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Moralia Dialoghi

Come parola di pace

Sarebbe assolutamente fuori strada chi pensasse alla pace come all’esatto contrario della guerra. Non basta infatti la semplice assenza di operazioni belliche o di un conflitto armato per poter definire una condizione di pace. Essa investe piuttosto tutte le dimensioni dell’esistenza e, secondo il migliore dei suoi significati, traduce lo Shalom ebraico come «pienezza».

 

1. Nel solco di una lunga storia

Per questa ragione l’enciclica sulla «cura della casa comune» ne coglie l’essenza, al punto che si potrebbe dire che la pace costituisce la vera ed intima filigrana di tutta la riflessione in essa proposta. D’altra parte il concilio Vaticano II aveva riscattato la stessa riflessione sulla pace da secoli di contraffazioni, restituendola alla migliore tradizione profetica: «La pace non è la semplice assenza della guerra, né può ridursi unicamente a rendere stabile l’equilibrio delle forze avverse; essa non è effetto di una dispotica dominazione, ma viene con tutta esattezza definita a opera della giustizia» (Is 32,7).[1]

A dar seguito alla riflessione conciliare, poi, non vi è soltanto la riflessione magisteriale - espressa soprattutto nei quasi 50 anni di messaggi per la Giornata mondiale della Pace - ma anche il contributo del movimento ecumenico. Ricordiamo in tal senso il processo avviato con la prima Assemblea ecumenica europea di Basilea del 1989 convocata, per volontà congiunta del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CCEE) e della Conferenza delle Chiese europee (CEC/KEK), non a caso su pace, giustizia e salvaguardia del creato.

Un legame inscindibile che don Tonino Bello da presidente di Pax Christi seppe intuire e proporre: «L’utero che partorisce la guerra è sempre gravido, diceva Brecht. E i suoi parti sono trigemini, dal momento che, oltre alla guerra e all’ingiustizia, si porta dentro anche il mostro ecologico. Isaia le aveva intuite prima di noi queste articolazioni, quando annunciava la discesa dello Spirito che avrebbe trasformato il deserto in giardino, all’interno del quale sarebbe fiorito l’albero della giustizia, sui cui rami sarebbe spuntato il frutto della pace. "In noi sarà infuso uno Spirito dall’alto. Allora il deserto diventerà un giardino...e la giustizia regnerà nel giardino...e frutto della giustizia sarà la pace" (32,15-17) ».[2]

 

2. Un’enciclica di pace

In questo senso la Laudato si’ rappresenta una riflessione articolata, organica, matura ed autorevole di questo percorso. Tant’è che sin dalle sue prime battute prende spunto dall’enciclica Pacem in terris del santoPapa Giovanni XXIII «con la quale non si limitò solamente a respingere la guerra, bensì volle trasmettere una proposta di pace».[3]  Peraltro come in quella enciclica Giovanni XXIII si rivolgeva non solo al mondo cattolico, ma a tutti gli uomini di buona volontà, anche in questaFrancesco indirizza la propria riflessione «a ogni persona che abita questo pianeta».[4] Il riferimento diventa poi ancora più chiaro ed esplicito nel momento in cui si spiega che non si tratta di un’enciclica “verde” ma di un approccio integrale che sarebbe falsato e incompleto senza una visione che comprenda il grido dei poveri insieme a quello della terra.[5]

Una visione che pertanto non può che essere ambientale, economica e sociale [6] che è chiamata a rispondere allo stesso disegno di Dio che è un progetto di pace, bellezza e pienezza.[7] Il riferimento alla riflessione conciliare e post-conciliare sulla pace si fa ancora più esplicito nella sezione IV del capitolo VI, che reca il titolo quanto mai significativo diGioia e Pace: qui la pace diventa il nome più pregnante e significativo di uno stile di vita alternativo, che il credente e la persona rispettosa del creato sono chiamati a vivere.

É proprio in questo contesto di una visione nuova e piena che papa Francesco enuncia come in una formula la sua definizione di pace che supera e allarga lo stretto orizzonte che la vede come mera assenza di guerra,[8] pur senza nascondere tutte le tragiche connessioni che esistono tra conflitto armato e ambiente soprattutto nella ricerca, produzione e impiego di armi nucleari, batteriologiche e chimiche.[9] Così come non trascura di sottolineare a più riprese quanto l’accaparramento delle materie prime, il controllo delle fonti energetiche e in particolare dell’acqua, diventerà sempre più una delle principali cause di conflitto del pianeta.

 

3. Per il sogno di Dio

Insomma si può concludere che la Laudato si’, con un’analisi accuratissima e indicazioni preziose, non soltanto pone in evidenza l’intima relazione tra pace (nella sua accezione migliore) e preservazione dell’ambiente, ma evidenzia con sovrabbondanza di argomentazioni scientifiche, bibliche, teologiche, politiche, economiche come non sia più possibile discutere separatamente le questioni che riguardano pace, giustizia e salvaguardia del creato. Esse costituiscono la trama e l’ordito di un unico tessuto che è chiamato sempre di più a rispondere al sogno di Dio.

In questa risposta, anche nel senso più strettamente etimologico, vi è la responsabilità di ciascuno e delle comunità a ogni livello.

 

 

[1] Paolo VI, cost. past. Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, 8.12.1965, n.78.

[2] Tonino Bello, Sui sentieri di Isaia, Molfetta 1989.

[3] Francesco, lett. enc. Laudato si’ sulla cura della casa comune, 24.5.2015, n.3.

[4] Ivi.

[5] «Ma oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (ivi, 49).

[6] Cf. ivi, 138-142.

[7] «Siamo invece chiamati a diventare gli strumenti di Dio Padre perché il nostro pianeta sia quello che egli ha sognato nel crearlo e risponda al suo progetto di pace, bellezza e pienezza» (ivi, 53).

[8] «D’altra parte, nessuna persona può maturare in una felice sobrietà se non è in pace con sé stessa. E parte di un’adeguata comprensione della spiritualità consiste nell’allargare la nostra comprensione della pace, che è molto più dell’assenza di guerra. La pace interiore delle persone è molto legata alla cura dell’ecologia e al bene co­mune, perché, autenticamente vissuta, si riflette in uno stile di vita equilibrato unito a una capacità di stupore che conduce alla profondità della vita» (ivi, 225).

[9] Cf. Ivi, 57 e 104.

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