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«Tu sei il Cristo»

XXIV domenica del tempo ordinario

Is 50,5-9; Sal 115 (114); Gc 2,14-18; Mc 8,27-35

Il Vangelo di questa domenica è imperniato su due scene: una relativa alla domanda rivolta da Gesù ai discepoli su quanto la gente pensa di lui (cf. Mc 7,27-30), l’altra dedicata al primo annuncio della passione (cf. Mc 7, 31-35).

Una qualche forma di duplicità è però presente anche in ciascuna delle due parti: nella prima si passa dall’opinione della gente all’attestazione di fede di Pietro, nella seconda dallo scandalo provato dal primo tra gli apostoli all’insegnamento rivolto tanto ai discepoli quanto alla folla.

Tuttavia per gli studiosi di narrativa biblica sarebbe utile compiere anche un passo indietro. Per comprendere il brano evangelico odierno si dovrebbe infatti prendere le mosse dalla scena precedente, che poco o nulla sembra avere a che fare con le altre due. Si tratta del brano dedicato a descrivere la strana guarigione del cieco di Betsaida.

Giunto in quella località a Gesù fu portata una persona non vedente; egli lo condusse fuori dal villaggio, poi, con un gesto da taumaturgo popolare, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese cosa vedesse. Questa fu la risposta: «Vedo la gente (anthropoi) perché vedo come degli alberi che camminano». Gesù gli impose ancora le mani; solo allora colui che era stato cieco vide distintamente ogni cosa (cf. Mc 8,22-26). Nel racconto si passa perciò da una cecità completa a una vista confusa, per giungere infine a una visione chiara.

Subito dopo si trova la scena in cui Gesù chiede ai discepoli che cosa la gente (anthropoi) dice di lui. Anche in questo caso la prima risposta è confusa, simile a quella degli alberi che camminano. C’è chi dice Elia, chi Giovanni Battista, chi un altro profeta. Non si tratta di cecità completa, Gesù è colto come una figura eccezionale, tuttavia lo sguardo è ancora incerto. Pure qui, per giungere alla chiarezza occorre un secondo momento costituito dalla risposta di Pietro che vede nitidamente: «Tu sei il Cristo», vale a dire il Messia. Neppure ora sono però fugate tutte le ombre.

La «professione di fede petrina» sottintende un problema: che cosa significa essere Cristo? Gesù lo spiega facendo seguire immediatamente alla risposta dell’apostolo il primo annuncio della sua pasqua di morte e risurrezione.

Ora a diventar confuso è lo sguardo di Pietro. Egli nega che il passaggio attraverso la morte sia degno del Messia. Di fronte a questo fraintendimento occorre intervenire di nuovo per indicare qual è la via da seguire: «Va’ dietro a me Satana!» (Mc 8,33). Al cieco e ai discepoli Gesù aveva comandato di non divulgare rispettivamente la notizia della guarigione e quella della propria condizione messianica; ora invece è giunto il momento di parlare apertamente per dichiarare che cosa esige mettersi alla sequela di Cristo.

Convocata la folla assieme ai discepoli, Gesù indica chiaramente come la logica della croce riguardi in prima persona tutti coloro che decidono di seguirlo: «Se qualcuno vuole venire dietro me, rinneghi se stesso...». Solo perdendo la propria vita infatti la si salverà (cf. Mc 8,34-35). La via ora appare in tutta la sua nettezza. È proprio ciò a spaventare e a spaventarci. Pietro rimproverò Gesù perché presentiva confusamente che quella sorte di cui parlava Cristo riguardava anche i discepoli. Non ci si proponeva solo di scampare Gesù dalla prospettiva della croce, la si voleva evitare anche a sé stessi.

L’orizzonte è ormai aperto davanti a noi: per seguire Gesù occorre rinnegare sé stessi, se non lo si fa si rinnega lui. A indicarlo è proprio la figura di Pietro: nella notte in cui si compie quanto è ora preannunciato sarà lui a rinnegare (cf. Mc 14,30-31.72). Ma rispetto al primo fra i discepoli, per ciascuno di noi vale quanto è scritto nel Vangelo di Giovanni: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra» (Gv 8,7).

Commenti

  • 19/09/2018 pierd.sim@live.it

    Penso che per "portare il palo (stauros) di tortura" come Gesù, si debba iniziare a sfogliare/leggere/studiare la Parola di Dio. Intendo farlo personalmente, non accontentandosi di una funzione domenicale, ma applicando il senso del Salmo 1:1-3. In questo modo potremmo toccare con mano la verità espressa da Paolo in 2 timoteo 3:16,17. Piero

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