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Documenti, 11/2020, 01/06/2020, pag. 350

Evitare una tragedia in Amazzonia

Rete ecclesiale panamazzonica (REPAM)

La tragedia «umanitaria e ambientale» che sta vivendo l’Amazzonia, a causa sia della pandemia di COVID-19, sia dell’azione predatoria a cui è sottoposta profittando del particolare momento, ha spinto il Comitato direttivo della Rete ecclesiale panamazzonica (REPAM), di cui è presidente il card. Cláudio Hummes, a pubblicare il 18 maggio scorso un comunicato che invita l’intera società civile, la Chiesa cattolica, le confessioni e religioni che hanno a cuore la cura del creato, le istituzioni internazionali per i diritti umani, la comunità scientifica, gli artisti e tutti gli uomini di buona volontà a unire i propri sforzi. Siamo in «una situazione di emergenza che preoccupa enormemente», scrive il segretario esecutivo Mauricio López Oropeza, presentando il testo: «I popoli indigeni hanno un tasso di mortalità molto più alto del resto del mondo e della regione», perché hanno una protezione immunologica inferiore, minore accesso al sistema sanitario «e sono in molti modi abbandonati dallo stato». La REPAM «prende posizione», prosegue López, con un comunicato elaborato soprattutto grazie «alle informazioni che arrivano quotidianamente da una Chiesa impegnata, che si sta giocando la vita».

Stampa (18.5.2020) da sito web redamazonica.org. Nostra traduzione dallo spagnolo.

Collasso strutturale in Amazzonia

     Un’enorme onda d’urto, di proporzioni mai viste prima, sta devastando l’Amazzonia, in due ambiti che si combinano in maniera brutale: la pandemia di COVID-19, che colpisce i più vulnerabili, e l’aumento incontrollato della violenza nei territori. Il dolore e il lamento dei popoli e della terra si fondono in uno stesso grido.

     «I popoli indigeni hanno chiesto che la Chiesa sia un’alleata, una Chiesa che stia accanto a loro, una Chiesa che appoggi le loro decisioni, quello che desiderano e come intendono costruire il proprio futuro in questo momento così difficile della pandemia» (card. Cláudio Hummes).

     Nei vari paesi della Panamazzonia la Chiesa fa eco agli appelli e alle richieste di aiuto, in un contesto che minaccia la sopravvivenza di questo bioma, delle comunità e dei villaggi indigeni.

     In Bolivia[1] i popoli indigeni accusano il governo di mancanza di coordinamento e di consultazione nella prevenzione e nella lotta contro la pandemia; sottolineano inoltre che tutte le informazioni non sono diffuse negli idiomi originari, riconosciuti dalla Costituzione.

     In Colombia[2] i vescovi riconoscono l’impegno del governo, ma sottolineano che «i popoli indigeni, i contadini e gli afrodiscendenti sono i gruppi maggiormente a rischio, poiché si trovavano già in una situazione di povertà strutturale, in condizioni di insicurezza alimentare e di denutrizione, senza accesso al sistema sanitario e all’acqua potabile».

     L’insicurezza alimentare dei popoli indigeni è motivo di preoccupazione anche in Venezuela,[3] dove queste popolazioni si sentono minacciate dal possibile contagio derivante dalle attività minerarie illegali nei propri territori e dal transito dei migranti venezuelani, persone estranee a quei territori che li attraversano per fare rientro ai propri luoghi di origine. I popoli indigeni stanno prendendo misure di isolamento, amministrazione e controllo del territorio, come l’ampliamento delle coltivazioni nelle proprie terre da parte delle comunità, per garantirsi l’autosufficienza alimentare.

     In Brasile, 32 procuratori del Ministero pubblico federale[4] dichiarano che «lo scenario di rischio di genocidio tra i popoli indigeni richiede interventi di emergenza da parte di organismi ed enti pubblici». La Mobilitazione nazionale indigena sostiene che esiste «un chiaro intento del governo nell’evitare che il Sottosistema sanitario indigeno funzioni».[5]

     In Perù c’è preoccupazione per la situazione di vari popoli amazzonici, tra cui molti indigeni, che sono emigrati nelle città in cerca di lavoro e sono totalmente indifesi. I vescovi dell’Amazzonia peruviana[6] esortano le autorità ad appoggiare il loro ritorno alle comunità di origine e a garantire che ciò avvenga conformemente ai protocolli stabiliti dal Ministero della salute.

