The Economy of Francesco. «Oikos», tra «nomos» e «logos»
Si apre oggi, 19 novembre 2020, l’evento The Economy of Francesco, slittato a causa della pandemia. Il confronto è già iniziato da qualche mese e continuerà, sicuramente, anche nei prossimi.
Moralia non mancherà di pubblicare dei contributi per alimentare il dialogo e la riflessione. Oggi, però, partiamo da una domanda non tecnico-economica, quanto attinente alle radici sia della riflessione in questione sia etimologica di due parole: economia ed ecologia (integrale). Entrambe le parole, infatti, hanno origine nel termine greco oikos.
Oikos: lo spazio del dialogo tra nomos e logos
Oikos è la casa, il luogo del nostro vivere (biologico, intellettuale, relazionale, spirituale, religioso…). Luogo non (più) neutro, ma segnato da milioni di esistenze. Nel bene e nel male. Luogo che noi stessi trasformiamo, in continuazione, ancora oggi: con la parola (logos) – che può essere vivificante o mortificante – che è sempre relazione, e con le regole (nomos) – che possono essere schiavizzanti o liberanti.
Oikos: continua tensione tra pienezza e carenza di vita, tra logos e nomos, tra possibilità di cura e relazione o di disinteresse e autosufficienza.
Logos e nomos sono chiamate in causa in modo integrale, perché il rapporto dell’essere umano con oikos è sempre stato significato (tramite logos) e regolato (tramite nomos) almeno – così mi pare – su tre livelli: 1) i bisogni dell’uomo; 2) la conoscenza raggiunta (e la direzione della sua ricerca); 3) i valori espressi da e in questa relazione.
E questi tre livelli, oggi, ci chiedono senso e regole che sappiano: 1) soddisfare equamente i bisogni di una popolazione ampia; 2) mettere a disposizione tutte le conoscenze e indirizzare le ricerche future al fine di garantire riproducibilità e quantità/qualità di risorse; 3) congiungere, e financo amalgamare, i valori legati dell’ambiente e quelli legati alla qualità della vita umana.
Da un’ecologia integrale a un’economia integrale?
Da cinque anni siamo abituati a conoscere l’espressione «ecologia integrale» (non riducendola solo al green), cercando di assumere il cambio di paradigma cui ci invita. L’ecologia integrale è la proposta di uno sguardo che vuole essere un mutamento di orizzonte, «uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano forma ad una resistenza di fronte all’avanzare del paradigma tecnocratico» (Laudato si’, n. 111), uno sguardo che non banalizza, ignora o semplifica la complessità ma la assume su di sé.
E se l’eco-logia integrale per essere tale avesse proprio bisogno di un’eco-nomia integrale, che sappia assumere su di sé la complessità del nomos in tutte le sue sfaccettature (umane, lavorative, finanziarie, ecologiche, di stili di vita e buone prassi…)?
Tre dinamiche per una conversione
In attesa di assistere ai lavori dei prossimi giorni e proseguire con la riflessione, mi pare che in ogni caso vi sia l’ennesima sfida a una conversione, a un paradigma differente da assumere. Una conversione nostra, evidentemente, ma mirante all’oikos, caratterizzata da tre dinamiche:
- Una dinamica intellettuale. «Semplicemente si tratta di ridefinire il progresso» (Laudato si’, 194). Nuove logiche, nuovi modelli, nuovi paradigmi di pensiero appaiono urgenti perché «bisogna tener presente che i modelli di pensiero influiscono realmente sui comportamenti» (Laudato si’, n. 215). Che cosa può significare questo per l’eco-nomia?
- Una dinamica etica. E qui è richiesta una rivoluzione fatta di «piccoli gesti» – «piccoli gesti di sincera cortesia aiutano a costruire una cultura della vita condivisa e del rispetto per quanto ci circonda» (Laudato si’, 214) – e di nuovi modelli che aiutino «effettivamente a crescere nella solidarietà, nella responsabilità e nella cura basata sulla compassione» (Laudato si’, n. 210). In quale modo l’eco-nomia passa anche dai nostri piccoli gesti e la alimentiamo in modo più o meno consapevole?
- La dinamica spirituale. Si tratta di quella capacità di andare oltre l’hic et nunc, per cogliere realmente la profondità delle questioni e, ancor più profondamente, il senso dell’esistenza. «Soluzioni meramente tecniche corrono il rischio di prendere in considerazione sintomi che non corrispondono alle problematiche più profonde» (Laudato si’, 144). In quale modo un’eco-nomia (integrale) può aiutarci in questa dinamica?
Gaia De Vecchi è insegnante di religione presso l’Istituto Leone XIII e docente presso l’Università cattolica del Sacro Cuore e l’Istituto superiore di scienze religiose a Milano. Fa parte dell’ATISM e del gruppo di redazione di Moralia. Ha scritto Il peccato è originale?, Cittadella, Assisi 2018.