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Attualità
Attualità, 8/2020, 15/04/2020, pag. 247

Economia: una risposta comune

Il sistema economico davanti alla pandemia

Stefania Tomasini

Nel 2020, a causa della pandemia di COVID-19, si stima che il PIL mondiale diminuirà di 1,6% e quello italiano del 6,5%, cioè in misura superiore anche rispetto ai principali partner europei, sia perché, «essendo stato il primo paese a essere colpito al di fuori della Cina, ha dovuto “sperimentare sul campo” le misure da adottare», sia perché «il supporto della finanza pubblica è inferiore». È questa la previsione alla quale si approda dopo aver analizzato tanto gli effetti diretti della diffusione del virus sull’attività economica quanto quelli indiretti, nonché i provvedimenti già assunti, in particolare in Italia (il decreto «Cura Italia» e il decreto «Liquidità»), a sostegno dei redditi delle famiglie e della liquidità delle imprese, specie di quelle più piccole. Si apre dunque «uno scenario di forte impegno per i conti pubblici di tutti i paesi più direttamente colpiti e del nostro paese in modo particolare». L’Italia dunque potrebbe ritrovarsi «nel 2022 con un PIL più basso rispetto al profilo pre COVID-19 del 4% e con un debito pubblico più elevato di 15 punti percentuali», se mancassero interventi coordinati a livello europeo: non solo e non tanto con la politica monetaria, quanto attraverso lo «strumento prioritario» della politica fiscale. «La natura dello shock, simmetrico ed esogeno, richiama la necessità di una risposta comune».

 

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Economia italiana: i conti dell’incertezza

Stefania Tomasini

Anche quest’anno Stefania Tomasini (Prometeia) fa il punto sulla congiuntura economica italiana, nel contesto della situazione internazionale. Un excursus che tocca le «sfide più contingenti, i dazi, e quelle più strutturali, dalla demografia alla tecnologia al clima». Particolarmente approfondito è il riferimento alla transizione demografica e alle sue molteplici implicazioni: l’incidenza su tutte le componenti del reddito pro-capite, «le scelte della famiglie in termini di consumo e di risparmio», la grande ondata di trasferimenti patrimoniali man mano che usciranno dalla popolazione le coorti dei baby boomer. Nell’insieme, conclude lo studio, si tratta di sfide da affrontare con scelte politiche e istituzionali. «Sarebbe necessario un “salto di qualità”, perché gli usuali strumenti avranno le armi spuntate». Mentre qualora l’Europa «non procedesse verso una maggiore condivisione, a partire dalla politica commerciale e della difesa per arrivare alle politiche per rilanciarne competitività e produttività», si dovrebbe parlare di «un’occasione persa».

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Dopo 4 anni in cui abbiamo superato crisi (non solo economiche) senza precedenti, il momento che stiamo vivendo si caratterizza – scrive Stefania Tomasini, senior partner di Prometeia – «per un eccezionale intreccio di questioni in gioco e, di conseguenza, di piani di analisi, che vanno oltre gli aspetti più congiunturali – come si uscirà dalla crisi inflazionistica – e abbracciano temi di medio-lungo periodo». Le principali sfide che l’Italia in modo particolare e l’area euro in generale si trovano davanti sono riassumibili con un acronimo: «5 D». Si tratta della «deglobalizzazione, demografia, digitalizzazione, decarbonizzazione e del debito». Ne consegue che «la dimensione della politica economica, o meglio della politica tout court, è essenziale» sia per il nostro paese sia per l’Europa. Tuttavia, «forse la consapevolezza dell’urgenza delle sfide non è così diffusa». 

È quindi utile considerare alcune «importanti analisi – Isabel Schnabel, Enrico Letta e Mario Draghi – che conducono a concludere che senza un massiccio piano di investimenti deciso e coordinato a livello europeo il nostro continente rischia di rimanere spiazzato nelle potenzialità
di crescita e nella sicurezza».

 

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Economia italiana: quando la crisi è la norma

Stefania Tomasini

«Se il 2021 era stato l’anno del rimbalzo fuori dalla crisi pandemica, il 2022 avrebbe dovuto rappresentare l’anno della normalizzazione ». E invece sembra proprio che «i cigni neri» diventino la norma: lo scoppio della guerra in Ucraina ha nuovamente e repentinamente cambiato il quadro. Nel 2023 ci sono segnali positivi, come la «crescita del settore delle costruzioni», la «ripresa del turismo e, più in generale, [il] desiderio delle persone di tornare alla vita sociale di sempre». Ma ci sono anche segnali negativi, come l’aumento dei prezzi e in particolare dell’inflazione, «fenomeni che non si osservavano dagli anni Ottanta». E «un’inflazione dell’8% per un anno intero equivale alla perdita di potere d’acquisto di una mensilità» per le famiglie. Sono quindi necessari interventi di politica monetaria ma anche politiche di contrasto delle debolezze strutturali dell’Italia che, anche grazie al PNRR, potrebbero venire sanate: la fragilità idrogeologica del territorio (l’alluvione in Romagna e il cambiamento climatico in generale sono un allarme non più ignorabile) e il gravissimo declino demografico, per contrastare il quale il tempo si è fatto molto breve.