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Moralia Dialoghi

"Sola scriptura"...ripensare l'etica della Riforma alla luce della Bibbia

Un rapporto ambivalente

Sin dalle sue origine il protestantesimo ha avuto con l’etica un rapporto ambivalente. Da un lato il forte accento sulla gratuità della salvezza, articolata nei cinque “sola” dei riformatori (Sola Scriptura, Sola Fide, Sola Gratia, Solus Christus, Soli Deo Gloria), suscitava una immediata diffidenza verso le “opere umane” come mezzo di salvezza, anche nell’ottica d’un rifiuto radicale del “sinergismo cattolico” che invece le nobilitava. L’etica ne usciva perdente, declassata a male necessario. Da un altro lato però, la superiorità della visione protestante doveva diventare visibile nella vita delle persone e nella sfera pubblica. E qui l’etica serviva. Con metodologie e strategie diverse quindi i riformatori reintroducevano l’etica nel loro progetto teologico. Lutero con la dottrina dei “Due Regni” e Calvino con l’uso normativo (tertius usus legis) che invece Lutero guardava con diffidenza.

Ma malgrado questa ambivalenza e titubanza iniziale, l’etica successivamente s’impose come registro privilegiato dell’ethos protestante. Secondo Wolfhart Pannenberg il protestantesimo diventò paradossalmente una religione etica. Questo è ben visibile nei rappresentati di spicco del protestantesimo liberale del ‘800, come E. Troeltsch, ma tutto sommato anche nel padre della teologia moderna, F. Schleiermacher. Ma la vittoria massiccia dell’etica all’interno del protestantesimo avverrà con l’interiorizzazione del modello deontologico kantiano a livello della coscienza personale di ogni protestante: il risultato sarà l’immagine del protestante disciplinato, lavoratore e probo in virtù d’una grande forza di volontà. Di questo Max Weber darà una lettura storica, provocatoria e un po’ mitizzata nel suo libro L’etica protestante e lo spirito del capitalismo.

Il protestantesimo di seconda generazione (metodisti, battisti, avventisti ecc.) riprenderà questa eredità e la radicalizzerà ancora di più, in virtù d’un sua più grande diffidenza e critica del contesto socio-culturale esterno alle chiese e grazie ad una lettura della Bibbia più militante. Il risultato fu che non solo l’identità protestante diventò per molti una identità etica forte, ma che la stessa ermeneutica protestante, quale praticata delle chiese evangeliche di seconda e terza generazione, divento una lettura quasi esclusivamente etica. “Identità etica” ed “ermeneutica” etica si rinforzavano a vicenda. Il risultato fu straordinario. Grande dinamismo, progettualità, efficienza evangelizzazione, espansione anche nelle roccaforti del cattolicesimo come il Centro ed il Sud America.

 

Un’istanza da ripensare

Questa “eticizzazione” del protestantesimo - manifesta oggi in gradi, forme, proporzioni diverse in tutte le chiese protestanti, chiese storiche e chiese recenti - pone però un problema. È diventato un fatto ambivalente, ambiguo sul quale bisogna riflettere. L’etica protestante deve essere valutata, “in primis” ad un livello socio-culturale perché molti dei problemi globali che affrontiamo oggi come società civile (individualismo, razionalismo, pragmatismo, antropocentrismo ecc.) anche se non necessariamente nati nel o dal protestantesimo, ricevono da questo comunque un supporto etico ed ideologico importante.

Ma l’etica protestante deve essere valutata e criticata anche da un punto di vista puramente biblico, poiché il confronto con la Bibbia è diventato paradossalmente nella maggioranza di chiese protestanti un esercizio unilateralmente giustificativo e convalidante di ciò che si è e fatica a produrre e facilitare un vero e proprio rinnovamento.

