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Moralia Blog

Educare all’argomentazione etica: la cultura di pensare in grande

Parole come pluralismo e globalizzazione, multiculturalità e immigrazione immunizzano come antidoti potenti dall’idea – ritenuta oggi più di ieri totalizzante – di universalizzazione dell’etica intesa come risultato di un percorso, sebbene travagliato e impervio, verso un’idea condivisa di valori.

 

Parole come pluralismo e globalizzazione, multiculturalità e immigrazione immunizzano come antidoti potenti dall’idea – ritenuta oggi più di ieri totalizzante – di universalizzazione dell’etica intesa come risultato di un percorso, sebbene travagliato e impervio, verso un’idea condivisa di valori.

La domanda è presto detta: è possibile un’intesa relativa al procedimento etico da seguire per l’individuazione e la formulazione di un giudizio morale, dunque è possibile, a sua volta, formare moralmente?

Partire dall’atteggiamento disponibile

Proprio le parole con cui ho esordito, che sembrano essere un ostacolo, sono esse stesse una chance. La perdita della fiducia in una ragione universale, infatti, se da una parte evidenzia la difficoltà di un’unica concezione educativo-morale, dall’altra ci offre la possibilità di ripartire da ciò che in passato sembrava non necessario: un certo atteggiamento di disponibilità all’intesa di cui un mondo plurale, globalizzato e multiculturale ha bisogno.

E questa “intesa” di cui si ha veramente bisogno non può che passare attraverso il discorso nella forma di argomentazione deputata ad attivare processi di universalizzazione dei comportamenti moralmente corretti.

Argomentazione come azione di convincimento e persuasione

Diversamente da quello che si pensa correntemente, la razionalizzazione che passa attraverso il “dire” è un’azione che può mediare tra le convinzioni personali e ciò che è ritenuto solamente una norma stantia, obsoleta, eterodiretta.

E questo non principalmente per trovare dove stia il giusto o il buono in primis, bensì per creare quelle condizioni di condivisione grazie alle quali ciascuno può manifestare le proprie convinzioni, verificare le obiezioni che gli vengono mosse per rafforzarle o cambiarle.

Il fine è quello di uscire dalle secche di una cultura attuale che vede nell’intenzione morale o nella sola volontà (o buona fede) l’unico luogo del giudizio morale. Si può così fare esperienza di una verità morale che nessuno possiede ma che insieme va cercata attraverso il confronto e la persuasione, la disponibilità a “stare in tensione”, nella ricerca della forma migliore di comunicazione sostenibile davanti agli altri.

Formare e formarsi eticamente

Fin qui ho parlato in generale a partire da un idoneo atteggiamento di disponibilità al confronto, indicando nell’argomentazione la via maestra. Ma che significa argomentare eticamente?

Nel momento in cui si ha a che fare con un problema eticamente rilevante, dal più semplice al più complicato, non si è mai salvi da una intrecciata complessità di elementi concorrenti. Ciò che va tenuto presente è che ogni volta che si vuole discutere o confrontarsi su un problema etico entra in gioco - o dovrebbe entrare - è il problema dell’universalizzabilità. L’argomentazione sarà cioè più o meno valida a seconda della sua capacità di considerare tutte le conseguenze previste e in quel dato momento umanamente prevedibili del problema che si sta discutendo.

La posizione morale più corretta è dunque quella che prende in considerazione tutti gli attori coinvolti e più rappresenta gli interessi di tutti coloro sui quali ricadono le conseguenze di un’azione più l’argomentazione sarà valida e robusta dal punto di vista morale.

Applichiamo tutto ciò in campo genetico, per esempio, o ecologico. Basterà evocare tali aree problematiche per rendersi conto che educare all’argomentazione etica significa - posto l’atteggiamento aperto al confronto scevro da ogni interesse solo personale - educare ad un ragionamento capace di “pensare in grande”.

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