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Attualità
Attualità, 8/2021, 15/04/2021, pag. 205

Italia - Sinodo: il rischio e la necessità

La CEI discuterà a maggio un possibile percorso sinodale

Gianfranco Brunelli

Tutto si deciderà nel prossimo maggio, all’Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana (CEI), la prima in presenza dopo oltre un anno di pandemia di COVID. Lì si decideranno i tempi e le modalità, il quando e il come di un eventuale sinodo nazionale della Chiesa italiana. L’ultimo Consiglio permanente (22-24 marzo scorso) ha convenuto che la Presidenza presenti all’Assemblea dei vescovi un breve documento per chiedere lumi.

 

Tutto si deciderà nel prossimo maggio, all’Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana (CEI), la prima in presenza dopo oltre un anno di pandemia di COVID. Lì si decideranno i tempi e le modalità, il quando e il come di un eventuale sinodo nazionale della Chiesa italiana. L’ultimo Consiglio permanente (22-24 marzo scorso) ha convenuto che la Presidenza presenti all’Assemblea dei vescovi un breve documento per chiedere lumi.

Scommettere sul popolo di Dio

Le indecisioni sono tante ed è sin qui mancata una sintesi. Non solo hanno fatto problema il lato organizzativo, i tempi di durata, le modalità celebrative, ma soprattutto il timore che lo strumento sfugga di mano. Il caso tedesco accresce i già forti dubbi che chiamare a raccolta il popolo di Dio e dargli in qualche modo la parola sortisca poi un effetto dibattito su temi verso i quali non si vuole andare. Ci si dimentica che in Germania il problema sorto sia sui temi etici, sia su quelli istituzionali è scaturito soprattutto all’interno della Conferenza episcopale (fortemente divisa) più che nell’assemblea dei fedeli. Le due assemblee episcopali, quella italiana e quella tedesca, si somigliano assai poco.

In Italia inoltre non è mai scaturito neppure un vero e proprio dibattito sulla questione sinodale: né a livello di opinione pubblica ecclesiale, né a livello di esperti. Le richieste e le riflessioni sono rimaste sostanzialmente sul tavolo di chi le aveva proposte. E dunque il significato di un sinodo andrebbe – come abbiamo sottolineato più volte – tutto nella costruzione di un percorso di evangelizzazione interna, guidato dalla leadership episcopale, cioè dall’alto. E qui sta l’altro problema: la difficoltà della CEI di guidare un percorso e proporre una sintesi.

Quale CEI? A maggio scadono 2 dei 3 vicepresidenti e tra un anno scade anche il presidente Gualtiero Bassetti. La tentazione di rimandare ancora è forte.

Poi ci sono i tempi (un anno? Più anni?) che incidono sulle stesse modalità. Il 2022 vedrà la celebrazione di un Sinodo ordinario della Chiesa universale proprio sul tema della «sinodalità». Per il 2025 papa Francesco ha indetto il nuovo giubileo.

Di qui le parole caute e aperte a diverse interpretazioni e soluzioni contenute sia nella prolusione del cardinale presidente Bassetti, sia nel comunicato finale del Consiglio permanente. «In quest’ottica – recita il comunicato finale – il cammino sinodale, sollecitato da papa Francesco, non si configura come un percorso precostituito, ma come un processo, scandito dal ritmo della comunione, da slanci e ripartenze. Se la grande sfida è la conversione missionaria della pastorale e delle comunità, ciò che serve è un metodo sinodale che aiuti a mettere a fuoco il mutamento in corso, a intercettare le istanze delle diverse componenti del popolo di Dio, a valorizzare le peculiarità pastorali delle regioni ecclesiastiche e delle diocesi, delle parrocchie e delle realtà ecclesiali tenendo in considerazione la storia, la ricchezza e i bisogni dei rispettivi contesti. Sarà importante, per questo, mettersi in ascolto attento delle persone e dei territori per entrarvi in relazione, coglierne le paure e le attese, scorgervi la presenza di Dio. Più che un contenuto, il cammino sinodale – hanno convenuto i vescovi – deve configurarsi come uno stile capace di trasformare il volto della Chiesa che è in Italia» (Regno-doc. 7,2021,243).

Il vescovo di Roma insiste

E tuttavia a questo punto sul se è difficile tornare indietro. Qualcosa si dovrà fare. Lo ha chiesto per 5 anni il papa, a cominciare dal suo intervento al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, nel 2015. Lo aveva ribadito parlando all’Assemblea della CEI nel maggio del 2019.  Poi c’è stata la pandemia. E anche la Conferenza episcopale italiana che a fine gennaio 2020 si apprestava a discutere la prima stesura degli orientamenti pastorali per il prossimo quinquennio ha dovuto rivedere i propri piani. Ancora a quella data il Consiglio permanente aveva escluso un sinodo nazionale. Mentre la bozza degli orientamenti pastorali per il successivo quinquennio, dedicati alla missionarietà, era parsa ancora acerba e non particolarmente incisiva, troppo generale rispetto al contesto italiano.

