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Attualità
Attualità, 8/2017, 15/04/2017, pag. 245

Economia - A 10 anni dalla grande recessione: una crisi di modelli

Stefania Tomasini

A che punto è la crisi? A dieci anni dall’avvio della peggiore crisi finanziaria (poi economica e sociale) dell’ultimo secolo, l’Europa e l’Italia fanno i conti con la necessità di trovare un nuovo e più adeguato modello di sviluppo. Offriamo qui un breve bilancio della crisi, con un focus particolare sull’Italia. Mentre l’economia mondiale complessivamente è ripartita ed è cresciuta del 30%, e gli Stati Uniti (all’origine della grande recessione) hanno recuperato e accresciuto il loro PIL (+12% rispetto ai livelli pre-crisi), diversa e disomogenea è la situazione europea: si va dalla Germania a +9%, alla Grecia -26%. Il segno positivo dell’Italia non ha recuperato i livelli di crescita precedenti la crisi e rimane sotto del 7%, zavorrata da un debito che consuma il 5% del PIL per i soli interessi. Soprattutto per il nostro paese s’impone la ricerca di un nuovo modello di crescita. La situazione precedente il 2007 vedeva un modello trainato dagli investimenti in costruzioni e con un apporto rilevante della spesa pubblica. Ai nostri limiti strutturali (l’esperienza precedente non può essere riprodotta) si aggiungono a livello internazionale nuovi fenomeni radicalizzati dall’indebolimento della globalizzazione al ritorno del protezionismo, all’allentamento del libero commercio. Il nostro è un percorso strettissimo anche a fronte di problemi economico-sociali irrisolti (si pensi al Mezzogiorno) e alla permanenza di sacche di povertà o d’impoverimento.

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Economia italiana: i conti dell’incertezza

Stefania Tomasini

Anche quest’anno Stefania Tomasini (Prometeia) fa il punto sulla congiuntura economica italiana, nel contesto della situazione internazionale. Un excursus che tocca le «sfide più contingenti, i dazi, e quelle più strutturali, dalla demografia alla tecnologia al clima». Particolarmente approfondito è il riferimento alla transizione demografica e alle sue molteplici implicazioni: l’incidenza su tutte le componenti del reddito pro-capite, «le scelte della famiglie in termini di consumo e di risparmio», la grande ondata di trasferimenti patrimoniali man mano che usciranno dalla popolazione le coorti dei baby boomer. Nell’insieme, conclude lo studio, si tratta di sfide da affrontare con scelte politiche e istituzionali. «Sarebbe necessario un “salto di qualità”, perché gli usuali strumenti avranno le armi spuntate». Mentre qualora l’Europa «non procedesse verso una maggiore condivisione, a partire dalla politica commerciale e della difesa per arrivare alle politiche per rilanciarne competitività e produttività», si dovrebbe parlare di «un’occasione persa».

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- Economia: all’altezza delle sfide

Stefania Tomasini

Dopo 4 anni in cui abbiamo superato crisi (non solo economiche) senza precedenti, il momento che stiamo vivendo si caratterizza – scrive Stefania Tomasini, senior partner di Prometeia – «per un eccezionale intreccio di questioni in gioco e, di conseguenza, di piani di analisi, che vanno oltre gli aspetti più congiunturali – come si uscirà dalla crisi inflazionistica – e abbracciano temi di medio-lungo periodo». Le principali sfide che l’Italia in modo particolare e l’area euro in generale si trovano davanti sono riassumibili con un acronimo: «5 D». Si tratta della «deglobalizzazione, demografia, digitalizzazione, decarbonizzazione e del debito». Ne consegue che «la dimensione della politica economica, o meglio della politica tout court, è essenziale» sia per il nostro paese sia per l’Europa. Tuttavia, «forse la consapevolezza dell’urgenza delle sfide non è così diffusa». 

È quindi utile considerare alcune «importanti analisi – Isabel Schnabel, Enrico Letta e Mario Draghi – che conducono a concludere che senza un massiccio piano di investimenti deciso e coordinato a livello europeo il nostro continente rischia di rimanere spiazzato nelle potenzialità
di crescita e nella sicurezza».

 

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Economia italiana: quando la crisi è la norma

Stefania Tomasini

«Se il 2021 era stato l’anno del rimbalzo fuori dalla crisi pandemica, il 2022 avrebbe dovuto rappresentare l’anno della normalizzazione ». E invece sembra proprio che «i cigni neri» diventino la norma: lo scoppio della guerra in Ucraina ha nuovamente e repentinamente cambiato il quadro. Nel 2023 ci sono segnali positivi, come la «crescita del settore delle costruzioni», la «ripresa del turismo e, più in generale, [il] desiderio delle persone di tornare alla vita sociale di sempre». Ma ci sono anche segnali negativi, come l’aumento dei prezzi e in particolare dell’inflazione, «fenomeni che non si osservavano dagli anni Ottanta». E «un’inflazione dell’8% per un anno intero equivale alla perdita di potere d’acquisto di una mensilità» per le famiglie. Sono quindi necessari interventi di politica monetaria ma anche politiche di contrasto delle debolezze strutturali dell’Italia che, anche grazie al PNRR, potrebbero venire sanate: la fragilità idrogeologica del territorio (l’alluvione in Romagna e il cambiamento climatico in generale sono un allarme non più ignorabile) e il gravissimo declino demografico, per contrastare il quale il tempo si è fatto molto breve.