m
Moralia Blog

La cattiva fama della morale

Effettivamente la morale ha una cattiva fama. Non basta però lamentarsi. Comprendere le origini, teoriche e pratiche, di un tale sospetto significa predisporre le condizioni perché essa possa diventare una gaia scienza, un sapere che riguarda il desiderio della felicità e la tensione dell’uomo al suo compimento … anche se sappiamo che una buona diagnosi non è già una buona terapia.

 

Effettivamente la morale ha una cattiva fama. Non basta però lamentarsi. Comprendere le origini, teoriche e pratiche, di un tale sospetto significa predisporre le condizioni perché essa possa diventare una gaia scienza, un sapere che riguarda il desiderio della felicità e la tensione dell’uomo al suo compimento … anche se sappiamo che una buona diagnosi non è già una buona terapia.

Sotto il profilo teorico, la morale paga oggi il prezzo di una tradizione che in campo teologico si è troppo concentrata su una certa idea di legge. In questa linea storica, culminata nella – peraltro mirabile – sintesi teorica di san Tommaso sulla legge naturale, si sono inscritti anche quei teologi moralisti che, dalla seconda metà del XVI fino alla prima metà del XX secolo, hanno molto discusso sul difficile nesso tra coscienza e norma: da una parte c’erano i lassisti che difendevano lo spazio della coscienza (soggettiva) dalle angustie della norma morale (oggettiva) e dall’altra stavano i rigoristi che sostenevano le ragioni di questa contro l’arbitrio “creativo" di quella. All’insistenza sulla norma si collegava anche quella – altrettanto sospetta – sul peccato, le trasgressioni, i divieti.

All’eccesso rigorista, tuttavia, spesso si è fatto corrispondere un altro eccesso che, invece che risolvere la difficoltà, l’ha alimentata. Nel tentativo di superare un’odiosa impressione di legalismo, più recentemente, si è sostituito l’appello ai valori morali che però cade facilmente in un’astrattezza fumosa e generica. Non che si debba necessariamente rifiutare un simile approccio al discorso morale. Occorre, piuttosto, ricondurlo alla storicità dell’agire: il valore della giustizia, ad esempio, rimanda ad azioni e relazioni giuste, che vanno concretamente determinate, al di là del “valore” solennemente declamato.

Globalizzazione e crisi della morale

Sotto il profilo pratico, in Occidente, la disaffezione nei confronti della morale è legata alle condizioni sociali che caratterizzano la modernità. Per un verso, l’industrializzazione, l’espansione del mercato, il progresso tecnico-scientifico, l’urbanizzazione sono il frutto dell’iniziativa del soggetto e hanno contribuito alla sua affermazione. Per altro verso però questi processi hanno reso più difficile la relazione con l’altro: il soggetto si è trasformato in un individuo sempre più ripiegato su di sé.

La post-modernità, con la globalizzazione, l’informatica, il grande sviluppo del terziario, la fine delle ideologie, ha accentuato questa crisi: la concentrazione sul tempo presente, l’enfasi sul proprio sentire e la riduzione emotiva della coscienza morale hanno caricato tutto il peso della scelta su un individuo debole, incerto e poco convinto delle sue ragioni. La tanto attesa libertà è vissuta nell’illusione che essa consista nel fare quel che si vuole e non invece nel volere quello che si fa.

Sotto un profilo teorico, mi pare oggi necessario ripensare l’esperienza morale superando la separazione tra coscienza e norma. Questo richiede di elaborare una teoria della persona, pensata come coscienza morale, che ne metta in evidenza il debito nei confronti della cultura e la sua costitutiva relazione all’altro e all’Altro.In tale orizzonte, la coscienza si incontra con l’appello che scaturisce dal Vangelo di Gesù, nel quale Dio stesso le promette il compimento di sé. Questo “dono” non si realizza automaticamente, ma è legato alla decisione della libertà, in una fede che «si rende operosa per mezzo della carità» (Gal 5,7).

Lascia un commento

{{resultMessage}}