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Moralia Blog

L’etica teologica. Specificità in... autonomia

«Volendo una filosofia profonda e accessibile, essi s’indignano per il tecnicismo, ma si consolano con l’oscurità».

Chi conosce la bella opera di Bernard Williams, L’etica e i limiti della filosofia, ne riconosce la paternità e non ha dubbi sul fatto che coloro che s’indignano sono i detrattori della filosofia analitica, accusata di portare a un guado di astrusità.

Meglio una filosofia profonda e accessibile, ripetono costoro. Sì, meglio! Anche se il guado si attraversa al buio? Williams preferisce il tecnicismo all’oscurità perché la chiarezza, anche se costa fatica, ripaga. Cosa che molti discorsi filosofici e teologici sull’etica non offrono, sebbene siano profondi, accessibili, a volte ammalianti, e basta – aggiungo io –, condividendo appieno il pensiero del filosofo londinese, famoso ai più per un suo saggio sull’Utilitarismo.

Un discorso (in)interrotto

Vorrei, su questa scia, tentare di essere ancora più chiaro rispetto a un mio post precedente, che così concludevo: «Chi riconosce la correlazione tra l’indicativo e l’imperativo, deve farlo a scapito del secondo per il primo, convincendosi di aver trovato una specificità, oppure sarebbe necessario qualche passo ulteriore per chiarire meglio la natura di questa specificità?».

Proprio in questa maniera, un po’ sibillina, chiudevo la mia riflessione sul rapporto tra indicativo e imperativo, ponendo l’accento su una possibile spinta in avanti per ritornare a riflettere sulla natura della specificità del discorso teologico-morale.

In quel post riflettevo sulla principialità dell’imperativo rispetto all’indicativo, cercando di mostrare che senza l’autonomia morale parlare di specificità del discorso teologico-morale è come parlare dello specifico del colore nero senza il genere colore.

Il tema scottante, insomma, è sempre l’autonomia. Sì, è il «caso serio» della teologia morale all’altezza dei tempi che viviamo! Ma, per l’importanza dei temi che implica e per i rischi degli equivoci che corre, il cantiere teologico-morale è sempre aperto e il confronto e il dialogo con i contributi che provengono da altri campi, quello filosofico in particolare, non possono mai essere interrotti.

Domande in autonomia

I temi che essa implica si identificano con interrogazioni di questo tipo: la giustificazione della moralità è evidente? A che cosa si oppone la moralità? A chi si rivolge la moralità? Su che cosa si fonda la moralità?

Per queste domande abbiamo pianure, colline, montagne, fiumi, laghi, mari, regioni e confini di risposte che costituiscono le varie cartine geografiche sia fisiche sia politiche di saperi molteplici, ma nessuna di queste cartine disegnate su piccola, larga o media scala riproducono un territorio che non c’è.

La sua esistenza, pur nella sua vaghezza, «in-siste» e tale insistenza «muove» le suddette domande. Neanche la negazione di tale esistenza le può «ri-muovere», perché per certi versi (non sempre e non tutti) l’immoralità si nutre parassitariamente del suo opposto.

Quello su cui intendo insistere è che l’in-sistenza di questo qualcosa che gli uomini possono anche negare è quel senso comune di essere pre-occupati moralmente fino a tal punto da doversene occupare in un modo o in un altro. Le domande pre-suppongono un’unica questione preliminare distinta e nitida, ovvero se esistono cose come i valori.

Autonomia come pro-vocazione alla fede

E solo in questa direzione il «caso serio» del discorso teologico-morale non è una minaccia diretta alla fede, ma una bella sfida diretta a noi esseri umani i quali, pur desiderando di far qualcosa, avvertiamo che il desiderio di per sé non è in grado di offrirsi come una ragione sufficiente per l’agire.

Se i valori sono quel territorio esistente che le nostre cartine riproducono su scale diverse, allora la fede non è minacciata, ma «pro-vocata» a prendere sul serio, fino in fondo, mediante (ecco la specificità) i due grandi misteri della creazione e della redenzione (i cristiani sanno di essere i creati in Cristo, quindi non semplicemente creati ma anche salvati), la consistenza antropologica, epistemologica e ontologica di essi (ecco l’autonomia).

Autonomia come setaccio

Pertanto la pratica dell’istanza autonoma in un contesto di fede, seguendo l’ordine delle sopraindicate interrogazioni, deve assumere fino in fondo l’esistenza (anche se vaga e per nulla evidente) di un’irriducibile domanda su come vivere e su come trattare gli altri che implica, di seguito, cosa si oppone in alternativa qualora la ignorassimo.

Un discorso sulle alternative andrebbe assunto, sviluppato e discusso non, in prima battuta, con coloro che non lo starebbero nemmeno ad ascoltare, ma con coloro che sono disposti ad ascoltare per renderli più consapevoli di ciò che di fatto vivono.

La moralità come valorsfera, se si «ri-volge» a coloro che in essa già vivono, parlando di chi ne è fuori e non parlando a chi ne è fuori, orienta non verso lo scontro con coloro che neanche avvertono il problema (amoralisti, scettici, fondamentalisti, fanatici), ma verso la fornitura di un certo modo di procedere che consta di argomentazioni, di distinzioni e di un linguaggio ragionevole, rendendo questa valorsfera sempre più respirabile così da disporre maneggevolmente di una teoria della responsabilità morale il cui genitivo è soggettivo e oggettivo al contempo.

Allora – direi – impariamo a parlare tra noi di chi non è come noi e smettiamo di parlare di noi a chi non è come noi, per fortificare il regno dei valori e solo dopo potremo proporre una risposta all’ultima domanda: su che cosa si fonda la moralità? Credo che la risposta non sia né in Dio, né «là fuori da qualche parte nel mondo», bensì nella stessa domanda.

 

Pietro Cognato insegna Teologia morale e bioetica presso la Facoltà teologica di Sicilia, l’Istituto di studi bioetici S. Privitera e la Facoltà di servizio sociale – LUMSA. Tra le sue opere Fede e morale tra tradizione e innovazione. Il rinnovamento della teologia morale (2012); Etica teologica. Persone e problemi morali nella cultura contemporanea (2015)Ha curato inoltre diverse voci del Nuovo dizionario di teologia morale (2019).

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