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Moralia Blog

L’amicizia al tempo dei social

La scuola è stata per tutti noi la prima grande palestra dell’amicizia, e la fatica del tornarvi dopo le vacanze estive era mitigata proprio dal desiderio di rivedere gli amici di scuola.

All’inizio dell’anno scolastico e in tempo di distanziamento fisico può essere allora interessante soffermarci sui luoghi dell’amicizia al tempo delle tecnologie emergenti.

Gli strumenti digitali, lo avvertiamo costantemente, hanno molto cambiato l’idea stessa di amicizia, basti pensare che un tempo si contava sugli amici, oggi gli amici si contano attraverso i social media. Abbiamo amici digitali e amici di carne e sangue, e non necessariamente i primi sono considerati di categoria inferiore rispetto ai secondi.

Talora confidiamo molto di più agli amici immateriali che a quelli materiali, e sicuramente conoscono la nostra vita più i primi dei secondi, laddove i secondi non abbiano doppia veste.

Amicizia monetizzata

L’amicizia è un legame per definizione gratuito e basato sulla libera adesione, a differenza dei legami famigliari o di lavoro dettati dall’ineluttabilità del sangue o dai bisogni della reciproca interdipendenza. L’amicizia on-line è invece monetizzata, anche se non dalle parti, ma dal soggetto terzo che «gestisce» tali amicizie.

Giova dunque riprendere il concetto di amicizia civile contenuto nel Compendio della dottrina sociale della Chiesa:

«Il significato profondo della convivenza civile e politica non emerge immediatamente dall’elenco dei diritti e dei doveri della persona. Tale convivenza acquista tutto il suo significato se basata sull’amicizia civile e sulla fraternità. Il campo del diritto, infatti, è quello dell’interesse tutelato e del rispetto esteriore, della protezione dei beni materiali e della loro ripartizione secondo regole stabilite; il campo dell’amicizia, invece, è quello del disinteresse, del distacco dai beni materiali, della loro donazione, della disponibilità interiore alle esigenze dell’altro» (n. 390).

Far modificare le piattaforme

Una ricerca sul civismo nei social network ha riscontrato come la maggior parte degli utenti dia per scontato che siano contesti fondamentalmente incivili, ma nel contempo ha anche rilevato come atteggiamenti opposti generino immediatamente positive imitazioni. I ricercatori concludono che «ciò che è in gioco potrebbe non essere semplice la prevenzione di fenomeni negativi, ma anche il raggiungimento di significativi benefici sociali, in particolare un aumento misurabile del capitale sociale».

La ricerca non può evidenziare se l’imitazione nel bene porti ad atteggiamenti successivi stabili, tuttavia «la promozione di migliori norme di discussione on-line sarebbe probabilmente in sé e per sé un guadagno netto nel capitale sociale».

I ricercatori indicano anche una strada oltre a quella di perseguire i comportamenti scorretti: «Dovremmo cercare di realizzare un paradigma per cambiare il tipo di interazioni che le piattaforme offrono ai loro utenti incoraggiando il discorso riflessivo, la valutazione imparziale delle evidenze e la possibilità di cambiare idea».

Considerato che le piattaforme monetizzano la nostra amicizia on-line, chiedere una tale conversione epistemica e tecnologica è ben possibile, come alcuni progetti, per esempio Parole ostili, sostengono da tempo.

Buon anno scolastico!

 

Luca Peyron è presbitero della diocesi di Torino. Insegna Teologia all’Università cattolica di Milano e Torino e Spiritualità delle tecnologie emergenti all’Università di Torino, e ha scritto Incarnazione digitale (Elledici 2019).

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