto questo non in una sala di un sontuoso palazzo regale, ma appeso a una croce, prossimo alla morte. 

Se poi si riprende in mano proprio il passo di Isaia sopracitato, si ha che in tale scena Gesù porta su di sé «il peccato di molti» e «intercede per i colpevoli». 

Io credo che, oltre ad altri motivi, lo scandalo della croce consista anche in questi dettagli. È uno scandalo che interpella anche oggi: come Simone di Cirene siamo chiamati a portare il peso di chi oggi è condannato a morte, seppur innocente. Siamo invitati a guardare ai conflitti che devastano il nostro mondo con lo sguardo di Gesù, uno sguardo capace di distinguere, e non celare, il male e le atrocità che si commettono per poter davvero «intercedere per i colpevoli», che stiano alla sua destra o alla sua sinistra.

E non dimentichiamo che questo «tipo» di intercessione è l’espressione più alta dell’amore che Gesù realizza per ciascuno di noi, sia che siamo innocenti, sia che siamo «malfattori». Un amore offerto, che per sua natura non potrebbe mai essere imposto, e che attende sempre, per essere accolto, la conversione del cuore, il desiderio di vita e non di morte sia per noi stessi che per tutti «gli altri».

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