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Voi stessi date loro da mangiare

Santissimo corpo e sangue di Cristo

Gen 14,18-20; Sal 110 (109); 1Cor 11,23-26; Lc 9,11-17

«Voi stessi date loro da mangiare» (Lc 9,13). Al centro del Vangelo di oggi c’è un ordine impossibile, ironico o realistico? Gesù aveva inviato i Dodici ad annunciare il regno di Dio e a guarire le malattie; mai una cosa senza l’altra, il risanamento è preannuncio del Regno, e il Regno è il grande risanamento (cf. Lc 9,1-6). Al loro ritorno gli apostoli raccontano a Gesù tutto quanto avevano compiuto: «Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso la città chiamata Betsàida» (Lc 9,10). Quando si è chiamati ad annunciare il Regno non è dato però limitarsi ai resoconti e ai bilanci; davanti agli inviati si dischiude sempre uno spazio ancora aperto. Le folle vennero a conoscenza di quella collocazione appartata. Andarono anch’esse là. Gesù le accolse e prese a parlare loro del Regno e a guarire i malati; compie cioè in prima persona quanto aveva chiesto ai Dodici di attuare.

Gesù accoglie e non respinge. Non era andato a ricercare la gente, al contrario assieme ai Dodici aveva cercato una qualche forma d’isolamento. Eppure quando si trova di fronte alla moltitudine che lo cerca non esita ad accoglierla. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici, rivolti a Gesù, dissero: «Congeda la folla» (Lc 9,12). Tenendo conto di un uso specifico del verbo qui impiegato (apolyo: cf. Mt 1,19; 5,31; 19,3), si potrebbe forzare l’espressione e tradurre: «Ripudia la folla». Gli apostoli quando dichiararono che la gente doveva trovare altrove il proprio cibo non intendevano essere brutali; tuttavia il ricorso al verbo «ripudiare» renderebbe efficacemente l’idea della rottura di un patto, sia pure non scritto, suggellato da un reciproco accoglimento (nel capitolo precedente Luca aveva scritto che era stata la folla ad accogliere Gesù; Lc 8,40).

«Voi stessi date loro da mangiare» indica che non si è nelle condizioni di sottrarsi a un compito anche quando eccede le nostre forze? Anche quando ci si sente, anzi si è, impotenti non è dato di dire semplicemente agli altri di cavarsela da soli? Ci è precluso di imporre alle folle di tornare indietro verso i loro paesi a cercare un improbabile cibo? O forse l’ordine attesta che se si è disposti a condividere quel poco che si ha (cinque pani e due pesci) le risorse si moltiplicano al di là del prevedibile? È comando ironico per affermare: rendetevi conto che da soli non potete far nulla, ma se confidate nell’opera di Gesù siete nelle condizioni di far tutto? In altri termini, è come se Gesù dicesse: abbiate il coraggio di offrire la povertà delle vostre risorse e da questo gesto nascerà quanto non immaginate.

La liturgia propone la lettura di questo brano evangelico nella solennità del corpo e del sangue di Cristo. La scelta impone una trascrizione dell’episodio in chiave eucaristica. Essa non implica in alcun modo di simbolizzare l’accoglienza e la condivisione interumane attestate dalla moltiplicazione dei pani e dei pesci. Quanto rende appropriato ascoltare oggi questo brano evangelico è il fatto che accoglienza e condivisione sono componenti fondamentali anche della mensa eucaristica.

Di fronte a questo fatto è doveroso chiedersi se alcune Chiese cristiane non si comportino come i Dodici e dicano ai presenti di andare a cercare il cibo altrove. L’ospitalità eucaristica tra le Chiese che hanno la fede nello stesso Signore Gesù Cristo è lungi dall’essere universalmente accettata e praticata. Il quadro è articolato, esistono sia inviti sia proibizioni. Gli uni e le altre hanno le loro ragioni. Ci si può chiedere però se chi – persino all’interno della propria Chiesa – assume un atteggiamento paragonabile a quello che invita a congedare le folle abbia davvero prestato ascolto al successivo ordine di Gesù: «Voi stessi date loro da mangiare».

       Che il Signore Gesù inviti tutti alla sua mensa è certezza di fede; tuttavia l’offerta, proprio come avvenne nel caso della moltiplicazione dei pani e dei pesci, è mediata da autorità umane; queste ultime devono ascoltare come fosse rivolto a loro l’imperativo di dare da mangiare. Per farlo sono obbligate a offrire quel poco che hanno (simboleggiato dai cinque pani e due pesci). Si tratta del povero patrimonio di Chiese divise che, se fosse unito e offerto, consentirebbe a tutti i presenti, grazie al Signore, di partecipare a una mensa sovrabbondante.

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