A
Attualità
Attualità, 8/2018, 15/04/2018, pag. 245

Economia italiana: la ripresa che non sentiamo

Stefania Tomasini

Per l’Italia il 2017 si è chiuso registrando una crescita del PIL dell’1,5%, uno dei migliori risultati degli ultimi 15 anni, e il 2018 si
preannuncia come un anno di tenuta. Vi è «un miglioramento netto a livello macroeconomico, documentato da tutte le statistiche – scrive Stefania Tomasini di Prometeia –, ma che non è entrato nella percezione quotidiana della maggioranza degli italiani». I risultati delle elezioni parlamentari (cf. in questo numero a p. 193) evidenziano un grado d’insoddisfazione molto elevato su due fronti. Il primo è quello del confronto col passato: non sono state recuperate le perdite subite negli ultimi 10 anni di crisi. Il secondo è quello «dell’ampliamento dei divari che caratterizzano strutturalmente l’Italia, quelli territoriali e quelli nella distribuzione del reddito e della ricchezza: i 10 anni di crisi hanno allargato i solchi e hanno pesato maggiormente su coloro che già erano in una posizione svantaggiata». Il paese è quindi «ferito e diviso».

La lettura dell'articolo è riservata agli abbonati a Il Regno - attualità e documenti o a Il Regno digitale.
Gli abbonati possono autenticarsi con il proprio codice abbonato. Accedi.

Leggi anche

Attualità, 2022-12

Economia italiana, COVID-19 e guerra in Ucraina. La crisi dentro la crisi

Stefania Tomasini

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, «che aveva già portato a forti tensioni sui mercati del gas metano e del petrolio», ha prodotto anche per l’Italia uno scenario «molto complesso, che spazia da temi più strettamente economici e congiunturali a temi che rimandano a fenomeni con implicazioni nel lungo periodo (dalla transizione demografica alla transizione energetica ed ecologica a quella digitale)». In queste pagine offriamo «qualche elemento di documentazione e riflessione circoscritto alle implicazioni economiche, già queste molte e articolate», partendo dalla situazione congiunturale prima dell’invasione dell’Ucraina, valutando successivamente i possibili canali di trasmissione dell’impatto della guerra, per chiudere con alcune prime considerazioni sulle possibili implicazioni nel più lungo periodo, incentrate su una domanda fondata e meritevole d’attenzione per il futuro del paese e non solo: «L’eccezionalità della doppia crisi rappresentata dalla pandemia, prima, e dalla guerra in Europa, ora, rischia di porre fine a questo lungo periodo di stabilità dei prezzi?».

 

Attualità, 2021-12

L’economia italiana nel dopo-COVID. Recuperare il futuro

Stefania Tomasini

I fondi del piano Next Generation EU (NGEU) «rappresentano certamente un fondamentale strumento per uscire dalla crisi pandemica, e sono forse ancora più importanti in una prospettiva di medio termine» come un’occasione davvero unica, per l’Italia, di «intraprendere quell’ammodernamento delle infrastrutture, materiali e immateriali, da molto tempo frenato da vincoli strutturali e da carenza di risorse». A queste conclusioni, alle quali l’opinione pubblica italiana pare spesso aderire in forma superficiale o comunque poco consapevole, si giunge qui al termine di un’analisi economica che parte dal bilancio dell’anno appena trascorso («gravissimo» ma che «sarebbe stato molto peggiore se le politiche economiche non fossero intervenute prontamente e massicciamente»), per poi passare a considerare gli aspetti salienti del NGEU e del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che lo declina rispetto al nostro paese, con il suo corollario di riforme strutturali. Queste comprendono, esplicitamente o implicitamente: le lentezze e inadeguatezze della pubblica amministrazione e la riforma della giustizia civile e penale, la sanità, di cui la pandemia ha evidenziato carenze e squilibri territoriali, l’istruzione (data la necessità di potenziare le competenze della forza lavoro), il sistema fiscale.

Attualità, 2020-8

Economia: una risposta comune

Il sistema economico davanti alla pandemia

Stefania Tomasini

Nel 2020, a causa della pandemia di COVID-19, si stima che il PIL mondiale diminuirà di 1,6% e quello italiano del 6,5%, cioè in misura superiore anche rispetto ai principali partner europei, sia perché, «essendo stato il primo paese a essere colpito al di fuori della Cina, ha dovuto “sperimentare sul campo” le misure da adottare», sia perché «il supporto della finanza pubblica è inferiore». È questa la previsione alla quale si approda dopo aver analizzato tanto gli effetti diretti della diffusione del virus sull’attività economica quanto quelli indiretti, nonché i provvedimenti già assunti, in particolare in Italia (il decreto «Cura Italia» e il decreto «Liquidità»), a sostegno dei redditi delle famiglie e della liquidità delle imprese, specie di quelle più piccole. Si apre dunque «uno scenario di forte impegno per i conti pubblici di tutti i paesi più direttamente colpiti e del nostro paese in modo particolare». L’Italia dunque potrebbe ritrovarsi «nel 2022 con un PIL più basso rispetto al profilo pre COVID-19 del 4% e con un debito pubblico più elevato di 15 punti percentuali», se mancassero interventi coordinati a livello europeo: non solo e non tanto con la politica monetaria, quanto attraverso lo «strumento prioritario» della politica fiscale. «La natura dello shock, simmetrico ed esogeno, richiama la necessità di una risposta comune».