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Produrre l’uomo? Il genoma umano «sintetico», miti e realtà

Secondo una notizia trapelata sulla stampa, un gruppo di 150 scienziati della Harvard University si sarebbe riunito a porte chiuse per discutere concretamente della «creazione» in laboratorio dell’intero genoma umano (cioè di quel complesso delle informazioni genetiche dellindividuo che è contenuto e sequenziato nei cromosomi).

Sintetizzare per curare

La sintesi artificiale di alcuni caratteri genetici non è in sé negativa. Sostituire geni malati con geni sani costituisce un trapianto genetico, proprio come avviene con gli organi. E così pure sostituire geni malati con geni creati artificialmente (il termine, però, è improprio in quanto si tratta in realtà di assemblare composti organici preesistenti) non è molto diverso dal sostituire organi naturali con organi artificiali.

In effetti il professor Church, uno degli organizzatori e promotori del progetto, ha chiarito che il vero obiettivo non è quello di creare un individuo con un genoma completamente sintetico, ma di generare linee cellulari umane sintetiche. Tuttavia lo sviluppo della cellula è naturale; a essere sintetica sarebbe quindi la prima cellula.

Stimolare in laboratorio la crescita e moltiplicazione di una cellula umana (cioè «clonarla») non ha nulla di deplorevole e viene realizzato spesso in biologia. Il punto controverso è se da una singola cellula si ottiene un nuovo individuo sganciato completamente dal padre e dalla madre, svincolandolo totalmente da un processo riproduttivo.

Quale vantaggio?

Quanto alla creazione di un intero genoma si tratta di un traguardo già raggiunto da Craig Venter, che ha ottenuto il DNA di un batterio che contiene appena 473 geni. Per l’uomo la procedura sarebbe enormemente più complessa (più di 20.000 geni), sfiorerebbe i 100 milioni di dollari e vi sarebbero oggettive difficoltà preliminari dovute alla non conoscenza di alcuni tratti dei cromosomi (lidentificazione dei singoli «geni» si è completata nel 2000 ma vi sono alcune zone, soprattutto quelle apparentemente mute, di cui tuttora s'ignora il significato).

Ma soprattutto ci porterebbe a un fondamentale interrogativo di fondo. Supposto che tecnicamente ed economicamente sia realizzabile, quale sarebbe il vantaggio del produrre la vita in laboratorio? Non è escluso che si pensi a una sorta di banca genetica per la terapia di patologie genetiche ma, a tal fine, è sufficiente sintetizzare i singoli geni sani che possano sostituire quelli malati. Ogni ulteriore finalità e strumentalità sarebbe irrispettosa della persona (non scomodiamo il piano della creazione, il giocare a Dio, ecc.) che si verrebbe a costituire.

Il traguardo, comunque, è probabilmente solo avveniristico. Realisticamente quello che si riuscirà a creare è un tratto sempre più ampio di cromosoma. Anche in tal senso vi sono però interrogativi: una mia personale (e perciò assolutamente opinabile) lettura si concentra proprio sui tratti sconosciuti del DNA.

Forse sono proprio quelli la chiave della vita, il limite invalicabile che separa una generazione spontanea, anche se integrata e coadiuvata dalluomo, da una totalmente sostitutiva che non potrà mai sostituire ciò che non conosce. La vita di un’intera cellula, col processo moltiplicativo a essa conseguente, a mio avviso non sarà facilmente realizzabile. Mi piace pensare che ci sarà sempre un quid che luomo non riuscirà mai a disvelare: il segreto di Dio o della natura se così vogliamo vederlo.

Tra etica e metafisica?

Si tratta di un terreno in cui la prospettiva etica si intreccia con quella metafisica, un confine sempre più difficile da delimitare negli anni futuri, quanto più ci si avvicinerà allinfinitamente piccolo e alle origini prime della vita umana.

Di fatto l’uomo non sarà più oggetto passivo, quasi spettatore dell’evoluzione su se stesso ma artefice diretto, protagonista, soggetto, potendola determinare e orientare in un senso o nellaltro. Non occorrerà solo scienza e coscienza, ma anche e soprattutto sapienza.

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