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Moralia Blog

La morale tra la libertà dalla ragione e la ragione della libertà

Una cosa è la teoria, l’altra è la pratica… così si dice

«Una cosa è conoscere la virtù, un’altra conformare ad essa il volere». Questa massima di Hume rintracciabile nel suo Trattato sulla natura umana offre in maniera imperitura la più lucida obiezione contro qualsiasi tentativo di ipotizzare sulla morale una ‘teoria’.

Sembra che ci voglia dire che la pratica muove sempre guerra alla teoria, e per quanto la teoria sia perfetta e conchiusa, la pratica non si dà per vita fintanto che non la rende superflua. Quanto qui può essere a primo acchito appreso dalla massima è che per quanto perfetto sia il sistema per far pensare che sia giusto fare questo e non quello, di fatto gli uomini, poi, fanno quello che pensano di non dover fare, ragion per cui una teoria è pressoché oziosa, nella migliore delle ipotesi, oppure inutile, nella peggiore delle ipotesi.

Sulle libertà e la ragione

Proviamo a chiederci se una teoria abbia come destino quello di rimanere tra l’ozioso e l’inutile. Partiamo da ciò che ammettiamo per assodato ovvero che gli uomini fanno spesso quello che pensano di non dover fare, chiedendoci: perché? Risposta ovvia: gli uomini sono liberi. Sì! Sono liberi di avere opinioni diverse e di formarsi opinioni che più gli aggradano. Ma, pensiamoci un po’ su questa ovvietà: chi sarebbe libero di pensare che il sole giri intorno alla terra? Chi sarebbe libero di pensare che non esista la forza di gravità? Possiamo essere liberi di pensarlo, naturalmente; tuttavia, la conclusione a cui giungeremmo se ci trovassimo di fronte a questo gruppo di individui sarebbe che essi non abbiano scampo dal cadere in contraddizione.

Il che significa che essi non sono proprio liberi di formarsi tutte le opinioni che vogliono. Poi, se a questo gruppo se ne aggiunge un altro che vorrebbe, invece, rivendicare la libertà di scegliere il gusto di gelato da prendere, è chiaro che qui avrebbero tutto il nostro appoggio. Da ciò segue che quando parliamo di libertà morale non possiamo intenderla né alla maniera dei primi né alla maniera dei secondi, perché la libertà morale è sempre possibile esercitarla senza cadere in contraddizione ed è sempre possibile esercitarla ma mai alla maniera di una libertà di scelta che non ha ‘praticamente’ alcuna importanza.

La libertà morale è, in altri termini, non uno ‘scrollarsi di dosso’ piuttosto un ‘accollarsi di petto’ quanto si  è disposti ad agire conformemente ad un giudizio morale a cui si è pervenuti. Ne segue che proprio perché esiste la libertà morale, ecco che risulta necessaria la ragione che è a servizio di una teoria per la formulazione di giudizi morali che rendano giustificabile, per quanto è possibile, il senso e il significato della libertà morale.

Filosofia morale e Teologia morale di fronte al divario

Una teoria morale, se viene intesa come sistema di potere logico per costringere a fare diversamente da quello che si è pensato di fare, sarà sempre avvertita come antinomica rispetto alla pratica di fatto esistente. Così come, analogamente, una libertà che viene intesa come affrancamento e non come compito liquida come un non problema quanto invece è e rimane un divario su cui arrovellarsi per non vanificare la domanda di sempre: perché dovrei comportarmi moralmente?

Il divario - si intende - è tra essere convinti ragionevolmente del giudizio morale a cui si è pervenuto e l’incapacità di esserne all’altezza per debolezza. La Filosofia morale e la Teologia morale non dovrebbero mai peccare di tracotanza nel rispondere alla domanda, l’una asserendo “non lo so: è indifferente”, l’altra replicando “lo so: Dio lo vuole”. Se il divario tra teoria e pratica, tra la ragione della libertà e la libertà dalla ragione, viene  assunto seriamente, crediamo che basti la seguente risposta: per non essere immorale!

 

 

Pietro Cognato insegna Teologia morale e bioetica presso la Facoltà teologica di Sicilia, l'Istituto di studi bioetici S. Privitera e la Facoltà di servizio sociale – LUMSA. Tra le sue opere: Fede e morale tra tradizione e innovazione. Il rinnovamento della teologia morale (2012); Etica teologica. Persone e problemi morali nella cultura contemporanea (2015)Ha curato inoltre diverse voci del Nuovo dizionario di teologia morale (2019).

Commenti

  • 23/12/2019 pietrocognato@libero.it

    Ringrazio il prof. Compagnoni per questa annotazione sulla non sufficiente distinzione tra libertà psicologica e libertà morale.

    Ciò mi permette di precisare ulteriormente che quanto ho voluto esprimere con la frase: «Gli uomini fanno spesso quello che pensano di non "dover" fare» lo intendo alla stessa maniera della frase del prof. Compagnoni quando scrive: «La libertà morale è agire diversamente da quello che il "soggetto ritiene buono moralmente"».

    Se la frase da me utilizzata è stata intesa come descrizione della libertà psicologica è perché si è dato (almeno credo) più peso alla parola «pensano» piuttosto che alla parola «dovere». Se intendiamo – come io ho inteso – la parola «dovere» come parola valutativa e non descrittiva, allora ciò che Compagnoni intende per libertà morale è identico a ciò che intendo io. E la libertà psicologica sparisce oppure non è per nulla presa in considerazione.

    In altri termini, sono partito da quella frase (gli uomini fanno spesso quello che pensano di non dover fare) per questionare proprio sul perché gli uomini agiscono diversamente da ciò che ritengono buono moralmente, ovvero ho inteso subito discutere solo e soltanto di LIBERTÀ MORALE.

    Tutto ciò per dire quanto sia veramente delicato e complesso il dialogo sulle questioni morali, dialogo che prende il via o si arresta già a partire dalla chiarificazione del significato con cui le assumiamo e le usiamo. Potrebbe essere questo un plausibile abbrivio per inaugurare un nuovo capitolo nei manuali di teologia morale fondamentale.

  • 20/12/2019 Francesco Compagnoni

    Credo che Cognato non distingua a sufficienza tra libertà psicologica («gli uomini fanno spesso quello che pensano di non dover fare, chiedendoci: perché? Risposta ovvia: gli uomini sono liberi») e libertà morale. La libertà psicologica è la capacità di poter agire in modi diversi tra loro, quella morale (in questo contesto!) è di agire diversamente da quello che il soggetto ritiene buono moralmente. Quello che i cristiani chiamano peccato: andare contro il giudizio della propria coscienza (o contro la virtù di prudenza). C'è poi il problema di perché persone diverse possono ritenere buone azioni diametralmente opposte. Ma questo è un problema diverso dal primo e più complesso.

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