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Moralia Blog

Al voto nel paese senza figli

Riprendiamo la serie delle riflessioni di Moralia in vista delle elezioni analizzando con il demografo Alessandro Rosina, come suggerito anche da Luigino Bruni nel post Un economista va a votare, la sfida etica e politica del voto del 4 marzo in un paese in profonda crisi demografica.

 

Gli ultimi dati ufficiali dell’ISTAT, pubblicati a meno di un mese dalle elezioni, hanno certificato che nel 2017 l’Italia ha battuto il record negativo di nascite registrato nel 2016. Nel 2013 abbiamo toccato il punto più basso dall’Unità in poi, e da allora ogni nuovo anno facciamo peggio del precedente (scendendo, negli ultimi 5 anni, da 513.000 a 464.000, ma sarebbero 374.000 senza l’impatto dell’immigrazione). Gli anni più duri della crisi economica sono ormai alle spalle, ma il numero medio di figli per donna rimane inchiodato a 1,34. Circa un figlio e un terzo, quando per mantenere almeno l’equilibrio generazionale servirebbe una media attorno a due.

Eppure quest’ultimo valore è del tutto possibile raggiungerlo con politiche adeguate: lo dimostrano due dati di fatto. In primo luogo il numero di figli desiderato dalle coppie italiane – comprese le nuove generazioni, come confermano i dati del Rapporto giovani dell’Istituto Toniolo – non è mai sceso sotto il valore di 2. In secondo luogo vari paesi avanzati realizzano tale valore o vi sono molto vicini (si pensi, in particolare, a Francia, Stati Uniti e paesi scandinavi, tra gli altri).

Uno squilibrio inter e intra-generazionale

L’Italia è diventata negli ultimi decenni un paese con persistente bassa natalità, tanto da trovarsi, come conseguenza, con uno degli squilibri più accentuati tra generazioni. Sempre i più recenti dati ISTAT evidenziano come gli over 65 siano saliti al 22,6%, mentre gli under 15 siano scesi al 13,4% (valori al primo gennaio 2018). Per avere un’idea ancor più chiara degli squilibri: a metà degli anni Sessanta nascevano in Italia oltre un milione di bambini. Oggi tale generazione ha attorno ai 55 anni ed è quella demograficamente più consistente all’interno della nostra popolazione. La denatalità successiva, nonostante i flussi d’immigrazione, ha portato i 35enni a essere meno di 750.000, i 20enni meno di 600.000 (i nuovi nati, appunto, meno di 500.000). Nei prossimi 15 anni gli abbondanti 55enni via via diventeranno 70enni, mentre i più leggeri 20-35enni si sposteranno nella classe produttiva centrale (quella dai 35 ai 50 anni).  

Se oggi siamo in difficoltà a produrre crescita economica e a finanziare il sistema di welfare pubblico, nei prossimi anni e decenni avremo ancor meno persone nelle età in cui è più alta la capacità di generare ricchezza, e molte più persone nelle età in cui si ha bisogno di sostegno (previdenziale) e assistenza (sanitaria). Insomma, quello che è certo è che le risorse assorbite dalla popolazione anziana continueranno a lievitare, mentre stiamo indebolendo la componente di chi dovrà fornire tali risorse e far crescere il paese.

Culle vuote, un segno al ribasso

Quindi un livello così basso di fecondità è un risultato al ribasso sia rispetto a quanto desiderato a livello personale (in termini di obiettivi di vita desiderati), ma anche rispetto a quanto auspicato a livello collettivo (in termini di quanto sarebbe utile per una crescita equilibrata e solida del paese). Da un lato è quindi un segno di quanto non funziona nel nostro paese nel sostenere e favorire scelte individuali e collettive virtuose, e dall’altro produce ricadute negative in ogni caso da gestire.

La consapevolezza su questi temi sembra essere cresciuta negli ultimi anni, come testimoniato anche i programmi dei partiti che si presentano alle elezioni del 4 marzo. Non mancano misure di alleggerimento del carico fiscale per le famiglie con figli, aiuti monetari di vario tipo, riduzione dei costi di accesso ai nidi, congedi aziendali. Con un po’ di perplessità assistiamo a una politica che, dopo decenni di carenze e inadempienze, ha deciso di riempire di promesse elettorali le culle vuote. Sarà davvero la volta buona? Dipende anche da noi, dalla nostra determinazione nel chiedere non solo che alle parole seguano i fatti, ma che la questione demografica diventi una vera priorità per il paese.

Commenti

  • 01/03/2018 uomoplanetario@alice.it

    Con la politica dei bonus non si va da nessuna parte e non si riempiono le culle vuote!

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