 

Due parabole

Per esempio nel Vangelo di Matteo, al capitolo tredici, troviamo il terzo sermone programmatico di Gesù, nella ripresa che Matteo ne fa del suo ministero, e che riguarda “le parabole del Regno”. Nei versetti 44-46 vengono presentate due parabole gemelle. Nella comprensione comunemente diffusa ma seguendo anche la tipica strategia ebraica della ripetizione, la seconda parabola è lì per rinforzare il senso e significato della prima. E, qual è il significato della prima parabola? Il significato della “Parabola del tesoro nascosto” ci dice che nella vita c’è solo una cosa preziosa, il “regno dei Cieli”. Contro tutti i miraggi ed illusioni che ci impediscono di vedere questa unica verità, la parabola ci spinge a scoprirla e a farla nostra. Ma questo è possibile unicamente tramite un grande sforzo (etica). Dobbiamo essere in grado di vendere e disfarci di tutto ciò che abbiamo pur d’investire risorse, sforzi, nell’intento di raggiungere questo Regno. Ogni cuore diviso, desiderio parziale, sforzo dimezzato è incapace di raggiungere questo obbiettivo. Il Regno lo può raggiungere solo chi è in grado di dare il tutto per il tutto. La lettura tipicamente protestante aggiunge, non è però uno sforzo penoso, mercantilista e disincantato, perché nasce già da una visione previa grandiosa, la bellezza del tesoro offerto, del “regno di Dio” che genera in noi uno “sforzo di gratitudine” non certamente uno “sforzo di conquista”.

La seconda parabola, la “Parabola della perla preziosa” sarebbe solo rinforzativa. Il regno dei cieli è la cosa importante e noi esseri umani dobbiamo dare per Dio ed il suo Regno uno sforzo indiviso e costante, se vogliamo esserne partecipi. Il problema però è che la prima parabola incomincia dicendo “Il Regno dei cieli è come un tesoro” ma la seconda invece dice «Il regno dei cieli è come un mercante». Allora se il Regno è il mercante, allora non può più essere la perla preziosa. Al contrario il mercante rappresenta invece colui che è povero, colui che è privo del tesoro, colui al quale viene chiesto uno sforzo indiviso e totale. Se questo è vero – che “il regno di Dio” in questa seconda parabola rappresenta il povero - chi è allora la perla di gran prezzo? L’essere umano. In questo caso allora non siamo più noi a dover cercare, sforzarci e faticare ma compete a noi essere cercati, desiderati, corteggiati. Cambia in questa seconda parabola lo statuto dell’umano, di tutti noi, ma anche lo statuto di Dio e del suo Regno.

Non sono dunque due parabole ripetitive. Sono parabole diverse. La prima è una parabola teocentrica e la seconda una parabola antropocentrica. Solo questo fatto sconfessa le letture - protestanti o non - monolitiche e unilaterali della Bibbia. La Bibbia non può essere imprigionata da una lettura protestante della “Sola Gratia”, come nei primi riformatori, ma nemmeno da una lettura etica pragmatica, tipica dei protestanti di seconda e terza generazione. La prima convinzione e affermazione protestante è quella che dice che la Bibbia non è protestante ma appartiene all’umanità. Questa breccia che la Bibbia stessa crea nella nostra ermeneutica e quindi nella nostra identità di protestanti è preziosa, perché ci spinge ad avere un senso di sobrietà su noi stessi, sulla Bibbia e sulla realtà esterna a noi.

 
Due etiche

Queste due parabole fanno nascere due etiche diverse, tutte due bibliche. La prima una etica dello sforzo come gratitudine e risposta a Dio. La seconda un etica della fioritura, della consapevolezza e della manifestazione del valore intrinseco che Dio ha messo in noi. La spaccatura quindi che la Bibbia stessa provoca nelle nostre interpretazioni monolitiche e compatte è solo una metafora del fatto che la Bibbia va letta insieme ad una lettura attenta della realtà esterna. In altre parole il principio della “Sola Scriptura” può facilmente essere interpretato male come chiusura al mondo esterno. Questo sarebbe “bibliolatria”.

La Bibbia è un libro inclusivo, che non pretende dire tutto ma che ambisce ad aprire una prospettiva di vita nella quale il valore, il linguaggio, le aspirazioni, la creatività umane sono nobili e riconosciute come tali. La Bibbia promuove certo l’azione, la convinzione, lo sforzo, la disciplina, la coerenza ma non certo le assolutizza. Anzi il pluralismo biblico, le spaccature e cambi di prospettive, gli attori diversi, i modelli alternativi interni, la sobrietà delle immagine, i riferimenti sfumati e tangenziali, tutto questo è lì come garanzia per evitare di costruire con la Bibbia dei sistemi etici monolitici, eccessivamente lineari, meccanici e autosufficienti.

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