La visita del presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky a papa Francesco, nel pomeriggio del 13 maggio, segna, anche visivamente, tutta la difficoltà, tutta la distanza politica (e non solo) fra l’Ucraina e la Sede apostolica.
È proprio quando tutti s’aspettano lo scenario dello scontro, della polemica diretta, dell’attacco frontale che papa Francesco, anche in questo da buon gesuita, dimostra invece che la sua linea – sia in campo ecclesiale sia in quello dei rapporti politici – è di tenere il più possibile i canali aperti, di perseguire i varchi e le entrature verso percorsi mediani che favoriscano comunque evoluzioni positive nei rapporti.
Saranno (forse) i posteri a dare l’ardua sentenza. Ma già oggi è per noi possibile sbilanciarci e dire che sì, le modifiche che sono state annunciate il 26 aprile scorso dai cardinali Mario Grech, segretario generale della Segreteria del Sinodo, e Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e relatore generale della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, costituiscono realmente una piccola rivoluzione: effettiva, perché introducono una componente non episcopale che avrà diritto di voto, e simbolica, perché all’interno di questa nuova componente vi sarà un numero significativo di donne.
In questo secondo articolo (per il precedente, cf. Regno-att. 8,2010, 225) mi sposto a Occidente, per analizzare la questione nel cristianesimo di lingua latina, sorto e presto sviluppatosi in modo originale e indomito nell’Africa romana.
In un suo recente discorso papa Francesco ha espresso sinteticamente luci e ombre dell’ultima decade in Medio Oriente, affermando che «in dieci anni tante cose sono accadute: pensiamo alle tristi vicende che hanno coinvolto l’Iraq e la Siria, agli sconvolgimenti dello stesso Paese dei cedri. Ci sono state anche alcune luci di speranza, come la firma ad Abu Dhabi del Documento sulla fratellanza umana».
Riprendiamo l’intervista che il prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, mons. Claudio Gugerotti, ha concesso a L’Osservatore romano (29.4.2023) dopo la conclusione del Simposio delle Chiese in Medio Oriente svoltosi a Nicosia (cf. qui sotto). Ringraziamo l’autore e il direttore per la gentile concessione.
Dal 12 al 16 aprile scorso, 274 membri dell’Opus Dei hanno preso parte al Congresso generale straordinario indetto dal prelato, mons. Fernando Ocáriz a Roma, per realizzare l’adeguamento degli statuti dell’Opera, richiesto dal papa in conformità alla lettera apostolica in forma di motu proprio Ad charisma tuendum. In quella sede si è studiata e votata «la proposta di rielaborazione dei numeri degli statuti ritenuti necessari», recita la «Cronologia dell’itinerario giuridico recente dell’Opus Dei», offerta dal sito Internet della prelatura.
La lettera apostolica Desiderio desideravi, del 29 giugno 2022, a seguito della normativa sul rito esposta in Traditionis custodes, si presenta come un compendio dei motivi che rendono preziosa la liturgia cristiana – in primis l’eucaristia – ed emozionante la sua celebrazione comunitaria.
Per motivi biografici (sono una donna credente) e per motivi intellettuali e ministeriali (sono una teologa con un particolare interesse per l’ecclesiologia), da molti anni mi occupo della questione femminile nella Chiesa, dovendo ormai riconoscere che fare questo tipo di lavoro è disorientante.
Il profilo umano di don Andrea s’intreccia con quello spirituale; le sue scelte di vita con le circostanze della morte; l’amore per la Chiesa che lo ha generato alla fede con la predilezione per i luoghi in cui il cristianesimo ha avuto le sue origini. Fin da piccolo, il suo carattere è tale per cui non si fa notare nell’ambiente in cui vive. È riservato. Determinato nelle sue scelte. Ogni tanto è scontroso e, quando s’accorge che può aver infastidito qualcuno, non esita a chiedere perdono.
Le prime ci trattengono, ci incapsulano, ci incastrano nel dentro. Le seconde ci strattonano con violenza, ci decentrano, ci spingono fuori. Entrambe sono senza misura, entrambe sono capaci di tiranneggiarci. Sono le fobie e le manie, vale a dire il misterioso universo dei disturbi psichici dai quali (quasi) nessuno può dirsi immune e che continuano a interrogare le scienze della psiche.
Nel suo nuovo libro, che ha quasi la forma di un «aggiornamento», Dianich riprende i risultati della propria decennale ricerca alla luce delle nuove urgenze dell’oggi, con un accento principalmente missionario.
Quattro personaggi in cerca d’autore usciti dalla penna, misteriosa e lacerata, del poeta Paolo Valesio, quattro figure che s’incontrano solo al termine di un poema drammatico la cui durata, di bergsoniana memoria, è scandita in tre parti.
Un lavoro denso e pieno di spunti, nel quale l’autore si interroga sul senso della riflessione politica, sociale, giuridica, partendo dagli assunti formulati da Schmitt per cui tutti i concetti della moderna dottrina politica dello stato sono, come scriveva il pensatore tedesco, «concetti teologici secolarizzati».
