Maria Goretti: oggi l’avremmo chiamata pedofilia
Il 16 ottobre la Chiesa celebra la memoria di santa Maria Goretti, una santa circondata da una forte devozione popolare

Il 16 ottobre la Chiesa celebra la memoria di santa Maria Goretti, una santa circondata da una forte devozione popolare, a motivo di una certa tenerezza che suscita la sua vicenda. Oltretutto, nel sentire e nel dire comune, la sua persona è diventata quasi sinonimo di virtù e moralità sessuale: «È una santa Maria Goretti», o «Non è certo una santa Maria Goretti» e altre espressioni simili.
Indubbiamente vi è una certa atmosfera mistico-devozionale che circonda tutta la vicenda e che andrebbe ricondotta a un più corretto inquadramento teologico.
Il contesto storico della vicenda
Innanzitutto i fatti vanno collocati nella cornice geografica, storica, antropologico-culturale della campagna romana di fine Ottocento: ampie zone paludose e malariche, dura vita nei campi, bassa scolarità. L’unica presenza di rilievo era forse quella della Chiesa, sia pure basata su valori tradizionali e, in gran parte, devozionali.
In questo contesto si pone una ragazzina, Marietta, di appena 11 anni, che una certa iconografia oleografica rappresenta bionda, bellina, con gli occhi azzurri, ma che verosimilmente doveva essere poco più che una bambina, denutrita, provata dalla vita e dall’aspetto dimesso.
Dall’altra parte un giovanotto, nato in una famiglia segnata dalla malattia mentale, semianalfabeta, lavoratore presso la famiglia di Marietta, introverso, privo di pregresse esperienze sessuali, ma pur sempre un tardo-adolescente. Più volte aveva tentato di stuprarla e alla fine, avendo preparato questo suo gesto estremo, di fronte all’ennesimo rifiuto l’accoltellò più volte.
Anche il resto della storia è noto: condannato a 30 anni di carcere, si convertì, chiese perdono alla madre della ragazza (che ottenne, avendolo peraltro già ricevuto da Marietta in punto di morte) e finì i suoi giorni in un convento di francescani. Nel 1950 Maria Goretti fu canonizzata.
Voglio concedermi un ricordo personale in tutto questo. Durante alcune ricerche presso l’ospedale di Nettuno, ebbi modo di visitare uno scantinato in cui vi era, abbandonato, il lettino di marmo sul quale la santa agonizzante era stata adagiata. Era ingombro di pennelli e colori per dei lavori di tinteggiatura. Dissi che, anche se non era una vera e propria reliquia, costituiva pur sempre un cimelio. Con soddisfazione ho saputo che dopo un po’ di tempo è stato spostato nel museo dedicato alla santa.
Un’odierna valutazione
Al di là della cornice agiografica e celebrativa, la vicenda costituisce una brutta storia che proviamo a rileggere alla luce della sensibilità e della comprensione contemporanea.
Oggi non esiteremmo a definire questo un caso di pedofilia, finito tragicamente. La differenza di età di almeno 5 anni tra vittima e aggressore (secondo i moderni criteri classificativi) lo fa inquadrare come tale. Probabilmente la piccola Marietta non era affatto attraente, né il Serenelli un bel giovanottone aitante. Ma lo stupro non necessita di fattori estetizzanti: è violenza sessuale e basta. Comunque sia perpetrata, in qualsiasi epoca storica, in qualsiasi circostanza esistenziale.
Altre figure le sono state successivamente affiancate per analoghe vicende: più antiche (Dnifna), più moderne (Santa Scorese) o di cui troviamo eco nella Bibbia (Dina o anche la concubina del leviti di cui si parla in Gdc 19,25), ma santa Maria Goretti rimane una figura emblematica alla quale, forse, dovremmo togliere quella patina d’antico che ancora la ricopre.
Infatti è una santa moderna, prototipo di tutte quelle donne che subiscono questo crimine, indipendentemente dalle condizioni esistenziali, dall’avvenenza fisica o dall’avere causato il fatto per i loro presunti atteggiamenti provocatori. Brutto in ogni caso, ma ancor di più quando si veste dei panni del rapporto tra un adulto e una minore.
Celebrare questa memoria significa allora dare il giusto peso anche a quelle situazioni che, pur non avendo questo esito tragico, hanno segnato la vita di migliaia di donne in una ferita interiore ancor prima che fisica. Se, giustamente, di fronte alla crudeltà delle immotivate stragi contemporanee ricordiamo la frase di Quasimodo, per cui l’uomo è ancora quello della pietra e della fionda, ciò non è meno vero per quello che riguarda questa mortificante relazionalità sessuale.
Salvino Leone è medico e docente di Teologia morale e Bioetica alla Pontificia facoltà teologica di Sicilia. È presidente dell’Istituto di studi bioetici Salvatore Privitera e vicepresidente dell’ATISM.