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Troppa libertà fa male? Sulla cifratura dei dati, dopo Parigi

Dopo i fatti violenti accaduti a Parigi il premier britannico Cameron, all’apertura della campagna elettorale, e a pochi giorni di distanza il presidente americano Obama, durante il discorso sullo stato dell’Unione, hanno sostenuto di voler impedire in futuro la possibilità degli utenti Internet di potersi scambiare messaggi o file criptati, cioè di fatto illeggibili a chiunque comprese le agenzie governative di intelligence e le forza di polizia.

Aprendo la sua campagna elettorale, il premier britannico ha affrontato la questione chiedendo: “Nel nostro paese vogliamo permettere un mezzo di comunicazione che trasmette messaggi che non possiamo leggere? La mia risposta è no, non dobbiamo”, perché “gli attacchi di Parigi hanno dimostrato la portata della minaccia che abbiamo di fronte e la necessità di avere solide competenze attraverso le nostre agenzie di intelligence e di sicurezza al fine di mantenere la nostra gente al sicuro”.

Le riforme all’orizzonte vorrebbero obbligare gli operatori di telecomunicazioni e i fornitori di servizi Internet ad archiviare più dati sulle attività on-line delle persone, compresi i messaggi dei social network e a renderli accessibili ai governi.

La questione però non è solamente tecnica. Il problema è innanzitutto legale e di valore. Assistiamo, infatti, a un conflitto tra due diritti che le nostre società occidentali reputano fondamentali: da un lato il diritto alla privacy, cioè il diritto a mantenere personale e riservato l'ambito gelosamente circoscritto della vita personale e privata, dall’altro il diritto di un governo di garantire la sicurezza dei suoi cittadini e di mettere in atto tutti gli strumenti che consentano una punibilità dei colpevoli.

A mio giudizio la questione svela anche una problematica più profonda, che attraversa trasversalmente le democrazie occidentali in un sempre maggior numero di ambiti del vivere: una certa eclissi del fondamento dei diritti e dei doveri porta a una moltiplicazione di desideri assunti a diritto per legge. Questo inevitabilmente si trasforma in un conflitto tra diritti in competizione tra loro.

Il tema della cifratura dei dati può essere un’occasione in cui riportare al centro del processo democratico quella tensione che traduce e tutela un bene capito cercando di tradurlo, pur con tutta la limitatezza della cosa, in una legge. Solo così troppa libertà non farà male ma sarà la compagna inseparabile di una responsabilità individuale e sociale.

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