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Documenti, 3/2017, 01/02/2017, pag. 85

L’atto di fede

Lettera del vescovo di Rieti dopo il terremoto

Mons. Domenico Pompili

«Chi ha perso gli affetti più cari non sa più cosa desiderare... chi ha perduto tutto si chiede cosa fare... Non siamo più gli stessi». Nel novero delle parole di senso pronunciate in questi mesi dai pastori delle Chiese ferite dal terremoto, questa lettera pastorale che mons. Domenico Pompili, vescovo di Rieti, ha rivolto alla sua diocesi – una delle più colpite – all’inizio dell’Avvento si distingue per la totale empatia. E per come insiste a dire che, alle domande addolorate, sarebbe insensato rispondere «ce lo siamo meritati». A partire dall’esempio di Giobbe, è piuttosto richiesto il «passaggio difficile» di «una visione sapienziale del male», che rifiuta un’idea retributiva e lascia spazio al dolore, prima di approdare al «credere senza garanzia». Un «atto di fede» possibile, prosegue mons. Pompili sempre parlando in prima persona plurale, perché il terremoto ha sfondato, come in un noto quadro di Magritte, la porta chiusa delle nostre sicurezze materiali, consentendoci di comprendere che si può vivere «senza muri, ma non senza fede». E che «è dal legame che si può ripartire (…), dal salvarsi a vicenda».

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Attualità, 2024-17

Sulla luce

Lettera pastorale
di mons. Domenico Pompili, vescovo di Verona

«Se l’anno scorso a risvegliare la “sete” è stato il silenzio, quest’anno vorrei che fosse la “luce”. E perché mai proprio la luce? In un tempo di oscurità data dalle guerre e dalla violenza sulle persone e sull’ambiente, sento il bisogno di raccogliere perle di luce. La notte del mondo avanza, ma non potrà coprire la terra finché ci saranno alcuni che sanno raccogliere luce. D’altra parte, la Chiesa non è forse chiamata anche oggi a “fare luce” attraverso il suo modo di vivere e agire?». Dopo la prima sul silenzio (Regno-doc. 17,2023,524), la seconda lettera pastorale di mons. Domenico Pompili, vescovo di Verona dal 2022, è stata presentata l’8 settembre ed è intitolata Sulla luce. È strutturata come un dialogo con il fisico veronese Carlo Rovelli, «compagno di viaggio alla ricerca della luce».

A partire da una lettera di Rovelli, che riflette sulla realtà scientifica e spirituale della luce, il vescovo Pompili coglie alcune domande a cui cerca di rispondere parlando «il linguaggio della fede». E conclude: «Ho parlato la mia lingua di uomo di fede, Carlo, ma ti ringrazio di cuore perché sono state le tue domande a suggerirmi i percorsi da fare, senza certo pretendere di darti risposte, ma nella convinzione che la tua sapienza di scienziato mi interpella».

Sullo sfondo di questo di dialogo, nella terza parte della lettera, il vescovo delinea alcuni percorsi su cui vuole avviare la Chiesa veronese.

Documenti, 2023-17

Sul silenzio

Lettera pastorale alla Chiesa di Verona

Mons. Domenico Pompili, vescovo di Verona

«Nella vita, nella morte, nel dolore, nell’amore, cerchiamo parole e gesti in grado di esprimere qualcosa e non li troviamo. Spesso, anche le nostre stanche liturgie sembrano aver smarrito la sapienza di una ritualità che aiuta a dare forma e senso alla vita e ai suoi momenti topici. Eppure, proprio questo sarebbe uno dei regali che possiamo fare ancora al mondo, senza presunzione, ma coltivando quel che a nostra volta abbiamo ricevuto e che siamo chiamati a trasmettere: “Fate questo in memoria di me”». L’8 settembre è uscita la prima lettera pastorale di mons. Domenico Pompili alla Chiesa di Verona, dove è vescovo da poco più di un anno. Il documento introduce il fondamentale tema del silenzio, su cui la Chiesa di Verona è invitata a riflettere. 

Il silenzio, proattivo e contemplativo insieme, è il mezzo per ritrovare un atteggiamento pratico diverso e capovolgere il nostro sguardo sulla realtà. In un mondo in cui il rumore sembra avere sempre la meglio e in cui le parole perdono di significato, «il silenzio libera dal peso di dover stare sempre sul chi-va-là, restituendoci a un’intensa percezione del mondo, lontano dal disincanto in cui si perde l’orizzonte».

È quindi il primo impegno da mettere in campo, riconoscendo la creatività e l’importanza di questo strumento, che può far nascere molteplici attività per aiutare a rinnovare il modo di vivere e di credere di una società, e soprattutto di una Chiesa, che sembra boccheggiare. 

 

Documenti, 2015-20

Un bilancio, otto anni dopo

Mons. Domenico Pompili
Giovedì 28 maggio, mons. Domenico Pompili, eletto vescovo di Rieti (15.5.2015), ha tracciato un bilancio degli otto anni trascorsi alla guida dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali (UCS) della CEI in un incontro con gli incaricati regionali e i direttori diocesani delle comunicazioni sociali. In questi anni, ha ricordato, è «cresciuta la funzione di coordinamento non solo all’interno della Segreteria generale della CEI (...), ma anche nei rapporti con le realtà locali»; ma il lavoro che ha maggiormente accreditato l’UCS è stata «la consulenza nelle situazioni di crisi (pedofilia, scandali economici, problemi pastorali)», momenti critici e concitati «che hanno fatto comprendere il senso e la necessità del nostro lavoro». Anche «il nuovo continente digitale» è stato oggetto di «un’esplorazione rigorosa» e di una sperimentazione vivace, dal sito della CEI a quello del Convegno di Firenze, passando per i nuovi social media. Un percorso che ha consentito di «abbandonare definitivamente l’ottica dell’uso e degli strumenti, per abbracciare quella molto più realistica e feconda dell’abitare un ambiente diversificato, coi suoi rischi e le sue opportunità». A raccogliere l’eredità di mons. Pompili sarà don Ivan Maffeis, già vicedirettore dell’UCS.