A
Attualità
Attualità, 22/2022, 15/12/2022, pag. 722

Viaggio in Italia

Mariapia Veladiano

Ancora un autore di enorme successo i cui romanzi e racconti sono intrisi di conoscenza e competenza teologica che non prevale mai sulle esigenze della narrazione. Adalbert Seipolt con il suo Viaggio in Italia e altri racconti clericali o quasi (SEI, 1962) ha venduto quasi 1 milione di copie e il libro è stato tradotto in 12 lingue. Un sogno anche oggi per qualsiasi scrittore, ma era il 1958 e Seipolt era un monaco benedettino, docente di greco, tedesco e storia e anche, per 12 anni, priore del Kloster Gymnasium di Metten (Baviera). 

Il libro racconta un pellegrinaggio a Roma. I pellegrini sono bavaresi e interpretano la varia umanità che si raccoglie intorno a questi pellegrinaggi, e chi ne ha fatto anche solo uno li riconosce con precisione fotografica. C’è il capocomitiva, monsignor Schwiefele, «uomo robusto e tozzo, dai piedi di una grandezza rimarchevole, la cui testa sembrava presa in prestito dal gigante Golia» (13). È un habitué dei pellegrinaggi, ha attraversato il Brennero verso Roma 123 volte e davvero niente lo sconvolge davvero, sicuro com’è che per grazia di Dio o per maturata esperienza personale, alla fine si torna sempre a casa tutti e tutti interi.

C’è un vicario blandamente modernizzatore come tanti giovani preti, c’è una baronessa von Neuhaus «il cui cuore batte per Roma e per gli Asburgo», un’ispettrice didattica che viaggia con la matita rossa e blu in compagnia di una disgraziata figlia ipercontrollata e iperprotetta, ci sono un sagrestano e un produttore di luppolo assai interessati alla birra, c’è anche uno sventurato barone von Neuhaus, che la sapienza dello scrittore Seipolt e insieme la sua competenza di padre benedettino, presenta a opportuna distanza dalla baronessa, in quanto in effetti gli è semplicemente «consentito di accompagnare la moglie», che lo tiene al guinzaglio in modo piuttosto indecente, e infine c’è suor Annaberta Vogelwieser, candida monaca di un orfanatrofio bavarese, in qualche modo protagonista principale della storia.

Che è deliziosa ancora oggi, e anche sapiente, in effetti. Intanto perché Seipolt sa esattamente di che cosa parla, e cioè di ecclesiastici pomposetti, di cristiani formali e giudicanti, di donne che stanno affermandosi contro pregiudizi e ostilità, come la signorina Eva, immediatamente malgiudicata dall’ispettrice e che, invece, si rivela bella, nuova, competente e ineccepibile anche agli occhi più critici.

Il tourbillon di stereotipi sugli italiani disturba un poco noi che stiamo al di qua delle Alpi, ma lo sguardo è ironico e benevolo e vien voglia di perdonare. Alla barocchissima Cripta dei cappuccini straripante di crani polverosi, la pellegrina Emerenziana Obermair, appassionata di indulgenze e buon vino, si impossessa di una piccola clavicola di cappuccino e viene fermata dal giovane cappuccino, appunto, guardiano della sala, che diligentemente trascina la donna davanti al padre guardiano, il quale invece di chiamare le forze dell’ordine aggiusta la questione accettando una banconota forse generosa della signorina Emerenziana, la quale emerge dalla discussione brandendo fieramente la clavicola come trofeo e reliquia.

Intanto davanti al mare di Nettuno l’immacolata suor Adalberta anticipa meravigliosamente la Laudato si’ (al n. 85) di mezzo secolo: «Guardava il mare e non poteva saziarsi di guardarlo. Ai suoi piedi le onde erano di un azzurro intenso come il manto della Madonna e verso l’orizzonte si facevano sempre più voluminose, mentre le barche a vela solcavano con volo leggero, quasi messaggere della celeste benedizione... mare e cielo si fondevano quindi per lei in un’unica campana di azzurro radioso ed ella stessa era il battaglio che suonava gioiosamente le feste della bontà di Dio» (89). E chissà se antropizzazione, devastazione urbanistica e inquinamento permetterebbero ancora un’estasi così.

Annaberta si perde, naturalmente, nella Città eterna e di strada in strada si trova a Trastevere dove si imbatte in un furfantone poveraccio, freddo cacciatore di gatti forse per necessità, in ogni caso fra equivoci e buon cuore la sorella trova in un tugurio una bimbetta neonata che sta morendo di fame, infatti non piange, nemmeno a scuoterla e pizzicarla. E così la prende con sé, una boccuccia in più non farà una gran differenza nel suo orfanatrofio, fortunosamente ritrova l’albergo e la compagnia diventa subito gran famiglia per la piccola che attraverserà il confine grazie a una santa bugia che vede tutti coinvolti.

Intanto i pellegrini visitano una Roma puntualmente descritta in tutta la sua ricchezza artistica, un’erudizione alleggerita da una scrittura sempre veloce e ironica.

Il volume raccoglie anche una serie di racconti, tutti di argomento direttamente o indirettamente clericale e qua e là si ha un senso di straniamento e sembra che il tempo si sia concentrato in un punto solo riproducendo sé stesso. Quando Seipolt racconta di un Capitolo del duomo in difficoltà economica a causa di una «costosa beatificazione» (138), o di padre Bonaventura Maier, dottore in Teologia, che deve tenere una conferenza a Schönau su «La crisi religiosa oggi» (151), o del dottor Onorio Oxé prelato e docente di Teologia morale all’Università Augustus Josephus che tiene un quaresimale sul tema Nolite conformari huic saeculo, si scaglia contro automobili, televisori e frigoriferi, salvo che gli è venuta l’idea per la prolusione guardando la sua nuovissima TV, mangiando una cena finalmente perfettamente conservata nel nuovo frigorifero di casa e che al duomo è andato sulla sua Mercedes.

Niente di nuovo sotto il sole.

Nessun moralismo, bella scrittura, grande competenza. Da leggere, se si riesce a trovare il libro. Un bel divertirsi.

 

 

Tipo Riletture
Tema Cultura e società
Area
Nazioni

Leggi anche

Attualità, 2024-6

Il girasole

Mariapia Veladiano
A Simon Wiesenthal siamo grati per il Centro ebraico di documentazione sulle persecuzioni che gli ebrei subirono in Germania ed Europa prima e durante la Seconda guerra mondiale. Lui era ebreo di Bučač in Galizia, a sud di Leopoli. Perseguitato prima dai russi e poi dai tedeschi. Internato in 13 campi di prigionia e concentramento, liberato nel 1945 da quello di Mauthausen. Grazie a lui un numero...
Attualità, 2024-4

La firma. Una famiglia veneta fra due secoli

Mariapia Veladiano

È un romanzo in cui si casca come in un pozzo. Non ci si può fermare. E non a causa delle (moltissime) cose che accadono, ma perché ci si trova con una vivacità e una limpidezza straordinarie dentro agli avvenimenti formidabili che hanno determinato la storia italiana del Novecento.

Attualità, 2024-2

L’ora nona

Mariapia Veladiano
Il filo rosso di queste «Riletture» è la domanda sulla vita e su Dio. I romanzi sono più attrezzati dei trattati in queste cose, perché com’è ovvio partono sempre dalla vita, e ci rimangono dentro, e non hanno la pretesa di dare una risposta. Peggio ancora, la risposta. Mentre ai trattati, soprattutto teologici, è richiesto di chiudere in qualche...