     L’Alleanza dei parlamentari indigeni dell’America Latina sollecita l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) a raccomandare ai paesi della regione di dare priorità a misure specifiche che garantiscano la protezione della vita dei popoli indigeni a fronte della grave pandemia mondiale.

     Il Coordinamento delle organizzazioni indigene del bacino amazzonico (COICA) sollecita contributi a un Fondo di emergenza per l’Amazzonia, con l’obiettivo di proteggere i 3 milioni di abitanti della selva tropicale che sono vulnerabili rispetto al nuovo coronavirus.

     La Chiesa cattolica, dal canto suo, ha compiuto il massimo sforzo per contribuire, in particolare attraverso le Caritas di ogni regione, con risorse materiali ed economiche, così come con il sostegno sociale e spirituale.

Il virus della violenza e del saccheggio
dell’Amazzonia

     Oltre al citato attacco devastatore dell’Amazzonia, un altro virus continua a minacciare le persone e la foresta. Il Fronte parlamentare misto per i diritti dei popoli indigeni in Brasile denuncia: «Anche quando la pandemia sta frenando l’economia, l’estrazione mineraria e la deforestazione illegale nelle terre indigene della regione proseguono in pieno apogeo».[7]

     In Ecuador,[8] la Rete ecclesiale panamazzonica (REPAM) denuncia la rottura del Sistema di oleodotto transecuatoriano (SPOTE) e dell’Oleodotto dei greggi pesanti (OCP), avvenuta il giorno 7 aprile 2020, che ha provocato un grave sversamento di petrolio e colpito circa 97.000 persone che vivono sulle rive dei fiumi Coca e Napo.

     I 67 vescovi dell’Amazzonia del Brasile associano l’attuale crisi socio-ambientale di questo bioma con la notevole riduzione delle ispezioni e il continuo indirizzo politico del governo federale contro la protezione ambientale e le aree indigene protette dalla Costituzione federale. Possiamo intravvedere «un’immensa tragedia umanitaria causata da un collasso strutturale».[9]

     I vescovi denunciano in particolare i progetti di legge volti a consentire l’estrazione mineraria in terre indigene e i disegni parlamentari che tentano di ridefinire la regolarizzazione della terra in Brasile, le quali sopprimono la riforma agraria, l’attribuzione dei territori dei popoli indigeni e tradizionali, per favorire l’accaparramento di terre, la deforestazione e le attività predatorie, regolarizzando occupazioni illegali volte all’estrazione e all’agro-industria in terre indigene.

     L’estrazione mineraria preoccupa anche il Policy Forum della Guyana, che denuncia attività estrattive che distruggono la foresta, nonché la circolazione di minatori e altri addetti, che costituiscono un pericoloso veicolo di contagio per le comunità dell’interno del paese. L’estrazione dell’oro è stata dichiarata dal governo attività essenziale a causa della recessione provocata dal COVID-19 e dell’aumento mondiale del prezzo di questo metallo.

     Commentando il preoccupante aumento della violenza nelle campagne, la Commissione pastorale della terra (CPT)[10] afferma che nel 2019 la stragrande maggioranza degli omicidi dovuti a conflitti rurali in Brasile (84%) ha avuto luogo in Amazzonia.

     A motivo di queste denunce, in vari contesti della Panamazzonia la Chiesa è stata calunniata e attaccata, come è recentemente accaduto con le vergognose e infondate accuse, che rigettiamo, da parte della Fondazione nazionale indigena (FUNAI - Organo del governo federale brasiliano) contro il Consiglio indigenista missionario (CIMI - Organo della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile).[11]

Azione globale in difesa dell’Amazzonia

     La cura delle persone e la cura degli ecosistemi sono inseparabili. «La saggezza dei popoli originari dell’Amazzonia “ispira cura e rispetto per il creato, con una chiara consapevolezza dei suoi limiti, proibendone l’abuso. Abusare della natura significa abusare degli antenati, dei fratelli e delle sorelle, della creazione e del Creatore, ipotecando il futuro”. Gli indigeni, “quando rimangono nei loro territori, sono quelli che meglio se ne prendono cura”» (Querida Amazonia, n. 42; Regno-doc. 5,2020,137).

