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Moralia Blog

Preghiere, armi, pace

Tra i molti eventi che hanno acceso l’estate appena conclusa – la più calda del secolo – vale la pena di ritornare su uno solo apparentemente minore, ma denso di interrogativi morali. Per qualche giorno i media hanno portato benzina al fiammifero della politica innescando un piccolo incendio, questa volta ad alta quota.

I fatti sono noti: un celebrante si è rifiutato di leggere durante la messa la Preghiera dell’Alpino nella versione del 1949. Così, però, ha acceso gli animi di chi non è disposto a rinunciare a rivolgersi a Dio, chiedendogli di fortificare “le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana”.

A cascata, durante le numerose celebrazioni estive, gruppi locali e rispettivi celebranti si sono schierati chi per l’aggiornamento, chi invece per la difesa a oltranza del mondo di valori e affetti espresso nel frasario della preghiera tradizionale. Questi ultimi sono stati pure rinforzati dalla salita sui monti dei soliti politici dal respiro corto, pronti a cavalcare la polemica con tempismo e spavalderia.

Oltre l'attualità, gli interrogativi  etici

La questione, però, è anche teologica e lo attesta la cura che l’Ordinariato militare ha posto nel riformulare il testo nelle versioni del 1972 e del 1985 (“rendici forti a difesa della nostra Patria e della nostra Bandiera”). Tale riforma, però, è vincolante per gli alpini in armi, ma non per i volontari dei gruppi ANA, non soggetti a giurisdizione militare; lo stesso ordinario per la verità avrebbe reintrodotto nel 2007 il riferimento alla difesa della civiltà cristiana. Nello specifico, la questione presenta un profilo liturgico e uno morale non così trascurabili.

Sotto il profilo liturgico si osservano resistenze a ogni riforma – Sacrosanctum Concilium docet – negli ambienti più conservatori, spesso in difficoltà a distinguere la memoria personale attraversata dagli affetti (il cambiamento sembrerebbe rinnegare il proprio passato), dall’esigenza di rinnovare per conservare una memoria più autentica, sovente radicata in un passato ancora più remoto, a partire dal quale rileggere criticamente la propria storia.

Sotto il profilo morale sono almeno tre gli interrogativi da porre, prima di liquidare la cosa come un fatto di folklore e amarcord.

1) A livello di analisi storico-sociale, quanto è stata e può essere efficace, ancor prima che giustificabile, la difesa di una civiltà con le armi? È già problematica la visione, ereditata da O. Spengler, di civiltà come ambiente culturale raccolto intorno a un unico simbolo preminente (in questo caso, quello cristiano: esiste una civiltà cristiana e una sola?). La domanda è però, soprattutto, se davvero possano le armi tutelare le civiltà, o se invece queste non vivano e muoiano sulla base del loro tenore morale e spirituale, come insegnava A.J. Toynbee.

2) Ci si deve poi chiedere se l’identificazione di stato italiano (quello servito dagli alpini in armi) e civiltà cristiana sia salutare e legittima, sia dal punto di vista della laicità del primo, sia nella prospettiva di credenti chiamati a essere cattolici, ossia universali, superando gli angusti confini di patria. Se per un verso infatti la patria è un valore, nella misura in cui custodisce e rinsalda legami reciproci di solidarietà, per altro verso essa non lo è in modo assoluto, specie in situazioni di conflitto. In tali casi, infatti, la teologia militare che convoca Dio a difesa dei propri eserciti (il Gott mit uns impresso sulle cinte dei soldati tedeschi fin dalla guerra franco-prussiana, cui fa eco il francofono Dieu est de notre côté) qualifica immediatamente il nemico in armi come nemico di Dio. Una pretesa decisamente forte, dal punto di vista evangelico.

3) In ultimo, ci si deve domandare a quali letture si possa prestare il testo di una simile preghiera nel contesto attuale, mentre sovente si operano troppo facili saldature tra stranieri, profughi, terroristi e aggressori della nostra civiltà, secondo uno scenario di scontro ultimo che tanto popola l’immaginario collettivo contemporaneo.

Diverse prospettive

Pregare per il nemico, pregare perché si cerchi la pace con altri mezzi anche durante il conflitto, chiedere perdono per il male di cui ci si rende materialmente collaboratori, sarebbe forse un pensiero audace, vista la polemica.

Non lo sarebbe però poi così tanto, per una Chiesa che voglia essere fedele al Vangelo di Gesù. 

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