d
Il Regno delle Donne

Pace e creato. Dalla stanza accanto il “popolo che manca”

Il Tempo del Creato interpreta il desiderio e le domande comuni, sporgendo oltre la ricorrenza diventata abituale anche nel mondo cattolico. Si deve osservare sempre “dalla stanza accanto”: il film di Pedro Almodovar diventa cifra di uno sguardo che attraversa, che rende ragione dei dibattiti – come Il tempo delle cose imprevedibili presso la pro Civitate – e che non perde la percezione lancinante di chi manca.

 

Nel film La stanza accanto di Pedro Almodovar (vincitore del Leone d’Oro a Venezia l’anno scorso), John Turturro interpreta Damian, esperto di climatologia in preda alle passioni tristi così diffuse nella nostra epoca. Julienne Moore, invece interpreta Ingrid, donna che sta affrontando la morte imminente non tanto del pianeta quanto della sua amica Martha. Davanti all’ennesima esternazione pessimista di Damian, Ingrid ribatte: “Non si può andare in giro dicendo che non c’è speranza”.

Su questo, il Tempo del Creato 2025 è d’accordo. Proponendo come tema "Pace con il Creato" si afferma “C’è ancora speranza e attesa per una Terra in pace”. La speranza, dunque, inneggiata dai pellegrini lungo l’anno dal Giubileo cattolico, è all’ordine del giorno. Ma di quale speranza parliamo e quale cammino di speranza scegliamo di percorrere? Ecco la domanda posta dalla Pro Civitate Christiana al suo 83° Corso di studi cristiani tenutosi in agosto ad Assisi.

Come punto di partenza, il Corso ha scelto il pensiero di due maestri di speranza del Novecento: Jürgen Moltmann e Gustavo Gutierrez. Punto sì di partenza ma non di arrivo in quanto la speranza nella storia (come ha sottolineato un altro Gutierrez, il teologo avventista Hanz) va tessuta insieme alla speranza per la creazione, la pace tra i popoli insieme alla “pace con il creato”. D’altronde, è proprio ciò che aveva suggerito già cinquant’anni fa Rosemary Radford Ruether nella sua Teologia per la liberazione della donna, della natura, del corpo (Queriniana, 1976).

Non c’è storia senza natura e viceversa

Infatti, negli ultimi cinquant’anni ci siamo resi conto (un po’ come fa il testo di Isaia scelto dal Tempo per il creato questanno), che non c’è storia senza natura e che la natura stessa è storica. Oppure, come all’epoca scriveva Ruether, che «dobbiamo ricercare un modo di intendere la liberazione che superi queste dicotomie» (p. 17) tra natura e grazia, spirito e corpo, tutte espressioni del dualismo gerarchico maschio-femmina.  Ma come? Qual è il cammino di speranza da percorrere?

Come ci ricorda la Lettera agli Ebrei (guidata, secondo Käsemann, dall’idea del «popolo errante di Dio»), noi non siamo soli ma percorriamo il cammino «circondati da tale moltitudine di testimoni» (Eb 12,1), sia che ci hanno preceduti come Moltmann, Ruether e Gutierrez, sia che ci accompagnano tutt’ora come la filosofa Rosi Braidotti. Infatti, Braidotti ha dedicato molta energia alla pratica collettiva di costruzione di orizzonti sociali di speranza perché, come ama ripetere, «noi-siamo–in-questo–insieme-ma-non-siamo-uno-né-il-Medesimo». Siamo sì «nella stessa tempesta ma non sulla stessa barca».

Il popolo che abbiamo fatto mancare

Che siamo in questo insieme, è palese a tutti, meno palese (anche alla Chiesa) è che “non-siamo-uno-né-il-Medesimo” per il semplice fatto che non tutti riconosciamo come modello dell’umano quello imperante, eurocentrico e maschile. Speriamo in e per ciò che Braidotti ama chiamare “il popolo che manca” o meglio il popolo che c’è ma che è stato fatto mancare.

In altre parole, speriamo nel cammino come istanza di ciò che ad Assisi Cristina Simonelli ha chiamato “il vangelo con i piedi”, fatto in ascolto. Innanzitutto in ascolto della creazione (secondo la proposta del 2022) insieme all’ascolto  delle voci del popolo che manca e che sono state ricordate ad Assisi da, tra altri, Luisa Alioto e Marcela La Palma. Mi riferisco ai saperi e agli sguardi di chi abita nella stanza accanto, donne e uomini Rom, il popolo arcobaleno, i popoli indigeni, le donne e gli uomini che non parlano perché soffocati dal peso del patriarcato (e delle molteplici ingiustizie che genera) sul collo, le bambine e i bambini dei paesi in guerra. D’altronde, quando Dio stava costruendo il popolo che mancava, popolo errante, disse «Ascolta, O Israele». È ciò che nel film La stanza accanto ha fatto Ingrid nei confronti di Martha. Se per costruire la speranza camminiamo in ascolto, il popolo che manca si manifesterà e allora  ci sarà pace con il creato (Rm 8,19).

 

 

 

 

 

 

 

 

Commenti

  • 09/09/2025 Anna Petri

    Buongiorno. Oggi anno la Chiesa ripropone il primo settembre come giornata della Festa del Creato, tuttavia a me sembra che tutto resti solo a livello teorico. Cosa si propone di concreto perché il Creato, oltre ad essere ammirato e riconosciuto come dono di Dio, venga anche rispettato? Niente! La Chiesa, quanto meno quella cattolica, non ha mai avuto, né ha oggi, una particolare sensibilità verso gli animali e tutto il regno vegetale, se non subordinando tutto al benessere dell'essere umano. Io non sono d'accordo con questo modo di vedere la Creazione che, a mio avviso, va rispettata, difesa e amata per se stessa e non sempre come entità a completo servizio dell'uomo che, semmai, dovrebbe governarla e non dominarla. Cordiali saluti.

  • 04/09/2025 Giovanna Olivini

    Veramente dobbiamo come cristiani portare Speranza,che non è ottimismo, ma impegno perché ci siamo veramente pace con la Natura e tra gli uomini. Dobbiamo crederci, perché per poter sconfiggere la disumanità imperante,ma destinata a perire. 🙏

Lascia un commento

{{resultMessage}}