L’esplosione del dramma della pandemia con quella interminabile fila di bare, con il dolore letto sui volti, con le vittime tra i  volontari, con le nuove forme di solidarietà e, di contro, il vitalismo di chi voleva e vuole dimenticare e riprendere la vita di prima ha fatto percepire che il mondo di prima non c’era più. La bozza degli orientamenti è stata accantonata, hanno parlato soprattutto le Chiese locali più vicine alla gente e ci si è accorti che la pandemia ha evidenziato e accelerato un processo di crisi culturale, spirituale e sociale già in atto.

A fine gennaio, ricevendo i partecipanti all’incontro promosso dall’Ufficio catechistico della CEI, papa Francesco è tornato sull’argomento: «Dopo cinque anni, la Chiesa italiana deve tornare al Convegno di Firenze, e deve incominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità per comunità, diocesi per diocesi: anche questo processo sarà una catechesi. Nel convegno di Firenze c’è proprio l’intuizione della strada da fare in questo Sinodo. Adesso, riprenderlo: è il momento. E incominciare a camminare».

Sabato 27 febbraio la Presidenza della Conferenza episcopale italiana ha consegnato al papa una prima riflessione. Il testo è stato presentato a papa Francesco nell’udienza alla quale hanno partecipato il cardinale presidente, Gualtiero Bassetti, il segretario generale, il vescovo Stefano Russo, e i tre vicepresidenti Franco Giulio Brambilla, Mario Meini e Antonino Raspanti.

«Abbiamo preso lo spunto dall’invito del papa e abbiamo preparato una bozza che abbiamo sottoposto al santo padre per cominciare già a offrire un incipit a questo movimento sinodale», ha detto al termine del colloquio il cardinale Bassetti in un’intervista a Vatican News. Secondo il presidente della CEI, il pontefice sollecita un «sinodo “dal basso”» per potere poi individuare quelle che sono le priorità della Chiesa italiana. E tre sono le priorità: «rifarsi all’Evangelii gaudium, laddove il papa esorta a una conversione pastorale»; in secondo luogo occorre immaginare un itinerario di «fraternità solidale, che naturalmente si esprima nei fatti. Una prossimità che i cristiani devono vivere»; in terzo luogo occorre considerare «un’accentuata formazione ecclesiale».

Adesso

I dati forniti da un’inchiesta sociologica riservata commissionata dalla CEI descrivono una situazione difficile. Un’eco di questa difficoltà era contenuta nelle parole stesse del card. Bassetti a Vatican News: la pandemia «ha messo davvero in ginocchio le comunità cristiane sia a livello di diocesi sia di parrocchie. Pertanto bisogna ancora di più che in tempi normali mettersi in ascolto della vita delle persone per disegnare proposte che tengano conto anche delle difformità che si stanno verificando nei vari territori. Se l’Italia è sempre stata un paese diversificato, la pandemia ha accentuato ancora di più queste diversità».

Il presidente aveva definito «veramente preoccupante» la situazione all’ombra dei campanili. A cominciare dal «calo delle presenze in chiesa dovute anche a tutte le limitazioni che sono necessarie». Ma il tema vero sono i giovani.

Dopo la pandemia e nonostante il forte impegno espresso dalle Chiese locali, quello del ripiegamento in sé stessa è il vero rischio della Chiesa italiana. La rottura di una routine tutto sommato vissuta come buona normalità ecclesiale rischia di fare perdere alla CEI la spinta di novità e di speranza impressa dall’attuale pontificato e il desiderio di provare, per così dire, «a rinascere dall’alto».

Di fronte allo smarrimento del paese e in un tempo di rapidi cambiamenti, di ridefinizioni radicali di ruoli sociali, di trasformazioni culturali, la Chiesa italiana deve provare a crederci. La Chiesa italiana ha ancora molte potenzialità culturali e nuove risorse spirituali per affrontare un cammino rischioso, ma necessario. Il dramma che le comunità hanno vissuto con la pandemia ha ridato consapevolezza, presenza e credibilità alle Chiese.

Intraprendere il cammino sinodale è il minore dei rischi possibili e lo strumento più coerente con la forma Ecclesiae (cf. anche in questo numero a p. 257 lo Studio del mese a firma di S. Noceti, R. Luciani ed H. Legrand). Lo si può fare magari mettendo assieme realtà episcopali sub-regionali, nello stesso tempo più vicine alla gente e maggiormente corrispondenti alle diversità territoriali del paese, ma dotate di risorse umane maggiori di alcune piccole diocesi; lo si può fare aprendo finalmente alla responsabilità dei laici (la questione direttamente non è mai stata affrontata); lo si può fare conferendo responsabilità a una nuova leva episcopale, che proprio nella gestione del processo sinodale può trovare la propria capacità di leadership.

 

Gianfranco Brunelli

Tipo Articolo
Tema Pastorale - Liturgia - Catechesi
Area EUROPA
Nazioni

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