Fabris parte dall’assunto che non c’è più una fede in questo mondo, almeno occidentale. O forse ce n’è troppa, sostiene, ma non di tipo religioso, non legata al cristianesimo, che era la religione di riferimento. Ci sono piuttosto credenze varie, opinioni più o meno giustificate, da cui è difficile prescindere. Ma non si tratta di fede, anche se queste credenze spesso vengono confuse con essa. In altre parti del mondo forse non è così.
Tomáš Halík – teologo, filosofo e sacerdote cattolico ceco –, già noto al pubblico italiano per una serie di contributi dedicati al futuro della fede cristiana nella società contemporanea, torna a riflettere sull’attuale cambiamento d’epoca che coinvolge radicalmente tutte le religioni, aprendo la domanda circa il loro ruolo in una società globalizzata e multiculturale.
Leggere le Scritture usando un pennello che intinge i colori in una tavolozza del tutto particolare: quella di un’energia che, come afferma Marcello Silvestri, scaturisce dall’ascolto della Parola. Tale ascolto si pone a questo artista, che usa la tela per dipingere e celebrare il creato e la scultura per immergersi nella materia della speranza, come un continuo farsi interrogare dai libri dell’Antico e del Nuovo Testamento a cui ha tentato, riuscendovi, di rispondere con queste 54 tavole.
Un profilo di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI costruito attraverso 5 testi del 2005, raccolti da Lucetta Scaraffia, storica e giornalista attivamente impegnata nel dibattito pubblico. L’Introduzione coglie l’ispirazione del pensare e dell’agire del grande teologo in uno dei momenti più intensi del suo cammino.
L’autore esplora, su fonti inedite tra cui approfondite interviste al fratello Ermanno, i vari e distinti impegni politici ed ecclesiali di Dossetti, cogliendo perfettamente che, lungo tutto il corso della sua esperienza – l’impegno nella Resistenza e nell’Assemblea costituente, l’impegno politico all’interno della DC e le scelte religiose successive –, egli pensò sé stesso e dedicò tutta la sua vita per testimoniare la fonte religiosa del proprio impegno, che nasce già prima del Concilio ed è legata alle sacre Scritture.
La miniera letteraria lasciata in eredità dal card. Martini consente di riproporre raccolte di suoi interventi che colpiscono per freschezza e lucidità a decenni di distanza dalla loro comparsa. Un’eccellente riprova è suffragata dal presente volume, che raccoglie alcuni contributi dell’indimenticato pastore della Chiesa milanese. Al riguardo, merita soffermarsi su due testi.
L’autore è già noto al pubblico italiano per due saggi di grande interesse, Il cristianesimo non esiste ancora e Il Vangelo inaudito. Con questo volume, il teologo domenicano Dominique Collin si discosta leggermente dal genere di opera disponibile sin qui per i suoi lettori, ma non dal suo approccio teologico che si caratterizza per un’originale riscoperta del potenziale incompiuto del Vangelo.
Secondo una ricerca di AtlasIntel degli inizi d’aprile, la corruzione era la principale preoccupazione dei paraguaiani, in procinto di recarsi al voto il giorno 30, per eleggere presidente della Repubblica, membri del Congresso nazionale (Camera dei deputati e Senato), governatori dei 17 dipartimenti.1
Nella mitologia che accompagna il Giappone sin dalle origini, le divinità dello shintoismo hanno caratteristiche umane e indicano all’umanità una forma di elevazione che è anzitutto integrazione profonda con la natura e con la storia.
Qualsiasi misura contro l’indigenza deve assicurare a chi è caduto in povertà il diritto a una vita dignitosa. Questo «aiuto», per essere giusto, dev’essere garantito «fino a quando persiste la condizione di bisogno».
Quasi due anni dopo ci siamo ritrovati, sempre nel monastero benedettino di Camaldoli, per gli «Stati generali della FUCI», durante i quali abbiamo approvato la Proposta formativa. Essa si rivolge a tutti quegli studenti e studentesse di buona volontà che desiderano coltivare una ricerca profonda di Dio, esercitare la propria coscienza per ritornare a dar senso alla vita, diventare tessitori di comunità vicini al proprio prossimo.
In un tempo in cui la paura per gli eventi climatici estremi s’alterna alla difficoltà nell’assumersi la responsabilità per mitigarne l’impatto sul breve e sul lungo periodo, la coscienza moderna occidentale sembra aver dimenticato la connessione tra la cura della casa comune e la spiritualità legata al creato come opera visibile di Dio.
Il rispetto per la dimensione divina della natura sembra a volte più evidente in altre culture e religioni, afferma Jakobus Geiger, che sottolinea il momento della contemplazione im-mediata della natura, prima di ogni sua razionalizzazione. Eppure esso è magnificamente espresso anche nella tradizione giudaico-cristiana, come ad esempio nei Salmi, scrive Marianus Bieber: e dall’elogio biblico dell’Antico Testamento verso la creazione, che occupa un posto centrale nella Liturgia delle ore con cui la Chiesa in Oriente e in Occidente tutt’ora prega, egli arriva a tracciare le linee della poesia moderna, ripercorrendo le riflessioni poetiche di Hölderlin, Rilke e Nietzsche.