     Siamo in un momento decisivo per l’Amazzonia e per il mondo, un momento di gestazione di nuove relazioni ispirate all’ecologia integrale o alla perdita dei sogni del Sinodo, se la paura, gli interessi e la pressione di chi possiede i grandi capitali impongono sempre più fortemente il modello di un’«economia che uccide» (Evangelii gaudium, n. 53).

     Papa Francesco lancia un appello urgente alla solidarietà planetaria: «Non è questo il tempo dell’indifferenza (…) degli egoismi (…) delle divisioni (…) della dimenticanza. La crisi che stiamo affrontando non ci faccia dimenticare tante altre emergenze che portano con sé i patimenti di molte persone».[12]

     José Gregorio Díaz Mirabal, membro del popolo Wakuenai Kurripako, originario dell’Amazzonia venezuelana e coordinatore generale della COICA, alleato vicino alla REPAM, così riassume: «È un appello di popoli indigeni dell’Amazzonia, perché ci stanno ignorando».

     La REPAM invoca un’azione unitaria da parte dei popoli indigeni dell’Amazzonia, della società civile della Panamazzonia e del mondo intero, della Chiesa cattolica e di tutte le denominazioni religiose preoccupate della cura del creato, dei governi, delle istituzioni internazionali per i diritti umani, della comunità scientifica, degli artisti e di tutte le persone di buona volontà, affinché si uniscano gli sforzi in difesa della «Querida Amazonia, con tutto il suo splendore, il suo dramma e il suo mistero» (Querida Amazonia, n. 1; Regno-doc. 5,2020,129).

 

     Quito - Ecuador, 18 maggio 2020.

 

Comitato direttivo della REPAM:

Claudio card. Hummes OFM,

presidente

Pedro card. Barreto Jimeno SJ,

vicepresidente

Mauricio López Oropeza,

segretario esecutivo

 

[1] Pronunciamento delle popolazioni indigene della pianura boliviana a fronte dell’emergenza sanitaria di Covid-19, 28.04.2020.

[2] Comunicato dei vescovi della Amazonía e Orinoquía colombiana Alle autorità e a tutta la cittadinanza della Colombia, 1.5.2020.

[3] Minerva Vitti - Centro Gumilla e REPAM Venezuela.

[4] COVID-19: Il MPF raccomanda azioni di emergenza per proteggere la salute delle popolazioni indigene, disponibile all’indirizzo: http://www.mpf.mp.br/df/sala-de-imprensa/noticias-df/covid-19-2013-mpf-recomenda-acoes-emergenciais-de-protecao-a-saude-dos-povos-indigenas.

[5] https://cimi.org.br/2020/04/nota-mobilizacao-nacional-indigena-exige-medidas-urgentes-em-defesa-da-saude-e- da-vida-dos-povos-originarios-do-brasil/

[6] Vescovi dei vicariati apostolici dell’Amazzonia peruviana, Alle autorità e a tutta la cittadinanza del Perù, 22.4.2020.

[7] Lettera aperta del Fronte parlamentare congiunto per la difesa dei diritti dei popoli indigeni al Direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, 5.5.2020.

[8] https://redamazonica.org/2020/04/repam-ecuador-derramamiento-de-petroleo-en-la-amazonia/

[9] Vescovi dell’Amazzonia brasiliana, Nota sulla situazione dei popoli e della foresta in tempo di pandemia COVID-19.

[10] https://www.cptnacional.org.br/publicacoes-2/destaque/5167-conflitos-no-campo-brasil-2019.

[11]http://www.funai.gov.br/index.php/comunicacao/noticias/6079-osfatos.

[12] Messaggio Urbi et orbi, 12.4.2020.

Tipo Documento
Tema Ecologia Pastorale - Liturgia - Catechesi
Area AMERICA LATINA AMERICHE
Nazioni