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Moralia Blog

La profezia della nonviolenza

Scritta così, tutto attaccato, come peraltro è comparsa nel Messaggio della 50° Giornata mondiale della pace, perché il primo carattere profetico della nonviolenza stessa consiste nel riconoscerla come proposta “attiva e creativa” e non più semplicemente nella mistificazione equivoca della negazione di un apparente positivo della violenza.

 

Scritta così, tutto attaccato, come peraltro è comparsa nel Messaggio della 50° Giornata mondiale della pace, perché il primo carattere profetico della nonviolenza stessa consiste nel riconoscerla come proposta “attiva e creativa” e non più semplicemente nella mistificazione equivoca della negazione di un apparente positivo della violenza.

Tutto attaccato come recentemente hanno chiesto di riconoscerla intellettuali e attivisti agli accademici della Crusca che ancora non l’hanno inserita nel Dizionario enciclopedico e nel Vocabolario della lingua italiana. Una profezia che seppur riconosce i punti più alti nell’esperienza gandhiana e in altri grandi eventi della storia, si nasconde nelle pieghe della cronaca vicina e lontana.

Come nella scelta di alcuni familiari di vittime di mafia che hanno deciso di andare a incontrare periodicamente i detenuti delle carceri minorili o di quelli delle vittime del terrorismo brigatista che assunsero il coraggio e la responsabilità di aprirsi al dialogo con gli autori degli efferati delitti.

Come i Parent’s Circle in Israele e Palestina che hanno iniziato da tempo a mettere in comune il dolore per i figli uccisi da entrambe le parti in conflitto fino ad elaborare proposte per i rispettivi governi per una soluzione nonviolenta del conflitto o nelle esperienze degli obiettori di coscienza in molte parti del mondo in cui quel diritto non è ancora riconosciuto.

La nonviolenza di papa Francesco

E tante altre iniziative si potrebbero citare perché penalizzate dal silenzio del mondo dell’informazione e della cultura fin troppo piegati o esercitati a raccontare il rumore della violenza e della guerra.

Una nonviolenza che il Messaggio per la 50° Giornata mondiale della pace ha avuto la grande intuizione di rilanciare e proporre come unica opzione possibile per i cristiani di fronte al conflitto a tutti i livelli, da quello delle relazioni interpersonali e familiari alla dimensione delle controversie internazionali, sfatando così la presunta inaffidabilità della nonviolenza nella prassi comunitaria.

«Non mi è mai capitato – ebbe a dichiarare don Tonino Bello - di aver finito di parlare sul tema evangelico della guancia sinistra da girare a chi ti ha percosso già la guancia destra, o di aver riportato il comando perentorio di Gesù sulla necessità di rimettere la spada nel fodero perché chi di spada ferisce di spada perirà, che non mi sia sentito dire che queste dichiarazioni emozionali valgono per i singoli ma non valgono per i popoli. La morale del doppio binario circola a piede libero, perfino negli ambienti che del verbo di Cristo dovrebbero fare il principio architettonico di ogni scelta a costo di sbagliare per eccesso».

Nonviolenza: strumento efficace della politica in tutte le sue forme

Perché la profezia della nonviolenza forse è tutta qui. Nel riuscire a dimostrare la propria convenienza, affidabilità, rispettabilità scientifica, percorribilità a tutti i livelli. In questo senso assumerla come “stile di una politica di pace” diventa una provocazione perché si trae fuori la nonviolenza dalle secche della “etica del doppio binario” fino a presentarla come valore e strumento efficace “della politica in tutte le sue forme” (Messaggio, n.1) tant’è che arriva a parlare anche delle “radici domestiche della politica” (ib., n.5) con riferimenti alla Amoris laetitia.

Pertanto la nonviolenza come assunzione di responsabilità cristiana nella quotidianità delle relazioni. Una strada cui innanzitutto i credenti sono chiamati affinché questo insegnamento evangelico trovi pieno diritto di cittadinanza anche nella prassi ecclesiale, nella pratica pastorale, nella predicazione e nella catechesi.

«Il grande esodo che oggi le nostre comunità cristiane sono chiamate a compiere è questo: abbandonare i recinti di sicurezza garantiti dalla forza per abbandonarsi, sulla parola del Signore, alla apparente inaffidabilità della nonviolenza attiva» (don Tonino Bello).

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