m
Moralia Dialoghi

Futuro 1: l’ATISM e le sue sfide

La tesi di partenza per guardare al futuro dell’ATISM è che la Teologia morale (TM) in Italia sia gravemente malata. La diagnosi del caso può essere formulata alla luce di AL 311-312, ovvero la difficoltà di elaborare una riflessione etica che sia veramente all’altezza del compito ecclesiale affidatole, con al centro i valori più alti del Vangelo, tra i quali deve emergere sempre la misericordia e l’amore incondizionato di Dio.

Non è difficile constatare la marginalità culturale ed ecclesiale della TM in Italia, ovvero la (quasi totale) irrilevanza dei suoi risultati, quando essi non giungano a provocare violente reazioni di rigetto, perché viene percepita come indebita ingerenza di controllo nella sfera personale e pubblica.

La sfida in generale consiste, allora, nell’osare un radicale ripensamento della disciplina, per riorientarla in senso veramente pastorale, come suggerito dal concilio Vaticano II. In particolare, ritengo urgente assumere come presupposti alcune note fondamentali dello stile di Amoris laetitia.

L’apporto di Amoris laetitia per riorientare la TM

Prima di tutto, la TM deve prendere sul serio la complessità del reale tenendo presente che non è possibile ingabbiare la vita all’interno di schemi rigidi che non prendano in considerazione le molteplici sfaccettature dell’esistenza, dove prevalgono le sfumature di grigio (cf. AL 305). A motivo della necessità di rimanere a contatto con l’esperienza concreta delle persone bisognerà sforzarsi di superare ogni approccio distaccato e teorico (cf. AL 234), senza limitarsi a una sterile ripetizione dei contenuti certi, e proporre modalità di inculturazione della fede, indagando con coraggio le interpretazioni ancora aperte della dottrina per dibattere con franchezza le conseguenze etiche che ne possono legittimamente derivare.

Una seconda sfida che la TM dovrà assumere è quella di rivolgersi alla soggettività adulta dei cristiani, rinunciando a ogni forma di controllo, per concentrarsi in un’opera di formazione delle coscienze, abilitando i credenti alla ricerca della volontà di Dio all’interno delle situazioni esistenziali, alla luce del Vangelo e dell’esperienza umana. Infatti, i moralisti per primi «siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle» (AL 37). E in quanto formatori questa «opzione fondamentale» mette in questione anche il modo di insegnare, preoccupato di trasmettere contenuti cognitivi, più che di promuovere atteggiamenti personali profondi e di favorire la capacità di ricerca autonoma.

Per fare questo, risulta indispensabile coltivare un credito di fiducia nei confronti delle persone e il coraggio di un’impresa educativa a lungo termine, impegnata ad avviare processi che si sviluppano nel tempo attraverso logiche di gradualità e di progressiva responsabilizzazione (EG 222-225). Solo così sarà possibile annunciare in forma attrattiva e persuasiva il messaggio evangelico e le sue esigenze etiche (AL 58).

Ne consegue una terza opzione da assumere: quella di una profonda revisione del linguaggio, che non solo deve diventare più comprensibile, ma che dovrà sforzarsi di aderire all’esperienza pratica delle persone «normali», per venire incontro alla fatica quotidiana di quanti, nel mezzo di problemi, difficoltà e contraddizioni, si sforzano di compiere tutto il bene loro possibile.

Ciò implica l’abbandono di un discorso involuto e altisonante, per privilegiare toni discorsivi e narrativi che lo rendano più comprensibile e vicino alla sensibilità della gente comune. Attualizzando il comandamento dell’amore cristiano «tra le pieghe» del vissuto personale e comunitario, con l’attenzione rivolta alle dinamiche psicologiche, relazionali e sistemiche nelle quali il soggetto morale si trova inserito, sarà possibile valorizzare anche il più piccolo degli elementi positivi nel tentativo di condurlo a maturazione nel rispetto dei tempi e delle caratteristiche originali delle persone (AL 76-79).

Infine, una quarta sfida riguarda la modalità con cui solitamente conduciamo la nostra ricerca teologica: credo che sia venuto il tempo di abbandonare il «lavoro in solitaria» per assumere forme di elaborazione del sapere cooperative e realmente interdisciplinari. Si tratta di assumere anche in TM uno stile sinodale, che non solo costringa «gli esperti» a uscire dagli studi affollati di libri per guardare in faccia le persone, mettendoci in ascolto profondo del popolo di Dio e delle voci minoritarie e periferiche.

Tra queste, ormai è divenuto urgente dare attenzione alla voce delle donne che molto hanno da dire anche in ambito morale (dopo secoli di silenzio forzato), ma che trovano ancora troppo poco spazio nelle nostre istituzioni. Nel corso del V Convegno ecclesiale nazionale (Firenze, 9-13 novembre 2015) le riflessioni più fresche e originali, coinvolgenti e stimolanti siano state offerte da alcune delle figure femminili cui è stato concesso di parlare: da un simile ascolto non può che provenire un arricchimento della riflessione etica, tenendo anche conto che alcune delle categorie tradizionalmente impiegate in TM sembrano configurate quasi esclusivamente «a misura maschile»!

Lascia un commento

{{resultMessage}}